La Marcolfa è un'altra storia che mi si ripropone.
Nella primavera del 2007 (o 2008 poco importa) con amica lacustre (del lago non della laguna), portammo a S.Moritz un Lanavere 510 per conto dell'allora titolare della mia agenzia, saltò fuori che suo padre, della lacustre, trent'anni prima ne aveva abbandonato uno identico in un box a baia Sardinia, parlò con il babbo, che telefonò all'amico, che chiamò il cantiere e per due soldi... Venne in vacanza con noi, presi il carrello dello svizzero, lo agganciai all'Agila e partimmo.
Quall'anno ci imbarcavano a Livorno, pazzie ricorrenti a seconda dei soldi a disposizione ci recavamo dove il biglietto costava meno. Con un carrello non revisionato, svizzero, agganciato ad un'auto che non poteva trainarlo nemmeno vuoto.
Andò tutto bene e arrivammo in campeggio. Montaggio tende e roulotte, pronti. Andiamo a prenderla.
Al telefono ci avvisano che è in un garage su un carrello, ci accordiamo così con un gruista per il "travaso", arriviamo sul posto e il box è... interrato e la barca a sua volta sepolta sotto 30 anni di masserizie. Ore di lavoro, ma alla fine riusciamo a tirarla fuori e a spostarla. A sera siamo in campeggio.
Comincia la ricostruzione, l'elenco delle cose mancanti, l'essenziale c'è, ma moltissime cose hanno subito la corrosione, il violino della scotta randa mi si polverizza in mano. Faccio un lungo elenco di attrezzature necessarie, mi reco in oreficeria a Palau e preventivo alla mano chiamo il Doc (così chiamiamo papà Guaita) per essere autorizzato.
Detto fatto in pochi giorni di duro lavoro cambio le lande, bozzelli, drizze, scotte, sartie, paranchi, un lavoro certosino e con pochissime attrezzature a disposizione. Mai passato ferie più divertenti.
È venuto il momento, lo portiamo in spiaggia, avviciniamo il carrello all'acqua e lo facciamo scivolare sulla sabbia della battigia e... li rimane. 40 quintali piantati di poppa nella sabbia e di prua sul carrello. Paola ed io a guardarla.
Nel mentre, ovviamente si raduna la folla di curiosi, nemmeno da dire ci aiutano, in 6 prendiamo la poppa e iniziamo a tirare mentre qualcuno fa scorrere lentamente il verricello... nemmeno si sposta. Provo allora a spostare la macchina e così la barca finisce completamente sulla sabbia e in gruppo riusciamo a trascinarla sulla sabbia fino all'acqua. In realtà il problema sono le scose che si piantano nella sabbia impedendole di scivolare.
È un acqua. Prendo l'attrezzatura, infilo la randa nell'albero... la drizza? Che domande è nel baule della macchina. Nessun problema la si sbanda è una deriva. Deriva un cavolo! Siamo appesi in 3 e la barca vuole sollevarci tutti, infiliamo la drizza, ma è impensabile e pericoloso farla risalire pian piano, ci taglierebbe le mani. Uno... due... tre... MOLLA! L'albero scatta come una fionda e la barca è dritta. Tutto bene.
Si arma finalmente, maestralino sui 15 nodi, randa piena e fiocco, Paola al timone io a bilanciare e usciamo. Tre secondi e siamo sdraiati, ma non era stabile? Boma in acqua e acqua in pozzetto che per fortuna è autovuotante. Ripartiamo e nelle ore successive prendiamo la mano con il mezzo che comuncia a tirare bordi sempre più veloci fino quasi a planare. Una goduria indescrivibile.
Il giorno successivo gita di famiglia verso la Coluccia, poi a Marmorata, poi il grande salto a Spargi dove a cala Corsara tutti ci guardano come folli, unici con meno di 300 hp attaccati a poppa, in realtà noi di cavalli non ne abbiamo nemmeno uno in Sardegna si è mai visto un giorno senza vento?
Passano i giorni e nopi ci divertiamo come matti, fino a che non rimane una sola cosa da fare: armare lo spi, un affarino di forse 10 mq, rosso, pesante molto panciuto, come usava negli anni '80, praticamente tondo.
Usciamo solo Paoletta ed io, salvagenti indossati, meglio non avere problemi ci portiamo sotto costa per limitare il maestrale che soffia forte, sotto lo scafo meno di 2 metri di sabbia morbida. Viro mi porto ancor più sotto costa sopravento, poggio, lascio il timone a Paola e alzo il tangone, mura a segno, giù il fiocco e su lo spi, nemmeno il tempo di prendere la scotta e la barca parte, mi sposto verso poppa, di fianco al timone, la prua si alza e noi rimaniamo li estasiati dai baffi di prua con lo scafo che plana prepotente... Senza alcun controllo! che facciamo? Niente via dritti in poppa godendo come ricci per forse 5 minuti, poi tutto si risolve con i rivetti del golfare della drizza spi che cedono completamente corrosi.
Ormai è ora di disarmare. Marcolfa torna sul carrello, questa volta facilmente con l'ausilio di un paio di rullli da alaggio, e parte per l'ultimo viaggio verso Monvalle dove ora galleggia.
Nota: usammo ancora lo spi al lago, la prima issata eravamo un po' in apprensione, ma quando salì ci accorgemmo che era praticamente... un perizoma

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