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Autore Messaggio
 Oggetto del messaggio: Il Quarnaro
MessaggioInviato: 18/11/2013, 12:33 
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Iscritto il: 15/11/2009, 16:44
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Lussino 26 agosto.

Fino a qui, navigare è stato un gioco; l'Istria non mi è piaciuta, a scendere, ma adesso non vedo l'ora di averla controbordo e sopravvento. La rotta del ritorno si rivela più impegnativa dell'andata, vuoi per la stagione più avanzata, ormai siamo alla fine di agosto, vuoi per il vento, di bora o di maestrale; vuoi per l'equipaggio, il meno esperto di questa crociera, che si è imbarcato a Sukosan in un giorno di pioggia e di vento.
Adesso siamo a Lussino, il tempo è bello, e il vento di Maestrale ci soffia contro, ma la bolina non è certo meno veloce rispetto alle andature tenute un mese fa, all'andata, con brezze impercettibili da anticiclone africano, che ci costringevano ad issare lo zero. Lo zero è il code0, che non amo perché laborioso da armare, e perché il pensiero della raffica inattesa che ti coglie con le braghe calate mi rende nervoso con tutta quella tela a riva. Poi lo zero limita le andature, porta solo dalla bolina larga al lasco, e rende necessario strambare e non virare. Quindi lo avverto come un vincolo, e non lo amo.

Adesso siamo a Lussino, attraccati ad un moletto pirata lungo la passeggiata che porta in paese e sto aspettando i due piedidolci, come tra me e me ho iniziato a chiamarli, che sono andati appunto in paese a fare cambiavalute e gelato. Non ne perdono una, di passeggiata, questo è certo, e sempre in coppia; mai che uno di loro mi dica “vengo con te” quando invece sono io che manifesto di scendere a terra per le normali necessità. Mai che uno di loro si prenda cura di me o della barca, senza che sia io a chiederlo; mai un gesto di cortesia (ti prendo un succo di frutta?) o di sollecitudine o di semplice gratitudine per la crociera che gli ho offerto. Mi sento seccato, e naturalmente, come è nel mio carattere, non riesco a nasconderlo; sono scorbutico e non vedo l'ora che Pola sia in vista, perché è inteso che a Pola scenderanno e faranno rientro a Trieste con il bus.

E' inteso: l'ho inteso io, veramente, visto che con il tempo cattivo che c'è stato ad Ilovik e che ancora ci sarà, il rientro per la rotta prevista, cioè Pola-Goro, non è pensabile, per lo meno non adesso. Certo, si stabilizzerà; ne sono certo, o almeno così mi dico, ma quando? In barca a vela non è bene avere fretta, e di certo questo è il suo bello; ma il suo bello cozza contro le normali abitudini di vita, e con il capoufficio che non aspetta.

E' inteso che a Pola salirà a bordo un altro amico, per accompagnarmi a Goro senza fretta. Così Pola diventa una meta importante, ma di mezzo c'è il Quarnaro, che all'andata lo abbiamo attraversato con lo zero e con le brezze, e che invece adesso ringhia e ci mostra i denti, fra la Bora ed il Maestrale, e ci aspetta con cieli scuri di nuvole e di pioggia. Lo so perché il sito che guardo e che non ne sbaglia una, me lo anticipa da un paio di giorni.

Arrivano, finalmente, i piediteneri, con dell'uva comprata a Lussino; il cambiomoneta eccetera sono andati a buon fine, e possiamo prepararci a salpare, con l'idea di fermarci stanotte nella baia di Artaturi, nella parte nord del golfo di Lussino, oppure di uscire in mare aperto e dirigere direttamente su Unje, vento permettendo.
Unje mi piace, e lo considero un ridosso sicuro; la Bora che è in arrivo stanotte mi piacerebbe passarla ai gavitelli, mal che vada se si deve stare fermi si sta in un bel posto. Anche loro sono d'accordo, tutti consideriamo che il Quarnaro sarà a tiro di traversata non appena il tempo migliorerà e così si fa rotta verso Unje. A motore, perché appena usciti dalla baia, incrociamo inutilmente per diversi minuti, cercando la brezza; ma niente, il Maestrale che questa mattina ci aveva spinti a 10 nodi, da Ilovik fino a Lussino, si è sgonfiato, il mare è un olio, solo un po' di onda lunga, e già il cielo tende a scurirsi e allora dài Mercury, e dài gas, e dài benzina.

La rotta è “strumentale” basata unicamente sul GPS, perché senza il vento che ti dia una direzione, navigando solo a motore, l'isola di Unje, che è visibile sullo sfondo, è solo una massa scura e non si capisce dove sia la baia. Ma comunque ben prima di sera entriamo in rada; il solo gavitello che sembra libero è parecchio-troppo vicino ad una barca già ormeggiata. Lo prendiamo comunque, giacché non sembra che ci sia altra scelta, ma mentre ci stiamo legando, il tipo che riscuote, da un gommone, la tassa di ormeggio, ci consiglia:
“Quel gavitello è fuori posto, una barca grande l'ha spostato, lo dico per voi, è meglio cambiare, c'è un gavitello libero là verso riva, per voi che pescate poco”; e così si molla il vecchio e si prende il nuovo, e di nuovo a lavorare di cime e di nodi. Poi faccio un tuffo di festeggiamento, è un po' tardi ma la sera è tranquilla, l'ormeggio è bello, e si sta bene, ed intanto Elena mette su l'acqua per la pasta.
Una grossa bitta in pietra, a terra, mi attira, vorrei portarci una cima e tonneggiare la poppa, ma in realtà non ci servirebbe a nulla. Peccato, il tonneggio mi diverte, ma per stasera abbiamo lavorato abbastanza.

La sera è calma, facciamo un po' di musica sul ponte con il tablet; ad Ilovik ieri abbiamo passato una piacevole serata, con la musica, ed io facevo il DJ chiedendo agli altri di indovinare il pezzo dopo le prime note. Stasera invece sono un po' scarico e contrariato, per via della smotorata, e dopo qualche brano decido di andare a letto.
Spogliarsi sottocoperta è piacevole, accendo brevemente le luci interne, ho spazio in abbondanza (sono solo nello scafo di sinistra, che è ormai “la cabina armatoriale”) e la cuccetta è accogliente, per quanto il sacco a pelo sia ormai un bel po' salato, dopo oltre un mese. Dopo, in mutande da notte e maglietta, mi caccio dentro il sacco, al calduccio, e leggo Salgari dal tablet, la schiena appoggiata al blocco cucina e le gambe incastrate contro la murata opposta.

Stanotte e domani, lo so, sarà brutto tempo, fino alla tarda mattinata; ma le previsioni mi suggeriscono la possibilità di passare il Quarnaro, aggirando da nord la punta di Unje, sfruttando la bora (o borin) del mattino, per poi poggiare, così che quando il vento diminuirà, come prevede il sito, lo avremo al lasco. Di certo sono congetture che faccio da solo, perché i due piediteneri non se ne interessano affatto, delegando tutto allo skipper; e questo, nel caso specifico, mi inorgoglisce e mi stimola ad essere audace e prudente al tempo stesso. E' la responsabilità del comandante, che mai forse in vita mia ho avuto così netta e chiara.

Nella notte piove un po'; al mattino facciamo colazione alla svelta, sul ponte bagnato. Nel ridosso si sta bene, non tira vento, ma fuori si vedono le ochette, chiaramente di bora, il cielo verso Nord è scuro, e non promette niente di buono, ma mi fido del “mio” sito meteo ed alle 8.40 leviamo gli ormeggi e navighiamo verso nord, issando tutta tela, nella previsione che il borin non duri molto.

Avvicinandoci al capo, invece, il vento aumenta, il mare anche, e prendiamo la prima mano alla randa, tenendoci un po' sotto Unje per riparo dal mare. Ad ogni bordo mure a sinistra di questa bolina, quando ci avvicinamo a Losinj, che ormai quasi quasi diventa Cres, il mare è più grosso, e fa proprio un po' di timore. Ma la presa di terzaroli viene liscia come un biliardo, l'equipaggio è tranquillo e lavora con calma e precisione, la randa scende di quel tanto che serve, viene tesata la borosa, e poi su di nuovo con la drizza ed il winch, e poi si recupera la scotta e la vela è a segno, e via verso le onde.

Risaliamo ancora ben oltrela punta settentrionale di Unje: trovarsi a venire scarrocciato dal mare su quegli scogli affilati è una prospettiva orribile, il vento è oltre i 20 nodi ed il mare di conseguenza. Stranamente però, mi sento del tutto tranquillo, mi sembra proprio di essere in una situazione familiare, e d'improvviso capisco perché: è una situazione molto simile al Pelèr di Campione, l'intensità del vento, il colore delle onde e dell'acqua, i frangenti bassi e cattivi, forse anche l'odore dell'aria fredda e asciutta, che sa di terra; tutto ciò mi è familiare, e mi sento a mio agio, non ho timore, e sono quasi contento.

Oltrepassato il promontorio, finalmente si può poggiare, e subito mi accorgo che la barca è soprainvelata e tende un po' a staccarsi dalle onde ed a saltare, proprio come un windsurf. Perciò mi porto ancora un po' all'orza, ma so che sto puntando fuori rotta, e che così non arriveremmo a Premantura, ma ben più a Nord, e che devo decidermi a prendere la seconda mano. Ma mentre sto per comandare la manovra, mi volto a guardare verso nord, ed è impressionante, il cielo è tutto nero, per 180 gradi almeno di orizzonte; fin' adesso guardavo verso sud ovest e non me ne rendevo conto, ma lo spettacolo fa veramente impressione, per non dire paura.

Non ho neanche un attimo di dubbio: si torna indietro. Il Quarnaro con la bora ed il temporale, no grazie. La virata si riesce a compiere bene anche con la prima mano, e mentre risaliamo di bolina, quasi esattamente sulla nostra stessa traccia di GPS, mi accorgo che il vento cala rapidamente. E' tutto secondo la previsione meteo, vista stamane, ma invece non è affatto come la avevo intesa io stamattina; avevo pensato che con il calare del vento il maltempo sarebbe passato, e invece adesso sono certo che almeno un temporale sia imminente. Dietro front, quindi, non ci sono dubbi su cosa fare, si torna al gavitello.

Scendiamo al lasco, l'andatura è veloce, ma si naviga con calma e senza timore, nel vento ormai debole; mi sento del tutto rilassato, quasi svuotato, mi rammarico un po' del dover tornare indietro e delle 24 ore che perderemo, ma al tempo stesso sono soddisfatto, per come abbiamo e soprattutto per come “ho” gestito la situazione, con calma e senza stress; c'è anche la soddisfazione di averci comunque provato. E ci stringiamo di nuovo verso Unje per sfuggire un po' alle onde, in calare, ormai, ma è meglio evitarle.

Incrociamo una barca grande che naviga verso Nord a motore, e ci salutiamo; erano anche loro ai gavitelli di Unje, e nello sguardo del timoniere leggo rispetto, forse quasi ammirazione per noi che abbiamo tentato. Forse; magari me lo invento io, forse è la mia soddisfazione interiore che mi incanta, ma la sensazione è proprio quella, e sono contento, e sono fiero della mia barca e del mio equipaggio; e sono fiero del capitano.

Sono proprio contento. Si torna a ridosso, il Quarnaro ci ha respinti, ed io sono contento.


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 Oggetto del messaggio: Re: Il Quarnaro
MessaggioInviato: 18/11/2013, 14:20 
già il segreto secondo me e penso anche per voi è anticipare
cambiare il fiocco,prendere i terzaroli,tornare in porto,sempre prima
che sia necessario
è difficile il calcolo ma nel dubbio agire subito


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 Oggetto del messaggio: Re: Il Quarnaro
MessaggioInviato: 19/11/2013, 11:02 
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Iscritto il: 16/02/2010, 15:13
Messaggi: 3529
el quarnro el ze curto, ma al ze pezo del turco

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