Marinai di Terraferma

Eccoci tornati, in una mattinata uggiosa e fredda del milanese con la sedia che dondola e il monitor che si muove al ritmo delle onde; anche al caffè l'amico barista mi vede soppesare prima un piede poi l'altro e l'asfalto delle strade è duro sotto i piedi.
Arriviamo al Retone un venerdì nel tardo pomeriggio, Sombrero (Oceanis 35 di qualche anno fa) ci aspetta immobile nel fiume, non fa molto caldo, ma le operazioni da fare sono molte: caricare, sistemare, acqua, gasolio, l'ultima spesa del fresco, ... mi fanno "scaldare", già alla seconda borsa sudo come un muflone andino trapiantato nel Kalahari.
Tutto va comunque al suo posto e possiamo sederci nel patio del ristorante con gli amici per quello che è ormai diventato un piacevole rito annuale che ci vede rinsaldare amicizie e ritrovare ricordi sopiti. A tavola siamo in 14 più billy. Il vino scorre a fiumi per accompagnare le pietanze e io urlo sempre più finché la proff. non me lo fa notare. Scusate.



Sabato mattina all'alba, ad un orario che nemmeno Cinzia crede esistere la sera prima sorride quando le dico che uscirò all'alba, accendo il motore e in sordina mollo gli ormeggi per discendere il fiume. Solo alla foce il sole fa capolino alle mie spalle e con lui si leva una leggera brezza che mi fa subito spiegare le vele. Scendiamo verso sud per la tratta di 40 e più miglia che ci separa dall'Elba.



Baratti ci vede arrivare nel tardo pomeriggio, Marco e Jacopo ci accolgono salendo agili come gatti sulla barca per ormeggiarci. Già stanco dopo quasi 10 ore al timone mi rilasso non prima di aver messo in acqua il tender e lasciato l'equipaggio a sguazzare.



Domenica si fa rotta su Porto Ferraio, le previsioni sono buone, ma non c'è vento, meglio mi dico una tratta breve sperando nel lunedì. La rada è accogliente, sicura e tranquilla per passare la prima notte in rada, quella dove prendi nuovamente le misure con la meteo, con il calumo, con gli spazzi di ruota per i salti di vento. Faccio un paio di giri e do fondo fra una barca a vela e un panfilo inglese, ci sono 5 metri e non serve molta carena, ma io esagero comunque.



Bagno ristoratore per me e ammollo di ore per le ragazze. La rada, l'ho scritto, è bellissima, ma l'acqua fa abbastanza cagare.

All'Elba? Da non credere.

Vedo che le bimbe ti seguono ancora

Port Ferraio è "infestato" da panfili in attesa dei proprietari, ciondolano in rada con marinai annoiati che fanno manutenzione e generatori sempre accesi. Ha l'unico pregio di avere un fondo costante e ottimo tienitore. Molti professionisti vi svernano. Vi è poi un andirivieni continuo di traghetti che bene non fanno certo alla qualità dell'acqua.




Ni. Elisa è ancora con noi, Valeria ormai ce la siamo giocata. Abbiamo aggiunto un nuovo elemento "cugina 1.0" che però avendo geni imperfetti pare abbia mal sopportato la vacanza Margutte/Paddy.

Comunque. Dopo porto Ferraio ci siamo spostati alla spiaggia della Biodola che aveva un debito con noi perché lo scorso anno ci ha cacciato con un temporale improvviso.
Poco meno di 5 miglia, anche queste a motore, e siamo sul posto, è mattina e la baia è semivuota un paio di cat all'ancora poco più, mi avvicino fino alle boe dei "300 metri" metto prua al vento e diamo fondo si 6 metri di sabbia una trentina di metri di catena, distendendola ben bene con l'idea di rimanere li tranquilli un paio di giorni.



Mi tuffo per controllare il ferro. La catena ci si è appoggiata sopra. Faccio bene a controllare. Risalgo in barca e rifacciamo, questa volta si distende bene e possiamo dedicarci alle attività ludico sportive, in acqua il tender e si parte a remi verso la spiaggia.



La giornata passa tranquilla fra un tuffo e un aperitivo un giro in gommone e una rosolata al sole, le ragazze sempre in acqua. Fino a sera quando finalmente tutto si acquieta, anche il vento e possiamo goderci il tramonto cenando con un ottimo risotto alla salsiccia fatto incredibilmente senza dado o soffritto, ma in barca tutto è sempre buono.



Notte e sogni d'oro. Si già, la teoria, la pratica vuole che il vento giri a ponente, ma il mare rimanga da nord. Notte quindi ma tenendosi aggrappati alla cuccetta con un rollio da oceano.
Però la notte passa e finalmente fa abbastanza caldo per fare un tuffo e un giro in gommone, no niente tuffo il cielo presenta già i segni dei temporali previsti nel pomeriggio e il canotto è, invece, stranamente sgonfio.
La mia ansia è direttamente proporzionale al numero di ragazzi che ho a bordo, se poi questi sono nipoti e non figli aumenta al quadrato. Tito quindi su l'ancora e mi dirigo a Marciana Marina che avevo già prenotato in previsione dei temporali per la sera.
Sono meno di due miglia e ci arriviamo in un attimo. Chiamo via radio e in pochi minuti siamo ormeggiato, al sicuro, tranquilli, bevendo un buon caffè gentilmente offerto dal vicino di barca.



Metto i tendalini e chiudo tutto attendendo la pioggia, le ragazze vanno a farsi un giro in spiaggia. Pioggia. 10 minuti ed esce un sole pazzesco! Nemmeno una nuvola in cielo, ma ormai siamo qui.

Come ti capisco
E il tender? Perché era sgonfio?

I miei ricordi dell'Elba...un giorno li racconterò.
All'Enfola c'è un isolotto, uno scoglio a dieci metri dalla spiaggia.
Lì ho imparato a nuotare e poi anni dopo a cacciare i polpi.

Dai che qui è nuvoloso e ci si annoia. Racconta

Si è scollato un tubolare, maledetto pvc!
Li è nuvolo, qui si lavora.

Dicevamo dei temporali. Alla fine il mio amor proprio e la capacità previsionale ha avuto ragione e sono arrivati. Cioè non ha fatto nemmeno una goccia, ma il nero ha dato conforto.



Così si è passato un paio di giorni a curiosare per la cittadina, a fare bagni nella spiaggetta del porto e a bere nocino con i vicini.
La sera del secondo giorno il cielo è finalmente come lo vorremmo ogni giorno e si può pensare di ripartire.


Il cielo, ma non il vento, per i giorni successivi sarà infatti piatta che più piatta non si può. Usciamo così verso le 11 con la calma di chi deve fare poche miglia per raggiungere Marina di Campo.

Ma che bella barca