Domenica 4 gennaio 2015 Timoniere e prodiere pronti sul drugo al lago di viverone. I nodi saranno tra i 10 e i 15, da sud, come da previsioni. Dovrebbe andare a calare fino a sparire del tutto intorno a mezzogiorno/l'una. Salpiamo, e appare chiaro fin da subito che il genoa deve essere rollato almeno fino a metà, e che la randa è anche troppa. Quindi decidiamo di improvvisare una prima (e unica disponibile) mano di terzaroli. Ora la barca sembra essere ben equilibrata, leggermente orziera (il giusto secondo me), fila, anche se sbanda un po' troppo poco, non richiede troppo bilanciamento sopravento in peso da parte dell'equipaggio. Ma il timore di finire nell'acqua fredda del lago è tanta e decidiamo di filare così, in sicurezza. E' la prima volta che abbiamo davanti agli occhi un log del vento, banale e impreciso, installato sullo smartphone e basato sul rilievo gps. Segna 5 nodi, e a noi va benissimo così. In poco tempo ci ritroviamo dall'altra parte del lago, proprio quando il vento cessa quasi del tutto. Iniziamo ad improvvisare la discesa a vele bianche, in attesa di capire se la situazione vento è stabile. Non superiamo i 3 nodi, quindi decidiamo di togliere la mano di terzaroli, ma di aspettare ad armare lo spi, per sicurezza. In un attimo il finimondo. Da nord arrivano raffiche, acqua scura, ochette, e la polvere d'acqua vola sul pelo dell'acqua verso di noi. In pochi secondi riarmiamo la mano di terzaroli e un fazzolettino di genoa a prua e tentiamo una risalita nel più breve tempo possibile. La prodiera a fronte di una situazione mai vissuta è visibilmente preoccupata. E' un calvario di una quarantina di minuti, che evidenzia tutti i limiti della barca, del suo armo, o forse solamente del suo timoniere. Fatto sta che non sono capace di farla camminare in sicurezza. Per quanto la randa sia terzarolata e il genoa rollato molto piccolo, a causa del fatto (secondo me) che le scotte del genoa, per quanto quest'ultimo molto piccolo, sono armate esterne alle sartie, e questo non mi permette di tenere una bolina stretta. Ad ogni raffica, per quanto sventassi del tutto la randa, lo sbandamento dello scafo era comunque troppo per le nostre coronarie, e l'istinto mi diceva di orzare. Per due motivi: uno perchè ritenevo troppo pericoloso chiedere alla prodiera di sventare parzialmente e temporaneamente anche il fiocco, sapevo che si sarebbe dovuta spostare sottovento e che avrebbe avuto difficoltà a lascarla per parecchi secondi, l'altro perchè sapevo che avrei quasi fermato la barca, ma almeno, forse, avrei guadagnato qualcosa almeno in risalita. Comunque parte dei miei errori mi saranno più chiari a fronte di uno scambio di opinioni con altri timonieri a fine giornata. Fatto sta che di riffa o di raffa, e anche dopo alcuni mancate virate che mi hanno fatto preoccupare e molto, arriviamo nei pressi del circolo. Ci raggiungono a motore alcuni amici, che dopo aver riportato il fun al pontile, decidono di salire su di un gommone e di raggiungerci per capire se avevamo bisogno di aiuto. Io li ringrazio, ma siccome il peggio è passato e manca poco a capire e a far capire alla prodiera che bene o male da quella situazione eravamo in grado di uscirne da soli, ringrazio gli amici, ma chiedo loro di non intervenire e di lasciarci concludere il rientro da soli.
Continuo più tardi, vorrei arrivare al punto che più tardi nella giornata, o avuto modo di salire sul fun in condizioni molto simili, ho visto e capito come porta la barca chi lo sa fare, e se e come e se conviene portare il drugo in quel modo...
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