considerando che le zingarate latitano, in attesa di trascrivere l'altra fetta di diario, ho trovato questo in una cartella dimenticata del computer. Come al solito fatene ciò che volete
L'idea di un blog è nata quando un mio amico mi disse: ogni coglione ha un blog. Io non sapevo neppure cosa fosse un blog, ma l'idea che tutti avessero qualcosa che io neppure sapevo cosa fosse mi faceva impazzire. Allora mi sono informato, ho capito cosa fosse un blog e la cosa mi ha fatto impazzire. L'idea di avere un blog mi piace da pazzi. Ci posso mettere dentro idee, foto, racconti, filmati. Un sacco di roba. E tutti possono leggere e vedere ciò che ci metto dentro. Ecco che allora questa mattina, è il 17 febbraio 20010, Maya ed io siamo seduti allo stesso tavolo e scriviamo i testi per il nostro blog. E' un diario, ho spiegato a Maya, in cui possiamo raccontare quello che vogliamo, inserire foto, testi, filmati, solo che poi lo mettiamo in internet. Maya ha otto anni ed è estremamente lucida, oltre che molto bella, cosa di cui si rende conto e che tiene a far pesare. Non che è molto lucida, che è molto bella. Quindi mi pone la prima domanda base della mattinata: cos'è internet? - Beh internet è una rete a cui tutti possono accedere e in cui si può trovare un sacco di informazioni. - una rete come quella dei pesci? ho già sottolineato come Maya sia molto lucida - no, non come quella dei pesci - allora come quella per prendere le galline ho già sottolineato come Maya sia molto lucida ma anche bionda. - no, non come quella delle galline. La conversazione è caduta lì, quando Maya ha scoperto che in internet ci sono i giuochi, poi abbiamo cominciato a scrivere il nostro blog e qui Maya ha posto la seconda domanda: - ma perché dobbiamo mettere il nostro diario in un blog, in una rete, dove tutti possono leggere i fatti nostri? Maya, oltre che essere molto lucida, molto bella e bionda ha anche otto anni e non ho potuto risponderle che tutti i coglioni ormai hanno un blog. Ho lasciato cadere la conversazione e ora andiamo avanti scrivendo il nostro blog.
Protagonisti:
Maya: bellissima bambina di otto anni, con passaporto croato ma identità italiana. E' nata in Italia, parla solo italiano, frequenta scuole italiane adora le lasagne. Ci sarebbe un lungo discorso da fare sulle leggi italiane a proposito della cittadinanza, ma non mi sembra né il momento né il luogo. Ho già detto che è bellissima?
Violanda: Bellissima mamma di Maya, con passaporto croato e modi di fare decisamente balcanici. Non sa nuotare, ma viene sempre in barca e al mare con noi. Non sa sciare e odia il freddo, ma vive in Alpago. Le piaceva volare con me fino a quando mi sono schiantato un paio di anni fa. Da allora non ne vuole più sapere, adducendo come scusa il fatto che le è passata la passione per il parapendio. Mah?
Banban: di sesso incerto, attualmente alberga in pianta stabile nella pancia di Violanda. Di lui/lei possiamo dire molto poco, se non che fa vomitare sua madre ogni mattina
Infine io, coautore insieme a Maya del blog. Passaporto italiano, ma mi piace definirmi cosmopolita e giramondo. Per necessità sono un insegnante flessibile di scuola superiore, ma per vocazione marinaio.
Ora andiamo a descrivere i protagonisti che ci scorazzano in giro per il mondo, a partire da Cigan, furgone VW adattato a camper. Lo usiamo sia come macchina per tutti i giorni, sia come camper. Spartano certo, però non ci manca nulla. E' attrezzato con una piccola cucina da campeggio e una tenda da tetto. Maya ha la sua camera privata dietro i sedili e Violanda ed io la nostra mansarda. Se il vento o la "privacy" lo impone dormiamo tutti e tre all'interno. Sul portellone posteriore un portabici modificato permette di sistemare tutta la montagna di roba che ci portiamo dietro per usare la Waka. Cos'è la Waka? La Waka è la nostra canoa a vela, croce e delizia delle nostre ferie e della nostra passione nautica. Già perché la Waka siamo andati a prendercela in Sardegna, e solo questo meriterebbe un blog a parte, dopo quasi un anno di tentennamenti e indecisioni. Dopo di che ci è costata ore ed ore di lavoro per pitturarla, modificarla, migliorarla, adattarla alle nostre esigenze e da operai inesperti quali siamo, ci è costata anche una serie di errori, ma alla fine, la Waka era pronta. Si poteva pagaiare, si poteva veleggiare, si poteva caricare sul furgone e portare ovunque si volesse. Si trasformava in trimarano e rendeva impossibile il ribaltamento, cosa che rendeva felice Violanda. Dopo vari esperimenti al lago e dopo aver rotto e sostituito tutto ciò che si poteva, la Waka ha avuto il battesimo ufficiale di acqua salata a Jesolo, dove ci ha traghettato entusiasti fino a punta sabbioni. Non mi pareva vero. E' anche vero che poi a Krk abbiamo avuto un paio di disavventure (disalberamento), ma insomma per luglio era pronta al grande viaggio. Infine Tomtom, la nostra creatura. Tomtom è un progetto Wharram, un Tiki 26 per l'esattezza. E' decisamente il mio sogno, imposto a Violanda che ne è diventata l'armatrice, mentre io ne sono il comandante e Maya ne è la nostroma. Per ora in realtà il Tiki ci sta facendo impazzire perché a causa del ghiaccio di questo inverno, Tomtom è ormeggiato su un prato vicino a casa nostra, la vernice della coperta si è alzata e si è staccata. Manca ancora l'impianto elettrico, il supporto del motore e ci serve un carrello. Quello che conta però è che il Tiki ci porterà attraverso un altro viaggio. Perché non più la Waka? Beh fondamentalmete perché era un esperimento per vedere come sarebbe andata con il mare e abbiamo scoperto che sia a Maya che a Violanda è piaciuto. Perché cambiare allora. Perché abbiamo anche scoperto che una canoa esposta al vento e ai marosi è troppo per una bimba di otto anni, figuriamoci per un neonato. Così abbiamo preso una decisione seria per una barca seria. Una barca vera, da campeggio nautico è vero, ma in grado di attraversare gli oceani. In grado però di ospitarci nella sua pancia come Violanda ospita Banban.
Ed ora via.
Come già accennato i preparativi non sono stati semplici. Da più o meno 4 mesi lavoriamo su Waka e Cigan per preparali alla grande partenza. Inutile dire che da molto più programmiamo il viaggio, variando di continuo, data, meta e componenti, ma cerchiamo di non diventare prolissi. In breve siamo sulla nave, mitica Minoan che ci porterà in Grecia, dove da mesi ho monitorato, baie, baiette, anse, anfratti, spiagge campeggiabili attraverso Google hearth, racconti di viaggio, blog e notizie ricavate attraverso ogni fonte. Al porto di Venezia, subiamo il primo smacco. La meravigliosa Minoan nave, cui da anni sono abituato, che trasforma il viaggio in crociera, quella nave che guardavo al porto di Venezia negli anni amari della SSIS, non c'è. Al suo posto un orribile surrogato blu, nemmeno parente del lusso della Minoan. Beh non sarà certo questo a rovinarci il viaggio, infatti, trovati degli ottimi posti dove campeggiare a bordo, occupiamo lo spazio disponibile a poppa e ci godiamo il passaggio di Venezia e poi tutto il lungo viaggio, attraverso il mare Adriatico, davanti alla bellissima costa albanese, che da sempre mi invita e che un giorno chissà, poi giù nello Ionio, dove l'acqua cambia colore e infine ad Igoumenitsa. Da sempre per me il viaggio in nave è già parte della vacanza e quindi rappresenta il primo assaggio di libertà. Questa volta è leggermente diverso perché con me per la prima volta ci sono Maya e Violanda che partecipano con me a questa crociera. In breve siamo al porto e dirigiamo il furgone verso Preveza, prima tappa greca del viaggio. Dopo una breve sosta per il pranzo, e per il primo bagnetto greco, via verso la destinazione che da tempo studiamo sulla carta: Mytykas, un nome un programma. La cittadina è esattamente davanti ad una serie di isolette che da tempo studiamo sulle cartine. Tutte abbastanza piccole da rappresentare una meta interessante e tutte sufficientemente vicine da poter raggiungere con la Waka. Campeggiamo in riva al mare, lungo la lunga spiaggia del paese, che però è un po' una delusione sia per bellezza del paesaggio, che per limpidezza del mare. Ceniamo in una taverna con i piedi in acqua, ma né il cibo, né il servizio sono all'altezza dei miei ricordi di taverna greca. Il giorno dopo ciondoliamo un po'. E' un altro colpo al nostro meticoloso programma. E' la prima volta che programmo le vacanze e scopro che era meglio quando andavo a caso. Mytikas avrebbe dovuto rappresentare il nostro campo base, ma così non è proprio il caso. Girovaghiamo un po' nei dintorni e a Violanda vengono già le smanie, memore della scorsa estate, quando abbiamo attraversato la Dalmazia e mezza Europa dell'est per trovare un posto tranquillo dove fermarci, senza per altro riuscirci. Invece stavolta siamo fortunati. Mentre guido in direzione sud, verso Atokos, sbircio dall'alto di un tornante una spiaggia con accampamenti vari. Individuata la stradina che scende, andiamo a renderci conto di persona del luogo e finalmente troviamo ciò che cerchiamo. E' una baia profondamente incassata, tanto che l'acqua sembra quasi uno stagno, calma e poco profonda fino al largo, quindi calda. Sulla spiaggia c'è un misto di accampamento zingaro semistabile all'ombra di pochi sparuti cespugli che arrivano fino all'acqua. Ognuno si fa gli affari suoi. I campeggiatori-zingari sembrano tutto tranne che turisti. Improvvisamente da una delle barche-camper ormeggiate si alza una musica orientaleggiante. Nessuno presta attenzione ai nuovi arrivati. Insomma è il posto che fa per noi. Beviamo un'amstel, mentre cerchiamo di interpretare il luogo, poi scelto il posto, il più lontano possibile dall'agglomerato zingaresco e il più vicino possibile all'acqua, apriamo con orgoglio la nostra tenda da tetto e scarichiamo la Waka in spiaggia. Passano pochi minuti e sono già ubriaco stravaccato sotto la tenda del furgone mentre Violanda cucina e Maya gioca con la sabbia poco distante. Abbiamo anche trovato un tavolino costruito sul bagnasiuga, all'ombra di un cespuglio. Insomma il paradiso. La sera percepisco rumori strani fuori dal furgone, ma non ci presto molta attenzione. Invece nel cuore della notte un gruppo di pescatori greci, con la tipica attenzione per le esigenze degli altri accende un gruppo elettrogeno a fianco del furgone per illuminare con una torcia elettrica il gommone sul quale devono uscire. Identica procedura al ritorno. Bastardi. Mi chiedo se anche per bersi la birra serva quel dannato gruppo elettrogeno acceso. Capita alle volte di incappare nella totale mancanza di attenzione del nostro vicino. Maleducazione o menefreghismo. Non l'ho mai capito. Il giorno dopo, la colazione in spiaggia e la toilette in mare dissipano ogni malumore. La tolilette del libero campeggiatore è una cosa che mi ha sempre messo di buon umore. Sembrerà un'idiozia, ma purificare l'intestino, lavarsi e prepararsi per la giornata, il tutto nudi come mamma ci ha fatto e all'aria aperta, mi dà una sensazione di liberta che nemmeno volare. Sono piccole cose, ma mi danno il senso della vacanza. Insomma, dopo colazione è finalmente ora di montare la Waka. come al solito tutti sono molto incuriositi da questi sacchi enormi da cui magicamente esce una barca a vela. Siamo pronti al varo. Aspettiamo che il pomeriggio sia un po' avanzato per meglio interpretare le condizioni meteo e ci buttiamo al largo ad esplorare la baia. La bolina non è proprio il suo forte, ciononostante girottiamo un po' per la baia. C'è il paese di Atokos a 5 miglia di distanza. Mi piacerebbe andarci a fare la spesa con la Waka, non solo per fare una gita, ma anche per non dover smontare il campo (10 min. d'orologio. Santa pigrizia vacanziera). Non mi fido però, perché le doti marine della Waka non sono proprio esaltanti e poi non vorrei dover tornare pagaiando, anche se 5 miglia le abbiamo già fatte altre volte. Con questo dubbio torniamo in spiaggia e notiamo subito un camper mastodontico ormeggiato poco distante dal furgone e orrore, mentre spiaggiamo la Waka, quasi mi strangolo con la mia Amstel: -Siete italiani? Il camper, c'era da aspettarselo, è di una coppia di italiani. Ora intendiamoci, al contrario di Violanda, non ho nulla contro la terra che mi ha dato i natali, né tanto meno contro i miei compatrioti. Detesto però l'atteggiamento che molti miei conterranei hanno quando siamo in ferie e che mi fanno vergognare di appartenere al Bel paese, specie quando da un capo all'altro della spiaggia, o del paese fa uguale, si sente una mamma che con urla beluine richiama il bambino o il marito, fa uguale, alla merenda, pranzo, o vuol semplicemente far notare una curiosità indigena. La coppia in particolare appartiene alla specie di chi trovato un connazionale, sembra voler ricostruire un pezzo d'Italia all'estero, quindi, uniti fino alla morte. Scherzi a parte, i due pensionati itineranti sono davvero molto carini e gentili, anche se un po' invadenti e ci forniscono un sacco di informazioni sulla zona che loro frequentano da anni per diversi mesi all'anno. In più, con una generosità non comune, appreso che vogliamo raggiungere il paese via mare, ci prestano il loro gommoncino a motore per il giorno successivo, dopo solo un paio d'ore che ci conosciamo. Alla sera riusciamo a schivare l'invito a cena, la scusa della bambina che deve dormire è sempre indiscutibile - verremo davvero volentieri, ma ci sacrifichiamo per amore della bimba. Strepitosa Maya. La notte, nonostante fossi ubriaco, d'altronde è il terzo giorno di vacanza, un rumore simile alla notte scorsa mi desta. No stavolta non sono pescatori incivili, bensì, sogno o son desto, maiali che grufolano in spiaggia. Decisamente maiali. Inconfondibili maiali. Il giorno dopo l'amabile coppia di camperisti ci spiega che sono esemplari scappati dalle fattorie vicine e che ormai hanno addottato lo stato selvatico e che condividono la spiaggia con i campeggiatori occasionali e con quelli semistabili dei paesi vicini, salvo finire saltuariamente a girare sullo spiedo di qualche festa di fine estate. Ecco perché i due hanno soprannominato la spiaggia, baia dei porci e così rimarrà anche per noi. Oggi è il grande giorno e ci avviamo con un piccolo 4 cv. verso Atoko e dopo un paio d'ore di paziente, ma rilassante navigazione ormeggiamo al molo della città, anonima e non particolarmente invitante se non per i ristorantini del lungomare, dove ci sfondiamo di pesce e moussaka. Riempito il gommoncino di viveri e preziosa Amstel, ci dirigiamo nuovamente verso la nostra spiaggia e mi godo la navigazione lenta, paziente, a motore sorseggiando birra. In vista della meta ci concediamo un bagno poi quasi ormai all'imbrunire casa, cioè furgone. Ancora una volta scansiamo la cena insieme con gli italians, e ancora una volta, la notte, la spiaggia si riempie di maiali che si riappropriano della loro spiaggia. Il giorno dopo è il grande giorno. Studiato la meteo del luogo, individuiamo una delle tante isole-scogli davanti alla baia dei porci, sopravento. Il pomeriggio, normalmente la brezza gira con il sole, per cui al ritorno il vento dovremmo averlo al lasco. Così infatti sarà. La spiaggia in realtà non è esattamente invitante. La baietta è esposta al mare e la spiaggia è ricettacolo di tutti i rottami del mare greco. Relitti, immondizie e soprattutto plastica, plastica, plastica. La plastica soffocherà il mondo. Facciamo buon viso a cattivo gioco e con i relitti costruiamo un tavolo per il pranzo. Recuperiamo tra la montagna di oggetti e immondizie rigurgitate dal mare, un pallone da volley e una piccola boa che diventerà in seguito il lampadario del nostro bagno. Anche il mare non è così limpido come mi aspettavo, reso torbido da uno dei molti allevamenti ittici della zona e sotto acqua i pesci sono molto pochi, però dalla spiaggia mi godo la vista della Waka ancorata in rada come un veliero pirata. Rimontiamo sulla Waka, ci mettiamo al lasco e ci godiamo la navigazione, stavolta a vela, fino alla nostra spiaggia. Finalmente. Da mesi aspetto questo momento e me lo godo fino in fondo. Violanda e Maya stravaccate a prendere il sole, la vela gonfia e la prua della Waka che solca il mare greco. Finalmente. L'ozio però non dura molto. L'entrata della baia dei porci, come sempre, offre una curiosa brezza di terra generata dalla conformazione orografica. L'entrata è di bolina e devo rimpiangere la vela da surf, steccata e allunata, distrutta dal vento sul tetto del furgone di ritorno da Jesolo, sostituita da questa, avvolgibile, più comoda, ma molto meno performante. Pace. Bordeggiamo da un capo all'altro della baia, arriviamo a zigzagare tra le barche-camper ormeggiate vicino alla spiaggia e alla fine, con l'ultimo bordo, arriviamo fino al bagnasciuga. Un capolavoro. Sono davvero orgoglioso della nostra barchetta e delle capacità nautiche dimostrate dall'equipaggio. Sono entusiasta e mi godo davvero il vino greco, sotto la tenda del furgone. Me lo godo per poco. Dal camper arriva la moglie camperista annoiata, perché il marito schiaccia il pisolino pomeridiano e lei è in cerca di compagnia. Panico. La invitiamo a sedersi e comincia una interminabile quanto noiosissima chiacchierata. Non resta che ubriacarsi per sopravvivere. Quando ormai ho quasi perso l'uso della parola, magicamente veniamo soccorsi da un altro camper colossale, di un'altra coppia di pensionati italiani, amici dei primi. Trainano un altrettanto colossale gommone e il pomeriggio è impegnato per il varo della nave. Io sono decisamente troppo brillo per partecipare all'impresa e per fortuna, quando alla sera il marito sonnacchioso, mi imbarca in una conversazione sull'intolleranza razziale, sui terroni fannulloni, senza ovviamente tralasciare gli extra che vengono a rubare il lavoro e a stuprare le nostre donne e imporci l'islam e così via, la mente è talmente annebbiata che mi permette solo di annuire con un sorriso ebete e pensare se il tipo ha afferato che Violanda non è propriamente di razza pura. In più, quando il tipo accenna alla "lingua" piemontese e scopro che in realtà lui è siciliano emigrato al nord la confusione è totale e non so più se dare la colpa alla birra al vino, al sole della giornata o ai vaneggiamenti del tipo. Crollo. La mattina dopo, con la mente ancora leggermente offuscata, ho la malaugurata idea di chiedere consiglio sull'itinerario alla nuova coppia di Italiani. Lui è davvero gentilissimo e mi intrattiene, per tre quarti d'ora d'orologio, senza notare che non solo la mia colazione è ormai fredda e preda delle mosche, ma mi sto contorcendo l'intestino, privato del consueto rituale mattutino della mia toilette en plein air. Davvero stavolta è troppo. D'accordo tutto, ma la cacca no. In più soggiorniamo alla baia dei porci già da qualche giorno e il nostro istinto zingaro ci dice che è ora di levare le tende. L'organizzatissima coppia-camperista è fornita di tutti i dettagli sul luogo, compreso l'orario dei traghetti. Ci rivelano in più un paio di informazioni preziose sull'isola di Itaca, pellegrinaggio obbligatorio per dei marinai come noi. Leviamo il campo e carichiamo la Waka sul furgo, prima che il sole sia alto e renda le veloci operazioni, un inferno. Salutiamo tutti e lasciamo la baia dei porci con direzione Atokos.
Questo sito è stato comunque ospitale e lo consiglieremmo per un eventuale passaggio. Non è certamente un idillio, però è ideale per bambini e liberi campeggiatori. Nessuno disturba e con un po' di fortuna si può anche trovare ombra. Il mare è chiuso, tranquillo e caldo, la spiaggia è sabbiosa, circondata da scogliere e cespugli che arrivano fino all'acqua. Ideale anche per Violanda, perché la sua profondità rimane limitata fino molto al largo. E' ideale anche come ridosso e la brezza diurna, curiosamente di terra, si riduce fino ad annullarsi alla sera. Naturalmente il pescaggio di un'eventuale barca deve essere molto limitato. Una sera abbiamo anche visto un gigantesco trimarano ancorarsi in questa tranquilla baia. La domenica la spiaggia si riempie più degli altri giorni, ma sono tutti frequentatori locali che alla sera tornano ai paesi. Nei dintorni ci è stato anche segnalato un pozzo, l'acqua del quale comunque non abbiamo mai usato. Nei dintorni sono possibili diverse escursioni verso piccole isole-scoglio oppure verso le isolotte abitate dei dintorni, un po' più distanti.
_________________ Piccolo è meglio
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