Marinai di Terraferma

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 Oggetto del messaggio: Re: Xpedition - Anzio-Elba-Anzio su HC21
MessaggioInviato: 12/03/2011, 1:17 
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11° giorno:

Quella passata al parco dell’Uccellina è decisamente stata la notte più bella di tutta la spedizione. E non da meno è stata l’alba. Di solito, altrove, pur svegliandosi sempre di buon ora, c’è sempre qualche mattiniero che pianta il suo ombrelloncino più o meno vicino all’accampamento, gli stabilimenti nei paraggi hanno già aperto, qualcuno passeggia sul bagnasciuga, insomma la spiaggia la dividi già dalle prime ore del mattino. Qua no, appena mettiamo il naso fuori dalla tenda non c’è ancora anima viva su tutto il litorale e così resterà quasi fino al momento della nostra partenza. Il mare è piatto e deserto, il cielo limpido e ancora soffia una brezzolina di terra che fa l’acqua a squame di pesce. Davanti a noi, leggermente a sinistra, l’isola del Giglio già conquistata. Parecchio a destra, a nord-ovest, si intravede la sagoma dell’Elba, la nostra meta. Tra maltempo, sventolate improvvise e rotture varie, si sta facendo veramente desiderare. Ci stiamo mettendo ben di più del previsto ad arrivare. Ma ormai è in vista, è prestissimo e se ci mettiamo in acqua quanto prima, oggi possiamo tentare il colpaccio. La distanza non è poca ma… non facciamo programmi!
Prepariamo il caffè e lo accompagniamo con dei cornetti in busta. Tutto intorno alla barca è zeppo di impronte che arrivano dai cespugli di macchia mediterranea alle nostre spalle, gironzolano un po’ ovunque e poi vanno dritte sotto il ramo dove è appesa l’immondizia. Mi viene in mente la storiella della volpe e l’uva perché il sacchetto è integro e da lì sotto, dopo aver zampettato un po’, l’animaletto se ne torna nella vegetazione. Mi immagino l’aria sconsolata…
Dopo un’oretta, abbiamo riposto e rizzato tutto (ovviamente anche il sacco dell’immondizia, ce ne disferemo dove e quando si potrà). Credo fossero circa le 8.30 quando abbiamo spiegato le vele, ancora con brezza da terra. Appena partiti diamo un orecchio al bollettino che promette bello, est 2 (ed è quello che abbiamo dopo breve tempo) poi nord-est 4 in tarda mattinata, poi rotazione di 180 gradi, ovest 3 nel pomeriggio. Alquanto insolito ma se così sarà potremo navigare tutto il giorno senza troppi problemi.
Non riteniamo prudente da dove siamo puntare direttamente l’Elba, preferiamo far rotta su Puntala e poi quando siamo un po’ più a tiro, magari se dovesse girare a ovest, farci un paio di bordoni in bolina e raggiungere la metà.
Mattinata pressoché tranquilla ma il nord-est 4 non tarda ad arrivare. Ce l’abbiamo esattamente al traverso, filiamo come razzi su un mare che resta abbastanza piatto perché venendo da terra il vento non ha abbastanza acqua per formarlo, Africa urla ma lo scafo sopravento comincia ad uscire dall’acqua troppo spesso nonostante il trapezio. Giusto per precisare, quando noi cominciamo ad alzarci, un cat più piccolo viaggia su un solo scafo già da un pezzo. “Vogliamo ridurre?” Prua al vento, grilli e perni in bocca e quasi mezza vela non c’è più.
Ora è tutta un’altra musica, riusciamo a mantenere una buonissima velocità ma siamo stabili e governiamo bene. Non so esattamente che ore sono ma Puntala è a 8/9 miglia ed è sempre nord ovest. Se poggiamo possiamo metterci al lasco e cominciare l’ultima, decisiva traversata, 19 miglia grossomodo da Puntala, da dove siamo un po’ di più, verso Naregno, “il culo dell’Elba” come lo chiamiamo noi. E sia!!
Verso l’ora di pranzo abbiamo fatto già un bel pezzo e il vento cala un po’ e una mano di terzaroli in teoria non servirebbe più ma ridare tutta tela è molto macchinoso, richiede tempo e un tuffo in acqua perciò ci accontentiamo di restare così. Dico all’ora di pranzo perché ricordo che abbiamo mangiato ma se fosse mezzogiorno o le due non ne ho idea!
A panza piena il vento cala ancora, troppo… e abbiamo ancora 11 miglia davanti sul gps. Velocità scesa ad appena 2 nodi e anche meno, gran lasco, gran caldo! Eravamo convinti che si stesse fermando tutto per via dell’annunciata rotazione… quindi se prima era nord ovest, l’ovest che arriva stara spingendo via il suo predecessore.. abbi pazienza, vedrai che torna subito. Dopo un’ora, 1,2 miglia percorse, ricordo esattamente il gps che indicava 9,8 miglia a destinazione. Ora siamo praticamente fermi. Via sti terzaroli perché così non arriviamo più e poi fa troppo caldo!
Problema n°1: sganciare il boma e il caricabasso senza far cadere nulla in acqua; fin qui siamo pratici, tutto in bocca e via!
Problema n°2: sganciare l’anello legato al cavetto d’acciaio che scende fin sulla penna della randa. Cerco di spiegarmi meglio: l’anello con cui termina la drizza di randa, sul 21 si ferma in testa su un gancio montato sul profilo di dritta dell’albero rotante deviato, e ne sporge verso poppa leggermente deviato verso l’inferitura cos’ì che per agganciare basta farlo scavallare issando la drizza fino a fine corsa, poi ruotare da basso l’albero in senso orario così che il gancio vada a finire proprio nell’anello, quindi filare la drizza facendo scendere randa e anello quanto basta da restare appesa al gancio stesso. Sarà poi il caricabasso a impedire un’uscita accidentale. Per sganciarla si fa all’opposto: drizza di randa a fine corsa, rotazione dell’albero in senso anti orario, il gancio si scosta dall’anello, drizza filata e la randa comincia a scendere. Tutto questo è possibile perché la penna della randa è fatta da due placche sagomate d’alluminio o plastica rigida a formare un sandwich farcito di vela! In altre parole quando l’albero viene ruotato, la vela resta in asse con la barca, e con lei l’anello, permettendo al gancio di entrare e uscire a seconda del verso di rotazione.
Con una mano di terzaroli le cose cambiano, l’anello è montato sul cavetto d’acciaio e non sulla penna della vela perciò ruotando l’albero, ruota anche l’anello non più tenuto in asse. Questo vuol dire che la prima volta che abbiamo provato il sistema, l’aggancio è andato bene, per sganciare è toccato scuffiare la barca a terra ed arrivarci manualmente. Sto problema, non sperimentato da molto tempo, è stato per il momento risolto collegando una cimetta più o meno alle 9.00 immaginando l’anello come un orologio (quindi dal lato opposto al gancio). La cimetta, che si lega solo quando si riduce la vela, scende giù fino ad una piccola galloccia all’altezza del boma dove è data volta, con la parte in eccesso (ma necessaria) è addugliata. La cimetta, ad albero ruotato, dev’essere tirata più o meno da davanti la barca, per forzare la rotazione in senso opposto dell’anello. Diciamo che non è proprio semplicissimo ma con due madonne e 4 o 5 imprecazioni a piacere, in pochi tentativi si riesce. In mare, per avere l’angolazione giusta, ci si deve tuffare in acqua e allontanarsi a prua 5/6 metri dalla barca. Questo solo in caso di sgancio, perché l’aggancio non richiede tutta st’operazione, va sempre liscio come l’olio. Preciso pure che oggi anche questo rompicapo l’abbiamo risolto con un sistema molto semplice ma che non mi metto a spiegare ora per non occupare un’altra pagina… vabbè ma tanto siamo fermi esattamente al centro tra Puntala e l’Elba, 10 miglia davanti, 9 dietro… abbonacciati!!! Almeno il tuffo in acqua per ridare vela m’ha rinfrescato un po’… verso il continente si vedono cabinati sbandatissimi che evidentemente usufruiscono ancora del nord-est… altrove e verso l’Elba tutti a motore.
Non so da quanto tempo siamo fermi, so solo che il sole è sceso dallo zenith!! Saranno almeno le 16,30… la vedo dura. Rotazione, rotazione, mi sa che come è ruotato così se n’è andato e a quest’ora dubitiamo che possa tornare. A noi basterebbe una bava per muoverci e governare un minimo, ma non c’è nemmeno quella. Le vele sbattono senza una direzione. La sensazione comune è che una leggera corrente o deriva ci stia portando lentissimamente verso sud ovest, il che vuol dire che se non troviamo una soluzione, finiremo per scarrocciare troppo mancando l’isola e finendo in pieno Tirreno e per giunta di notte.. in lontananza qualche cabinato procede lentamente a motore. E’ giunta l’ora di rimediare un rimorchio e mi attacco al vhf. E’ un portatile e non ha 10 miglia in trasmissione, perciò devo cercare di farmi capire e sentire dalla barca più vicina che vedo. Ce n’è una un miglio a nord di noi, proviamo. Sul 16 comincio a cercare di farmi capire chiamando una barca di cui non conosco il nome ma cerco di identificare per “imbarcazione a vela scafo blu con prora su Naregno o Porto Azzurro” da Catamarano Africa… Un po’ pochino lo so, ma cosa avrei dovuto fare.. Ottengo solo silenzio.. o non c’hanno visti, o non ascoltano la radio, o se hanno sentito non hanno prestato attenzione alla comunicazione perché troppo generica. Ok, con la radio non funziona. Non mi passava per la mente per ora di richiedere un soccorso perché nessuno era in pericolo, avevamo mute e alternative per coprirci in caso di prolungamento dell’orario e soprattutto, stando alle regole, “NON AVREMMO DOVUTO TROVARCI LI’” quindi meglio aspettare… pagaiare per 9 miglia sarebbe una follia, ci farebbe solo sprecare energie.. Le imbarcazioni in rotta da Puntala ci passano lontane a Nord, quelle da Talamone lontane a Sud… Tiriamo fuori i cellulari dalle sacchette stagne sulla terrazza, non servono perché non hanno campo, utili solo a sapere che sono quasi le 18.00!! Se proprio dovesse mettersi male, abbiamo sempre i razzi.. ecco cosa prova un naufrago su una zattera, io lo so!!


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Commento file: Alba all'Uccellina, Giglio sullo sfondo
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Commento file: Monnezza appesa ed Elba lontanissima a sinistra
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 Oggetto del messaggio: Re: Xpedition - Anzio-Elba-Anzio su HC21
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minchia che ansia.
ma pagaiare quanto fate?
avevate luci oltre alla "fu" camping gaz?
dai scrivi scrivi

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 Oggetto del messaggio: Re: Xpedition - Anzio-Elba-Anzio su HC21
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Bello......
....aspetto il continuo... ;)

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 Oggetto del messaggio: Re: Xpedition - Anzio-Elba-Anzio su HC21
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Avvincente il racconto, vai avanti :o :D

Ma voglio anche dire che le pagaie qualcosa valgono: la bonaccia completa spesso è locale, ed i nostri cat ;) hanno bisogno di poco per filare via (vedi il mio "isole ionie" nella rotta da meganissi ad itaca).


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 Oggetto del messaggio: Re: Xpedition - Anzio-Elba-Anzio su HC21
MessaggioInviato: 12/03/2011, 19:03 
Azz...!
Bello, racconta, racconta...


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 Oggetto del messaggio: Re: Xpedition - Anzio-Elba-Anzio su HC21
MessaggioInviato: 14/03/2011, 12:11 
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Nel frattempo rispondo:

Sì, avevamo le luci di navigazione e di fonda. Piccolina, alimentate con un torcione e montate sulla parte prodiera delle terrazze quelle rossa e verde, mentre la bianca da vela e da fonda da issare in testa d'albero con una drizza.
Per la camping gaz è vero, non l'ho scritto... si era rotto solo il vetro, che abbiamo ricomprato non ricordo se prima di ripartire da Cala Galera o al Giglio insieme ai grilli nuovi, comunque era di nuovo operativa e funzionante.

Joe l'ho letto il tuo diario, è quello che m'ha fatto venir voglia di scrivere il mio!!! Son daccordo per le bonacce isolate ma non si vedeva proprio luce... le barche verso l'Elba andavano tutte a motore, sotto Puntala c'era vento e si vedeva ma voleva dire tornare indietro ed era comunque distantissimo, intendo quasi sottocosta, perciò sempre miglia e miglia...

Con le pagaie si potrà fare forse un nodo o anche meno... 9 miglia = 9 ore ammesso che uno abbia la forza di pagaiare per così tanto tempo... :shock: !!! Proprio perché a noi basta poco più di un alito per muoverci si sperava sempre che potesse tornare da un momento all'altro un soffietto... io ho anche fischiettato piano piano :?

A prestissimo il seguito... :twisted: :twisted: :twisted:

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 Oggetto del messaggio: Re: Xpedition - Anzio-Elba-Anzio su HC21
MessaggioInviato: 15/03/2011, 6:05 
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I naufraghi…

L’idea di passare una notte in mare preoccupa e affascina allo stesso tempo. Nessun problema per la nostra visibilità: Africa è dotata di due luci di navigazione a batteria montate sulla parte anteriore delle terrazze, più una terza bianca a 360° da issare in testa d’albero con una drizzetta già predisposta. Per il freddo abbiamo le mute e i k-way. Possiamo nutrirci e bere… però comunque sarebbe una soluzione di fortuna. Ci è già capitato di restare quasi abbonacciati una volta al ritorno dal Circeo. Ricordo che fece buio e noi navigavamo a poco più di un nodo davanti a Torre Astura, quasi 5 miglia da Anzio. Toccammo terra avanti al circolo a mezzanotte passata ma la costa era quella di casa, conoscevamo a perfezione ogni lucina sulla terraferma. Qua no, qua tocca trovare una soluzione in tempi brevi o prepararsi a una doccia d’umidità e a turni di guardia fino alle prime luci dell’alba, ammesso che uno di noi riesca a dormire..
A sud, sulla rotta da Talamone, procedono a secco di vele due barche, una un po’ più sottovento rispetto a noi (o forse dovrei dire “più sottobonaccia”) e quindi più lontana, l’altra che naviga in una direzione tale che potrebbe arrivare abbastanza vicina da…
Aspettiamo ancora un po’, non considerando per nulla l’idea di ripetere il tentativo col vhf. Quando il suo percorso passa a mezzo miglio da noi, nonostante Domenico sembri ancora voler dare un’ultima chance al vento che non ritorna, prendo iniziativa deciso che non bisogna sfidare ulteriormente la situazione. In piedi sulla terrazza di sinistra comincio ad muovere su e giù lentamente le braccia a Y sulla mia testa. Riesco a vedere due persone nel pozzetto. Ci avranno quantomeno notato spero, in fondo siamo una vela ferma quando tutti intorno a noi sono a secco…
Ricordo perfettamente la sensazione di liberazione mista a gioia quando la barca ha accostato, deviando nettamente dalla sua rotta e puntando dritto verso di noi. La sua “lunghezza” diventa “larghezza” e la prua che pian piano si avvicina sembra che ti dica “arrivano i nostri”!!! Già smesso di segnalare, ci preoccupiamo subito di predisporre una cima per farci rimorchiare, non ci sarà bisogno di chiederlo perché una donna è già sul passavanti di dritta col mezzo marinaio in mano! Gente di mare, indubbiamente.
A 30/40 metri notiamo una bandiera belga che sventola da poppa. A bordo solo la donna, una bella donna sui 45 e il suo uomo al timone, un signore brezzolato e di bella presenza anche lui. Mentre accostano fermandosi, Domenico è pronto con la cima in mano mentre lei porgendo il mezzo marinaio, legge il nome sul cat e in Italiano con accento dice sorridendo: “Africa? Non è la rotta giusta!!” Risate loro e nostre, le nostre un po’ a testa bassa non tanto per la battuta, che ci stava tutta, quanto per il leggero fastidio di dover raggiungere l’ISOLA a rimorchio… peggio che rientrare al porto del Giglio senz’albero. Ma meglio così, sicuramente. Domenico al timone mantiene Africa sulla scia del 45 piedi che dirige sull’Elba a 4/5 nodi.
Quando mancano poco meno di 4 miglia abbiamo l’impressione che un leggero venticello sia tornato. Niente di eccezionale, viene dal mascone di sinistra ed è addirittura difficile da percepire perché confuso con quello dovuto al movimento. Se n’è accorto anche il belga sulla barca perché, proprio mentre noi stavamo per chiedergli di lasciarci per proseguire da soli, lui si gira, ci guarda mette l’indice in bocca e poi lo tiene dritto davanti a sé sorridendo e volendo ovviamente lasciar intendere che un po’ d’aria si sta smuovendo. Facciamo gesti di condivisione e ci muoviamo per sganciarci. Lui rallenta, la moglie libera la cima di traino. “Grazie mille, buona fortuna, ci vediamo per mare” Loro proseguono, noi rimaniamo giusto un attimo al vento (ora c’è), il tempo di sistemare la cima e di chiamare col cellulare che ha di nuovo campo, il Circolo velico di Naregno annunciando che stiamo per arrivare.
In dieci minuti l’aria aumenta e, salutando, superiamo velocemente in bolina larga l’astronave madre che c’ha portato fin lì. Più ci avviciniamo a terra e più andiamo veloci, credo per effetto del vento che arriva giù dai pendii dell’isola. Pare impossibile che fino a poco fa eravamo alla deriva in calma piatta.
Alle 19.30 avvistiamo la meta, un paio di velette sottocosta, sicuramente catamarani, indicano chiaramente che là c’è il circolo, la destinazione.
Avvicinandoci a terra notiamo che uno di quelli è già stato tirato in secca mentre l’altro sta rientrando per fare altrettanto. Ci hanno visti perché la spiaggia, ormai pressoché svuotata dei turisti, si riaffolla via via di gente che esce da una recinzione d’incannucciata davanti al canale d’atterraggio. Evidentemente uno chiama l’altro, Sono una quindicina di persone tra ragazzi e ragazze, adulti e più giovani, e ci guardano arrivare, qualcuno fa segno con le braccia per indicarci che il circolo è lì, altri due ci gridano di prendere il canale delimitato dalle boe, passando sul lato destro (più tardi sapremo che dal lato opposto ci sono dei massi sommersi che se non conosci possono portarti via un timone). Emozionante… gente mai vista che aspetta gente mai vista ma con una passione in comune! Il fondale è ripido e manteniamo i timoni fino a 6/7 metri dalla riva dove ci mettiamo prua al vento. Il carrello va in acqua per l’alaggio. Sembra quando un caccia atterra su una portaerei, tutti intorno, ognuno sa cosa fare. Non ci danno neanche il tempo di fiatare, sono tutti a spingere Africa che in 10 secondi è all’asciutto. Mamma mia che accoglienza! Grazie!
Si presenta per prima Silvia, la titolare della scuola vela, una bionda con l’aria che sa di mare e di vento e che indirizza gli altri ragazzi (allievi, soci, istruttori) mentre prendono Africa e la trasportano dentro l’area del circolo posizionandola proprio al centro, su un fazzoletto di prato inglese curatissimo (come anche tutto il resto) accanto al grande gazebo per le lezioni teoriche. Sembra quasi l’abbiano messa in esposizione… Non ci aspettavamo quest’accoglienza che ci onora e ci fa anche un po’ di imbarazzo perché soprattutto i più giovani ci riempiono di domande quasi fossimo Soldini e Miceli ma noi non lo siamo, non ci avviciniamo nemmeno lontanamente a gente del genere e soprattutto, quella che per noi è stata una grande impresa, più che altro perché condita da qualche disavventura, in realtà è solo una lunga crocerona zingaresca.
Come ringraziamento e come un ospite che non si presenta a mani vuote, stacchiamo il guidone del nostro circolo che sventola sotto le crocette e lo consegnamo a Silvia, come fosse una torcia olimpica trasportata su una barchetta che ha navigato, rotto, disalberato, fuggita a terra, rimasta in bonaccia, ripartita ma, alla fine, da vera morammazzata ha raggiunto la meta!


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