cap.1
- Dai Bocca, tira
- …..cagatevi...addosso.
Bocca è un omaccione di un metro e ottanta per un quintale abbondante
- Allora Bocca, tiri o no?
- ..andate... a farvelo mettere.
Le parole e gli insulti escono smorzate dalle labbra, con la voce compressa dallo sforzo, deformata nelle gote gonfie.
- Bocca, ce la fai o chiamiamo qualcuno?
- ...crepa.
Le frasi sono mischiate al gemito, lungo e sordo, mentre sbuffa come un bue, trattenendo il fiato quando tira più forte e sottolineando con un rantolo quando prende la rincorsa per tirare ancora di più.
Si puntella con un piede contro un ceppo che regge la barca, ha il cavo attorcigliato attorno alle mani e con il corpo completamente sbilanciato indietro, mette in carico il paranco delle legature, tirando ad intervalli regolari. Io controllo che la legatura scorra bene e vada a strozzare i vincoli della sagola che unisce la traversa allo scafo. Ad ogni strattone di Bocca, la sagola scorre di qualche centimetro e mette in tensione le 5 volte della legatura.
- Bocca, ti serve un ovetto sbattuto per rimetterti in forma?
Bocca non riesce più nemmeno a bestemmiare e le gocce di sudore imperlano la fronte rossissima e le guance ormai cianotiche, poi inarca la schiena e con un lungo e prolungato gemito, tira ancora.
Quando il cavo del paranco è arrivato a fine corsa, strozzo con una mano la sagola e con l'altra infilo il capo attraverso le legature. Alessio cerca di farmi spazio attraverso le spire della cima con un cacciavite, finché non concludo il nodo. Bocca intanto torna a respirare e finalmente bestemmia a pieni polmoni, si apre una birra e tira due lunghe sorsate. Così per 12 volte, 4 legature per tre traverse
- Bocca sei pronto?
Bocca trangugia gli ultimi sorsi di birra, fila il cavo all'interno delle doppie carrucole mobili, fino ad allungare il paranco, bestemmia un'ultima volta, si appoggia con un piede su un blocco e comincia a gemere insulti e bestemmie, sbuffando tra le labbra tese, mentre Alessio gli dice quando tirare e io controllo che la legatura si chiuda bene.
È primavera anche a casa nostra, ma al mare la primavera è diversa. È proprio un'altra cosa. Da noi il sole scalda la pelle nuda delle braccia, ma l'aria fa rizzare i peli, coperti da maglioni e maniche lunghe per tanti mesi invernali, le sere sono lunghe e vien voglia di restare fuori, anche se al tramonto l'aria pizzica ancora la faccia.
Al mare no. Al mare bisogna cercare ombra per poter lavorare e si sta volentieri in canottiera. L'acqua è fresca, ma terribilmente invitante.
- Dai Bocca tira.
È incredibile come le bestemmie siano così articolate anche sotto sforzo, anche se il loro senso non è sempre chiarissimo
Stiamo lavorando da stamattina. L'angoscia che negli ultimi mesi mi ha perseguitato si è finalmente sciolta, come la neve sulle montagne in questo inizio di primavera. Un altro inverno è passato nel laboratorio di Yanez grande, per tagliare e montare i pezzi del quadrato centrale di Tomtom, poi nel mio piccolo laboratorio per incollarli e verniciarli. Ho insudiciato per sempre il pavimento del bagno e Violanda non ne è stata contenta. La traversa era troppo lunga per starci tutta nel laboratorio e così ho dovuto farne uscire un pezzo nel bagno, solo che mi si è rovesciato un barattolo di vernice poliuretanica bicomponente sulle piastrelle. Roba nautica, di quella buona e la macchia è ancora lì e credo che ricorderà anche ai nostri figli i lunghi inverni di restauro del nostro catamarano, quando i loro genitori, trascorrevano le domeniche e le serate a verniciare, incollare, piallare, e sognare il mare e le rotte che ci avrebbero portato lontano sul mare croato alla scoperta di isole lontane e selvagge, liberi e spensierati. La realtà è poi diversa, perché non è facile andarsene a spasso con 4 bambini piccoli su un catamarano autocostruito, e spesso le crociere sono molto faticose e si torna più stanchi di quando si è partiti.
Ecco perché quest'anno non andremo in crociera. Appena lavate le vele e rimesso la barca, subito torna la voglia si salpare e di nuovo ci si trova a sfogliare il 777 in cerca di una nuova rotta e di un'altra isola da conoscere l'anno successivo. Ma questa volta Demetra, la figlia più piccola, non ha ancora compiuto un anno e né io né Violanda ce la sentiamo di tornare a navigare su una barca da campeggio nautico con quattro bambini di cui un poppante e un pannolino dipendente. No, quest'anno ci limiteremo a mettere la barca in acqua davanti a casa e fare piccole sortite nei dintorni, solo per godere un po' delle vele spalancate sul mare, per abituare la poppante alla barca e soprattutto per riposare.
Io lavoro di giorno e Violanda lavora di notte. Non avrebbe senso pagare un asilo nido e in questo modo riusciamo a gestire la piccola in maniera autonoma. Economico, ma sfibrante. Soprattutto per Violanda, che oltre a fare il turno di notte si ritrova poi la casa da gestire durante il giorno e una bambina di neanche un anno che però ne dimostra 14, femmina, adolescente in crisi.
- Bocca dai, tocca a te, ma stavolta devi tirare, non fare finta.
E di nuovo bestemmie biascicate tra le labbra deformate nello spasmo dello sforzo e insulti generici indirizzati a caso, mentre le carrucole scorrono e la cima delle legature geme mentre strozza le volte attorno alla traversa.
Durante i fine settimana portavo con me i due maschi nella falegnameria domestica di Yanez Grande, che così si trovava a inventare lavoretti per tenere occupati i bambini. I piccoli piantavano chiodi a caso oppure si occupavano di tenere accesa la stufa con segatura e scarti di legno, i grandi costruivano tutti i pezzi che mancavano per completare il quadro centrale del catamarano.
Era fondamentale concludere il quadrato centrale. Abbiamo allora aggiunto due vasche laterali alla vasca centrale già finita la scorsa estate e denominata vanuja, la vasca dove viene messo il maiale per il macello. Nelle vasche laterali abbiamo ricavato due grandi gavoni per tenda, serbatoio e giubbotti di sicurezza, che così sono sempre a portata di mano. Nell'altra abbiamo ricavato uno spazio per attrezzi, un lavandino per la cucina, ma soprattutto un cesso, con scarico a perdere direttamente a mare. Quest'ultima miglioria era diventata un'imposizione da parte di Violanda ed effettivamente ha semplificato di molto la vita a bordo non solo in termini di comodità, ma anche in sicurezza in quanto non serve più sporgersi fuoribordo per fare la pipì né usare scomodi buglioli. I bambini se ne servono senza rischi anche in navigazione. Le donne di bordo hanno particolarmente apprezzato il cesso, spartano ma comodo.
Anche le terrazze di prua meritavano un po' di manutenzione. La scorsa estate le abbiamo terminate che mancava qualche giorno alla partenza, e invece di incollare le stecche, le abbiamo avvitate con viti che naturalmente sono subito arrugginite. Quest'anno perciò abbiamo levato tutte le viti e le abbiamo sostituite con tasseli di legno, incollati con la resina epossidica. Alla fine ne è uscito un bel lavoro.
Perfino i coprigavoni sono stati rifatti per sostituire quelli vecchi ormai irrecuperabili. Abbiamo deciso di tornare al bianco, perché il colore blu sotto il sole estivo della Croazia, trasforma il sedile dove appoggiare le chiappe in un barbecue.
Rifare gli oblò non è stato così semplice, perché il vetro è inclinato è deve entrare preciso in una guida. Dovranno essere incollate a bordo, non c'è nulla da fare.
- Bocca sei pronto?
Ormai abbiamo quasi concluso le legature. Sono felice e all'ombra della barca, in ginocchio tra i due scafi sorrido, mentre Alessio, accucciato sulla tuga stuzzica Bocca, che ancora una volta, si asciuga con uno sporco asciugamano il sudore che cola sulla fronte, sputa sulle mani, bestemmia ancora una volta e si prepara a tirare.
- Dai Bocca, guadagnati la birra.
E ancora una volta, le carrucole cigolano e la cima geme sotto gli strattoni imposti da Bocca.
Ora sono leggero, godo di questo semplice gesto, e ascolto come una musica, un cinguettio di uccellini le bestemmie e le imprecazioni orribili di Bocca.
Questa mattina tutto era diverso. La barca smontata, sparpagliata per il cantiere sporco. Ogni nuovo pezzo era stato costruito a 300 chilometri dalla sede dove sarebbe dovuto entrare e in una barca autocostruita in compensato marino, nulla è preciso al millimetro e l'angolo a 90° gradi esiste solo nei disegni del progettista. Mille volte con Yanez Grande abbiamo guardato le foto e le misure prese all'inizio dell'autunno. Mille volte ci siamo chiesti se poter rischiare qualche centimetro in più o in meno, perché nel progetto originale c'era un errore che è stato corretto in corso d'opera, oppure una modifica, per rendere più razionale il lavoro.
Una barca come la nostra, costruita in compensato e tenuta insieme con lo spago, si può smontare e rimontare, neanche fosse stata progetta dall'Ikea. È questo uno dei suoi grandi pregi. Tutti i pezzi della costruzione si incastrano l'uno con l'altro, e non ci può essere neppure una vite, che sicuramente arrugginirebbe e farebbe imputridire il legno.
La traversa centrale, disegnata come una doppia T, ha spazio per alloggiare sulla parte inferiore le tre terrazze di prua davanti, e le tre vasche del pozzetto a poppa, che una volta entrate nel loro alloggiamento non si possono più muovere, tenute in sede dalla parte superiore della doppia T. Tutto deve entrare contemporaneamente al suo posto.
Come possiamo fare? Ci vorranno almeno in 8 persone, due che alzano la traversa e sei che reggono terrazze e vasche. Ma dove li troviamo 8 volontari che ci seguono a Krk. Yanez Grande si defila subito. Come dargli torto, d'altronde ha già dedicato tre inverni alla nostra barca e non è detto che siano gli ultimi.
Ci troviamo alla fine solo Bocca, Alessio ed io, seduti in furgone pronti alla partenza.
Vedrai che ce la facciamo, ce la facciamo.
Durante il viaggio spiego tutto il meccanismo ad Alessio. Bocca guida il furgone e Alessio, con la testa inclinata e i capelli sciolti che penzolano di lato, guarda le mani che mimano il gesto, i pezzi e la manovra. Annuisce lento e poi guarda fuori dal finestrino, il mare che improvvisamente è sbucato sopra la strada in discesa che scende fino a Rijeka. Si vedono le isole di Cres, Krk, lo stretto canale dell'Istria, buona parte del Quarnaro, pieno del sole pomeridiano e in fondo il lungo ponte che ci porterà alla nostra barca. Anche il mare sembra in discesa. Un lungo scivolo blu, che dolcemente scorre verso sud, verso le isole selvagge e deserte della Dalmazia, quelle isole lontane che intravedo tra il compensato e un disegno a matita, quelle isole che hanno l'odore dell'epossidica del laboratorio di Yanez, in piedi con le mani che si scaldano dietro le gambe al caldo, accanto alla stufa accesa, nel lungo inverno dell'Alpago.
In cantiere ci apriamo una birra e Alessio continua ad annuire, guardando il catamarano, spoglio e sporco dopo l'inverno passato sotto il telo.
Ogni volta che vengo a trovare la barca in questo sudicio cantiere mi viene un po' la malinconia. Ci sono rottami dappertutto e le foglie morte cadute dagli alberi marciscono sul terreno e sulla coperta, sporca, umida e macchiata, nonostante il telo tirato per coprirla, che regolarmente, al primo colpo di bora si straccia o vola via. È come quando trovi una di quelle riviste abbandonate da qualche decennio in uno scantinato, e i sorrisi delle modelle o le pubblicità delle auto sportive, sono macchiati di umidità, scoloriti e ricordano uno splendore ormai definitivamente decaduto. Così gli allegri pesci disegnati sullo scafo e le esili linee delle prue, sembrano sprofondare nella melma invernale del cantiere, tra una catena arrugginita, un vecchio alternatore in disuso da anni e qualche barattolo di vernice abbandonato.
Senza il quadrato centrale e senza una traversa, con teli a coprire i gavoni privi di coperchi, la nostra elegante barca sembra un relitto abbandonato.
Smontiamo tutto dal furgone, leviamo il telo allagato e strappato dopo la stagione della bora e lasciamo che la barca si asciughi al tardo sole primaverile di questa serata. Alessio continua a guardare la barca e annuire, piano, con i capelli che dondolano vicino alle orecchie.
La mattina successiva ci alziamo presto e Alessio mi confida piano: ora ho capito come fare. Ho capito.
- Per prima cosa ordine in cantiere.
Intima Bocca. Lui di cantiere se ne intende e cominciamo a liberare le masserizie che in una stagione si sono accumulate sotto la barca. Il tender, la canoa e il kayak, la vanuja grande e una montagna di altra roba che alla fine della crociera per ora metto qui, poi quando gli ho trovato un posto diverso la sposto.
In breve attorno e sotto alla barca è tutto ordinato e pulito, quindi possiamo mettere in opera il piano di Alessio.
La traversa viene sollevata sopra la barca sopra due pile di tavolette. Le tre vasche e le tre terrazze vengono legate da una parte nella loro sede, quindi appoggiate sulla doppia “T” della traversa e, lentamente, Bocca e io solleviamo un po' la traversa e Alessio toglie le tavolette, una alla volta, finché la traversa, un po' alla volta, scende nei suoi acetaboli. Lentamente tutti i pezzi vanno al loro posto contemporaneamente, fino a entrare nella loro sede definitivamente. Come le dita di due mani, che si intrecciano fino a serrarsi in una stretta. Proprio come il gesto che mimavo ad Alessio in furgone.
Quando anche l'ultima tavoletta è tolta, finalmente respiro. Salto sulla coperta ancora umida e scivolosa. Controllo tutti gli spessori, tutte le misure, tutti i laschi.
È incredibile come a distanza di 300 km siamo riusciti a completare un lavoro di simile precisione. Spedisco le foto a Yanez Grande. È in buona parte merito suo se siamo riusciti a completare tutto, per tempo e con questo risultato.
Mi sono tolto un peso dal cuore. Da mesi alla sera, disteso sul letto, sto con gli occhi spalancati nel buio a guardare le travi del soffitto, pensando a come far il lavoro, quando incollare e come, ripasso ciò che devo fare per visualizzare eventuali errori, oppure difetti del progetto.
Subito chiamo Violanda e le racconto come è andata.
La barca ora torna a somigliare a quello che dovrebbe essere: uno splendido catamarano da campeggio nautico.
Apriamo una birra e la beviamo all'ombra dei lecci che circondano la barca. Il lavoro è ancora lungo, ma la parte più difficile è finita e torno a respirare liberamente.
Il pomeriggio lo passiamo a ripassare le legature.
- Bocca, tira.
E Bocca fa cigolare il paranco.
Poi montiamo i coprigavoni, Alessio svuota tutta la barca dei contatti elettrici, perché dopo l'esperienza degli anni scorsi ho scoperto che non mi serve tutto quel rame in barca. Mi basta una lampada a petrolio e una piccola batteria, collegata ad un pannello per ricaricare le piccole utenze come macchina fotografica, cellulare e pile. Alla sera sotto la barca è accumulata una montagnola di cavi, batterie e lampade. Ora la barca pesa sicuramente 50 kg in meno.
Ormai sono entrato nello spirito della crociera.
Bevo l'ultima birra a bordo, seduto sulle panche nuove, verniciate da soli pochi giorni. Guardo i dettagli, penso a quei pezzi finalmente in sede e mi chiedo se anche lavorare sulla propria barca non faccia parte della navigazione, della crociera, del viaggio.
Già, perché quest'anno in crociera non ci andremo. Metteremo la barca in acqua, ma la terrò ormeggiata ad un corpo morto, ad una colossale ancora in acciaio che mi ha costruito Maric, secondo le mie indicazioni.
Violanda non se la sente di partire con 4 bambini, due ancora ciuccio dipendenti, sopra una barca da campeggio nautico. No, quest'anno useremo la barca solo per brevi gite giornaliere e forse, se proprio vediamo che le cose vanno bene, dormiremo in baia una notte soltanto. Ed è un peccato, perché finalmente anche il nostro Tomtom ha la sua brava tenda. L'ha cucita Violanda lontano dalla barca, calcolando le misure con il teorema di Pitagora. È stata montata un'unica volta in giardino, per vedere se stava su, mentre i bambini correvano fuori e dentro e giocavano al campeggio. Non l'abbiamo ancora montata sulla barca, ma non ci dovrebbero essere problemi di sorta. Se anche sarà un po' più lunga o un po' più larga, sarà comunque meglio dello straccio che abbiamo usato finora.
Che peccato. Proprio quest'anno che la barca sembra essere finalmente finita, proprio quest'anno in crociera non si va. Meglio così. Abbiamo necessità di riposo. La nostra è una famiglia faticosa e a conti fatti, è meglio godersi un periodo di riposo e usare la barca solo per brevi gite giornaliere.
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