Avete ragione, lo skipper "pretende" una clientela selezionata, vuole delle regole, partecipazione e condivisione della vela, quella vera o, meglio, quella che lui intende come vera.
Purtroppo lui vuole, ma il mercato decide, può specificare quanto vuole sui volantini, brochure e siti, ma il cliente vedrà solo quello che vuole, una vacanza servito e riverito meno costosa di un "ollinclusiv", ma parimenti gestita. Acqua in abbondanza, cambuse che sembrano il menù di un cinquestelle:mangiate pantagrueliche dove niente va a male e tutto costa pochissimo.
Il tuo amico ha due possibilità: ottenere ciò che desidera, ma deve prima di tutto spiegare a chiare lettere ciò che offre. Sul sito del tuo amico ci sono sicuramente le foto di bellissimi tramonti, di tavole imbandite con stuzzichini e vini dalla bottiglia perlata di umidità, boline con la barca perfettamente stabile e ogni tanto uno spruzzo d'acqua dolce e tiepida, che rinfresca, ma non bagna, se è questo che c'è questo vede il cliente.
Quindi:o sul sito mette le foto di persone mal sbarbate, con i capelli arruffati, incrostate di sale, di panini fatti con salumi in vaschetta lievemente verdastri e pane raffermo, uniti a birre tiepide...
... oppure si tiene i clienti che si ritrova e si iscrive ad un corso per imparare il suo vero lavoro. Gli consiglio questo sito, completo ed esauriente:
http://www.maggiordomi.it/Il problema è quindi questo. Il velista che fa della propria esperienza una professione è convinto di continuare a veleggiare come prima divertendosi e, soprattutto, facendo ciò che gli piace. Invece, la realtà, è che deve adattarsi, essere prima di tutto uno psicologo e pure bravo visto che ha 10 minuti sulla banchina prima di partire, poi un cameriere, una lavandaia, un fattorino, marinaio (mozzo sarebbe meglio), e, se richiesto pure un po' troia
