Come ogni anno, ormai da 5 anni a questa parte, la domenica prima di Natale è usanza del nostro gruppo di ritrovarci per gli auguri, il modo migliore è aggregarci alla regata che il CV Monvalle organizza.
Ecco che sabato mattina ci troviamo sul pontile con una novità c'è la neve, fino ad oggi il ghiaccio lo avevamo visto, la neve è la prima volta. Noi però siamo più fuori di un balcone e non ci facciamo intimidire da pochi centimetri di neve, nemmeno se sono accompagnati da una temperaturina da circolo polare e da una nebbia da sega a nastro. Dopo la pappa e dopo aver caricato abbondantemente l'Origo molliamo gli ormeggi in 3 con un'inverna niente male che ci spinge.
Sono le 3 del pomeriggio e il sole alle nostre spalle si riflette sull'acqua dandoci quel minimo di visibilità per non infilarci in qualche secca, il GPS è acceso ma nessuno ne sente la necessità. Così fino a Ranco, la costa ben visibile, il vento a darci la direzione istintivamente. Passata la punta, correggiamo la rotta per 30°, ormai fatta tante volte so benissimo che così atterrerò un po' alto ma con un allineamento perfetto al pontile in modo da evitare le secche che contornano la baia di Monvalle. Pochi istanti, 100 metri, ed è il nulla. Nane Oca era li al nostro fianco sparita, la costa sparita, il sole sparito, il vento, tutto perfino i suoni, non c'è più niente; siamo li a motore spento ciondolando sulle ondine che fino a poco fa increspavano il lago. Per un attimo ripenso ad un racconto letto qui sul forum di una traversata da Ravenna verso Pola, mi vengono i brividi e non solo per il freddo. Noi per fortuna abbiamo il GPS, sul lago non c'è assolutamente nessuno se non i traghetti che hanno il radar, programmo quindi il GPS con il way point precisissimo rilevato tempo fa e facciamo rotta a 2 nodi per sicurezza avvisando nel contempo chi ci aspetta di non preoccuparsi.
E così giungiamo a destinazione, ormeggio da manuale con assistenza di tutti gli amici e via verso il primo aperitivo.
La serata scorre fantastica come al solito, con la nobità del locale diverso dal solito. A mezzanotte siamo nel lettuccio caldo in camper alcuni ospiti a casa di amici altri, nessuno in barca perché i -11 dichiarati e poi verificati sono veramente troppi.
E' l'alba quando esco dal camper per colazione, poco dopo vi faccio ritorno e sprono i compagni ad alzarsi, la regata è stata posticipata alle 10,30, ma non si può rimanere oltre sotto le coperte, nonostante il freddo il nostro camperino ha retto molto bene l'urto mantenendo all'interno un fantastico microclima tropicale grazie al santo Webasto. Prendiamo quindi l'auto e con una piccola sosta in pasticceria ci spostiamo ai pontili.
C'è grande attività, ukawuka ha già l'equipaggio interamente affacendato, i ministi sono a consulto, Gilda già bordeggia, Franz naviga li davanti con la barca che sembra su un altro pianeta senza nemmeno un pezzettino di ghiaccio; Alegre è invece un blocco, letteralmente imprigionata nel ghiaccio, duro, spesso, scivoloso e bloccante. Non gira nulla, perfino il motore fatica a fare delle semplici rotazioni e sembra proprio non volerne sapere, per fortuna dopo una decina di minuti di prove e grazie a qualche espediente appreso negli anni riusciamo a metterlo in moto. L'indecisione serpeggia sul pontile, circa la metà delle barche è praticamente inutilizzabile, passiamo quindi una buona mezz'ora cercando di capire che fare. Purtroppo almeno per noi la decisione è già presa, torniamo a Lisanza senza fare la regata, impossibile pensare di utilizzare l'attrezzatura in queste condizioni e preoccupante comunque la nebbia, sono ormai le 11 e se partissimo dopo la regata arriveremmo giù con il buio. Molliamo quindi gli ormeggi.
Come all'andata la rotta non è difficile, 210°, e con il GPS non ci sono grandi problemi, specialmente forti dell'esperienza della sera prima. Cavolate. Appena la nebbia si richiude dietro di noi l'ansia mi riassale comincio a pensare: se dovessimo imbarcare acqua? Scendo a chiudere le prese a mare, senza farmi notare controllo la pompa manuale, metto i salvagenti ben in vista, chiamo gli amici per sapere se sono vicini e gli do la nostra posizione. Navigare nella nebbia è tremendo, ti distrai un secondo e i 210° sono già 260, tempo di riportarti in rotta e stai andando per 180°. I suoni da un lato sono inesistenti, dall'altro si amplificano, credi di vedere la costa e invece è una macchia scura, ti immagini di essere in un punto e il cartografico ti dice che non sei nemmeno a metà.
Ranco è a 100 metri, così dice il GPS, ma io proprio non lo vedo, siamo tutti e tre in coperta a scrutare l'"orizzonte" in cerca di un riferimento, dovremmo ora cambiare rotta per scendere verso sud, ma se non vedo la costa non mi fido, d'altro canto se mi allontano troppo verso il centro del canale poi dovrei farmi altre 5 miglia nel nulla e vorrei tanto evitarlo. Finalmente riusciamo a scorgere qualcosa, a meno di 50 metri da noi c'è il muro del porto. Rinfrancato imposto la nuova rotta e mi concedo una ventina di minuti di stufetta. Mentre sono giù a scaldarmi fuori è ansia, quando sei tu al timone non ti accorgi di quanto sei attento, di quanto poco riesci a rilassarti, vedo i loro occhi in continuo movimento a scrutare il muro di nebbia nella speranza di non incrociare nessuno o di vederlo in tempo. Per fortuna non succede nulla e dopo un'oretta sono di nuovo al timone per il mio turno, 20 minuti a testa sono il massimo che riusciamo a dare prima di tornare in cabina a sghiacciare, letteralmente, i vestiti.
Siamo al traverso di Angera, la nebbia si dirada quel tanto che basta per mostrarci il paesaggio. È fantastico la rocca, la chiesetta, il lungo lago sono ammantati dal ghiaccio, il prato si tuffa nel lago con il ghiaccio che lo ricopre fin dentro l'acqua, le barche alla boa sono completamente bianche, il ghiaccio le fa risplendere di riflessi azzurri. Pochi minuti però, poi la nebbia si richiude intorno a noi e dobbiamo tornare a concentrarci per la sopravvivenza. Per fortuna manca molto poco a destinazione, stiamo ben discosti per evitare le secche che con il Viko nemmeno sapevo esistessero, ma che abbiamo "apprezzato" un mese fa su questa stessa barca, e infine arriviamo a vista del porto. La manovra mette un pochino di ansia, siamo congelati e saltare sul pontile non è certo una delle operazioni più facili, per fortuna (o capacità) Ignazio riesce ad accostare la barca in modo fantastico e nessuno deve saltare. Sono sul pontile, tengo la barca con una mano e con l'altra cerco la trappa, prendo la prima che trovo, tanto il pontile è mezzo vuoto, la prima che trovo è una di quelle che tengono il pontile, mi sporgo di più, squilla il telefono, tolgo il guanto, lo prendo nella tasca, la mano è intirizzita, scivola, cade, affonda.
Sono seduto in camper a scongelarmi e mi chiedo se tutto ciò ha un senso. Io credo di si.
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