Marinai di Terraferma

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 Oggetto del messaggio: i pigrotti del tiki: crociera 2013 parte IV
MessaggioInviato: 12/11/2013, 23:20 
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Iscritto il: 16/02/2010, 15:13
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chiedo scusa se non ho mai risposto :oops:


- io molto spesso dormivo in quadrato A: perché si dorme meglio e passo un paio di settimane in barca, vuoi non dormire sotto le stelle ed ascoltare lo sciabordio delle onde? B: ho il terrore che i bambini sonnambulino, così, se si svegliano mi calpestano

... quando Yanez si addormentava con Maya nella loro cabina a prua, dormivo felice sulla panca e se tirava vento oppure era umido, mi rifugiavo nella mia cabina di poppa e chiudevo il passauomo dei bambini con un ferro verticale che ne impediva il passaggio. Quando Yanez rompeva e non voleva dormire con la sorella o da solo, Maya dormiva nella mia cabina e io con Yanez, ma era un inferno perché in due non ci si sta. I bambini dormono comodi, ma io supero il quintale e per me dormire con Yanez in cabina è una tortura- Violanda invece dorme abitualmente con il piccolo Emir nella cabina di prua.

e' chiaro che visto il procedere degli eventi, le cose devono essere ragionate, per cui sto attrezzando una cabina matrimoniale sulla terrazza di prua con tenda a prova bora perché sarà anche campeggio nautico, ma dormire e è sacrosanto e con la propria donna è doveroso. i bambini dormiranno nelle restanti tre cabine.
N.B. c'è ancora la cucina libera per un eventuale ospite :lol:

P.S: oggi abbiamo scoperto che è femmina. Si bilanciano i conti :D

joe: devo riguardare le date del diario, ma rileggendo i tuoi appunti credo ci siamo incrociati più di una volta senza vedersi. In particolare se leggi quanto segue, credo tu fossi ad Ilovik, quando hai beccato il tempo e noi eravamo a Veli Losinj, qualche miglia più a nord.
non ti sei innamorato di sKarda?


e alla fine qualche foto
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- Il compleanno di Maya

Domani è il compleanno di Maya. 12 anni. È un compleanno importante e Maya parla della festa per il suo dodicesimo compleanno già da qualche mese. Purtroppo lei appartiene a quella fetta di bambini che compiono gli anni in estate. Compleanni con date assurde, improbabili, per cui è davvero impensabile organizzare una festa con tutti gli amichetti e i compagni di classe, che con ogni probabilità sono sparsi in giro per il mondo, tra campeggi estivi, colonie e vacanze di vario tipo. Maya ci soffre e ogni anno cerchiamo di fare in modo che il suo compleanno sia speciale comunque, anche senza festa con amichetti e compagni. Decidiamo di dirigere sull'isola di Ist. L'isola non è né grande né turisticizzata, ma contiamo di trovare un buon ristorante dove mangiare un piatto speciale, trovare una pasticceria, perché un compleanno non né ben festeggiato senza torta al cioccolato, e soprattutto il vento ci spinge verso il porto settentrionale dell'isola, per cui decidiamo che il destino ci vuole e ci ha dato un appuntamento proprio lì. Con qualche difficoltà, ormeggiamo ad un minuscolo molo di pescatori che poco mi convince, ma dopo aver perlustrato il fondale con la maschera trovo, con mia grande soddisfazione, due corpi morti, dove filo un paio di cime e a quel punto il nostro ormeggio è a prova di bomba e sufficientemente comodo perché i bambini possano scendere e salire dalla barca a loro piacimento, quando vogliono fare i tuffi nell'acqua straordinariamente trasparente di Ist. Preparo la tenda sulla barca, apro un ombrellone sul molo, e mi siedo.
Con una birra in mano a guardare i bambini che fanno i tuffi, mi sento l'uomo più felice del mondo.
Nell'isola non girano le macchine e l'arrivo del traghetto è, come in tutte le piccole isole, l'evento più importante della giornata. Stasera però, c'è grande attesa, perché con la nave arriverà una grande star locale, che terrà un concerto nella città principale dell'isola, per altro anche l'unica.
Ist è disegnata come una farfalla, con due grandi ali triangolari che si toccano al centro su un corpo piuttosto corto, disegnando due ampie baie. Ad un'estremità del corpo c'è il paese, un marina e il porto turistico; all'estremità opposta, distante solo qualche centinaio di metri, ci siamo noi e il molo del traghetto.
Passeggiamo lungo lo stretto viale alberato che ci porta in paese e carichiamo il passeggino di Emir come una carriola, con le taniche dell'acqua per fare il pieno. Facciamo la spesa e poi Violanda si reca alla posta per prelevare soldi. Io aspetto in un bar del paese che ricorda davvero le osterie delle mie parti. La cameriera conosce tutti gli avventori e sa benissimo come comportarsi con ciascuno di loro. Seduto al mio posto, mi godo i goffi tentativi di seduzione di qualche avventore più attempato o le salate battute di qualcun altro che commenta le capacità sessuali del compagno seduto al tavolino. Mi sembra davvero un cliché che si ripete uguale in ogni osteria e non so perché, ma mi sento subito a casa. In posta c'è un ritardo, perché l'unico impiegato è dovuto correre al traghetto per inviare la corrispondenza e a Violanda tocca aspettare. Maya e Yanez, fanno la spola, correndo tra le viuzze dall'ufficio postale al bar, mentre io dondolo Emir nel passeggino, con il piede appoggiato sulla ruota. Anche lui sembra essersi perso nelle chiacchiere degli avventori e prima che ce ne accorgiamo si addormenta pacifico, col suo ciuccio in bocca.
La notte siamo tenuti svegli da molte barche che vanno e vengono. Deve essere un evento davvero importante il concerto di stasera. Alcuni sono discreti, altri, come spesso accade, sono dei veri cafoni cui poco importa se qualcuno sta dormendo e saltano in barca, urlando e non prestano la minima attenzione ai vicini di ormeggio.
Ma oggi è il grande giorno. Oggi si festeggia il dodicesimo compleanno di Maya. I tuffi e le consuete nuotate mattutine finiscono prima del solito, perché bisogna tirasi tutti a lustro e andare al ristorante. Lungo la via continuiamo a chiederci che cosa mangeremo. Io vorrei mangiare pesce, Maya le lasagne, anche se dubito che potremo trovare lasagne a Ist. Se abbiamo fortuna forse c'è il maialino che gira sullo spiedo, d'altronde è domenica. Arrivati in paese subiamo una cocente delusione. Di tutti i ristoranti del paese (tre) non ne è aperto nemmeno uno. L'isola è molto piccola e probabilmente la scarsa affluenza di pubblico non giustifica un'apertura per il mezzogiorno. Si apre solo alla sera, ma per noi è molto difficile muoversi alla sera, perché i bambini sono stanchi e non riusciamo a gestirli. Normalmente mangiamo qualcosa in barca e poi tutti a nanna prima che venga buio. I bambini vivono giornate impegnative e prendono sonno, per grazia di mamma e papà, prima delle nove. Con le pive nel sacco ce ne torniamo in barca e Violanda improvvisa un pranzo con quello che c'è in sentina. Tutti mangiamo un po' con il broncio, ma Maya è davvero dispiaciuta. Anche a me vengono brutti pensieri e mi viene da rimuginare se per accontentare le nostre voglie di girovaghi, non stiamo sacrificando alcuni diritti dei bambini. Continuo a masticare amaro durante il pranzo e scambio poche parole malvolentieri con i commensali.
La giornata è molto calda. I bambini hanno camminato parecchio, prima fino in paese, poi in cerca di un ristorante e poi di nuovo in barca. Fortunatamente la strada che va dal porto del traghetto al villaggio è alberata e il sole ci ha risparmiati. Ciononostante Yanez ed Emir mostrano segni di stanchezza e non oppongono grande resistenza quando li addormentiamo e li sdraiamo nelle cuccette.
Il catamarano è ormeggiato ad un molo che ospita caicchi locali nel ventre di vacca di una profonda baia nel versante nord dell'isola. All'entrata della baia, c'è il lungo molo di cemento dove attracca il traghetto di linea e i piloni di cemento si perdono nel blu del mare. Il molo di cemento sembra proprio un ponte proteso verso l'infinito e come ogni molo sembra tracciare un confine tra il certo e l'incerto, tra lo stare e il partire, tra il finito e l'infinito. Questo molo in particolare, ha profonde zampe che sprofondano nell'acqua trasparente e ampie arcate tra una zampa e l'altra. La giornata è molto calda, i bambini dormono e il pranzo è stato leggero. Propongo a Maya di prendere maschera e pinne e andare ad esplorare le profondità del mare sotto il molo. Affrontiamo la distanza che ci separa dal molo, camminando sul cemento rovente della stradicciola, poi indossiamo maschera, pinne e ci tuffiamo. Lo spettacolo subacqueo è sorprendente e da tanto tempo oramai non avevo più occasione di ammirarlo. Oggi sono particolarmente soddisfatto, perché la sinusite che per anni mi ha tormentato, sembra avermi abbandonato e finalmente posso immergermi di nuovo senza soffrire, fino a 10, 15 metri di profondità. Le zampe di cemento del molo sono un miracolo di vita e ospitano pesci e molluschi di ogni natura. Mi diverte immergermi fino al fondo, cercare qualche conchiglia, una stella marina o un piccolo tesoro del mare e poi risalire lentamente a pancia in su per mostrare a Maya ciò che ho trovato.
Sono molto orgoglioso dei progressi della bambina. Quest'anno sono finalmente riuscito a farle indossare maschera e boccaglio e con un po' di pazienza, Maya ha finalmente provato a immergersi un po' sotto il pelo dell'acqua e ha capito come funziona la compensazione per le orecchie. Passo importantissimo per un novello sub.
Sotto di noi volano nugoli di castagnole, saraghi, salpe e lungo le colonne di cemento, albergano stelle marine, ricci, paguri e scorfani. Più volte esorto Maya ad immergersi, ma il blu dell'abisso la trattiene e la piccola sub non si spinge mai oltre il metro di profondità.
Allora ci portiamo verso la scogliera, dove le dimensioni sono più vicine a quelle di un bambino e provo a farle toccare qualche sasso un po' più profondo, ed effettivamente Maya riesce a spingersi un po' più giù, anche se con molte esitazioni.
Non voglio insistere, non voglio forzare la mano, ma mi piacerebbe davvero che Maya superasse i suoi timori e riuscisse ad immergersi. Poi, mentre si sta preparando per la capriola di un nuovo tuffo, il boccaglio le sfugge di mano e rotola lungo i massi della scogliera fino a cinque, sei, forse sette metri di profondità. Io e Maya ci guardiamo per un attimo con la testa fuori dall'acqua. Un po' scettico le chiedo:
- vuoi provare a recuperarlo tu?
Ben sapendo che difficilmente Maya avrebbe raggiunto quella profondità oltre le aspettative.
Con mia sorpresa, Maya risponde decisa – ci provo io. Respira calma come le ho insegnato. Si tiene a me, un po' per appoggiarsi, un po' per cercare conforto. Le stringo forte la mano e lei, con la mano sul naso per compensare, fa la capriola, butta fuori dall'acqua le pinne e si immerge. Scende un paio di metri, poi inarca la schiena e ritorna in superficie. In effetti me l'aspettavo. Sette metri sono forse un po' troppi per lei. Faccio per immergermi a mia volta ma lei mi ferma con una mano sul petto. - ci provo io.
Ancora una volta respira calma come le ho insegnato, poi si porta la mano al naso, scalcia le pinne fuori dall'acqua e si capovolge per scendere e va giù due, tre, quattro, sei metri. Manca un soffio perché riesca a prendere il boccaglio, ma Maya si ferma e io penso che tutto sommato è già stata brava così e che il boccaglio lo recupererò io e che non devo insistere. E proprio mentre penso queste cose, con un altro colpo di pinna e con il braccio completamente steso, Maya affonda la mano e afferra il boccaglio con la punta delle dita. Risale con il braccio alzato, finché spunta fuori dall'acqua, stringendo nel pugno il boccaglio. Spontaneamente mi viene da abbracciarla, gesto che raramente ci scambiamo e che stupisce entrambi.
In fondo è proprio questo, il migliore regalo di compleanno che Maya potesse farmi.
Violanda ci ha raggiunto con il resto della ciurma e ci tuffiamo dal molo di cemento del traghetto, nel mare trasparente, in mezzo ai nugoli di castagnole e di saraghi, tra le stelle marine e i ricci di mare, felici e un po' più grandi.

- “νόστος”: il ritorno
Il giorno successivo siamo ancora ormeggiati al porto di Ist. Il posto è davvero tranquillo e ridossato e ormai anche i bagnanti abituali e gli abitanti dell'isola sembrano essersi abituati alla presenza di Tomtom. Le signore che vengono a prendere il sole sulla mini spiaggia a fianco al nostro ormeggio, stravedono per Yanez, che si tuffa dal molo e per Emir che fa il bagnetto nel bagnasciuga e regala ampi sorrisi a tutti. Maya sugli scogli raccoglie telline per la pasta e io chiacchiero a lungo con un vecchio pescatore, che ogni mattina esce all'alba e ritorna prima del mezzogiorno. Mi racconta in uno splendido italiano, la vita di una minuscola isola, i problemi per la normale sopravvivenza e lo spopolamento dovuto alla fame di lavoro. Lo scorso anno è stata chiusa anche la scuola elementare e non c'è nulla di peggio per segnare la fine di una piccola comunità, che eliminare l'istruzione, che ancora viene considerata uno spreco di denaro. E questo vale anche al di fuori delle piccole comunità.
La sera stessa, Violanda prepara una pasta con le telline, che Maya ha raccolto e che io ho curato seduto in acqua, con la ciotola che galleggia davanti a me e poi ci stendiamo in pozzetto a chiacchierare. Qualche rara coppia passeggia fino al molo per godere della frescura serale, ci saluta e si incuriosisce della nostra tranquilla famiglia vagabonda.
Violanda sfoglia il 777 e io sorseggio birra tiepida, mentre Maya gioca in cabina con Yanez. Emir nel suo passeggino ci guarda con le ciglia aggrottate e tira due colpi di ciuccio più secchi, quando vuole sottolineare un aspetto importante della conversazione.
Bisogna decidere sul da farsi. Ormai siamo in quest'isola da tre giorni ed è ora di partire. Ormai la strada per il sud è aperta. Dugi otok è a poche miglia e da lì le Kornati non sono lontane. Qualcosa però mi frena e mi trattiene. La meteo è stata fin troppo clemente con noi e ci ha regalato venticelli gentili e notti pacifiche. Mi sembra strano che tutto vada così liscio. Soprattutto continuo a pensare che ogni miglio che le nostre chiglie lasciano dietro di loro, sulla rotta verso sud, diventa un miglio in più, sulla rotta per tornare a casa. C'è poco da fare, devo ammettere che sono in ansia per i bambini. Eppure nessuno sembra stare meglio di loro e il ritmo della crociera sembra addirittura giovare ai piccoli. Mai hanno sofferto per il mare e grazie alle mille premure di Violanda, il caldo non è mai stato un problema. Abbiamo fatto in modo di navigare nelle ore più fresche della giornata, salpando col buio e atterrando prima che il giorno fosse maturo. In quadrato l'ombra è sempre stata garantita dalle vele o da un ombrellone spalancato sotto cui ripararsi, che ha danneggiato irreparabilmente l'efficienza delle andature e che probabilmente ci ha reso ridicoli con tutte le barche che abbiamo incrociato, più simili a bagnanti ferragostani che a marinai. Il sonno è sempre stato cullato dalle onde o dal ronzio monotono del fuoribordo. Insomma i bambini non rappresentano un problema e anzi godono della crociera più di noi. Emir sorride sempre, gioca con le drizze e sguazza felice in acqua. Yanez dice a tutti quello che devono fare durante la navigazione. Maya legge, fa un bagno al traino, pesca qualche infelice scorfano e sopporta Yanez.
Quando ormeggiamo Violanda si mette a prua col mezzomarinaio, Maya tiene Emir nel suo ovetto e Yanez si pianta nudo e crudo, vicino alla madre sulla coperta di prua, appoggiandosi ad un remo più alto di lui. Poi getta in mare le cime, già bene raccolte e pronte per essere lanciate per l'ormeggio, spinge la barca con il remo allontanandola dal molo, insomma ce la mette tutta per intralciare le manovre e rendere difficile quello che potrebbe essere facile.
Non sarebbe giusto che loro dovessero pagare un capriccio dei genitori.
Maya negli ultimi giorni è stata un po' più ombrosa. È rimasta molto delusa per non aver potuto festeggiare il suo compleanno e allora abbiamo deciso che eccezionalmente, il suo compleanno durerà una settimana e che ogni giorno cercheremo di festeggiarlo in modo diverso. Però ha già letto tutti i libri che si era portata in crociera e si consola solo pescando dal molo, qualche triste scorfanetto. Facciamo i tuffi dal molo, andiamo in giro con la maschera insieme, ma è molto il tempo che devo dedicare agli altri due, perché se io sto con Maya, Violanda si trova con Yanez che non ci pensa un attimo a tuffarsi in mare ed Emir che ancora non cammina e Violanda non sa nuotare. In pratica riesco a dedicarmi a Maya solo se Yanez dorme, ma per guadagnare ore di navigazione fresca, mi alzo quasi tutte le mattine alle cinque e quando Yanez dorme, anch'io in genere sono sospeso tra la vita e la morte, sparpagliato su una panca sotto la tenda a tentare di ricomporre i pezzi di me stesso e di digerire il pranzo di Violanda.
Dopo qualche anno di crociera oramai mi è chiaro un concetto. Andare in barca non è né rilassante né riposante. Sfianca.
Di notte si dorme poco, con un orecchio sempre attento a captare un rumore sospetto o un cambiamento del tempo. Di giorno, il movimento della barca costringe sempre a bilanciare col corpo lo spostamento di peso. Andare in barca sfianca. Se poi aggiungiamo tre bambini, la crociera diventa una prova di sopravvivenza e si moltiplicano le attenzioni e gli accorgimenti che durante la navigazione bisogna usare.
Navigare non è riposante, non è rilassante e qualche volta arrivare in porto è un sollievo. Ma è un modo per allungare la vita e dilatare il tempo, quando nelle fredde notti invernali, prima di chiudere gli occhi, il ricordo va all'immagine di Yanez, che nudo sulla coperta di prua, a fianco della madre brandisce il remo come un mezzomarinaio; alle risate di Emir che gioca con le drizze dell'albero e alla sagoma di Maya che fa le capriole tra le castagnole nel blu profondo.
E mi addormento col sorriso.

Violanda alza lo sguardo dal 777 e lo chiude sulle ginocchia.
- tu vuoi tornare non è vero?
Come è strano. Voglio tornare. La barca è efficiente, l'equipaggio è in forma, abbiamo ancora molti giorni davanti a noi e io voglio tornare.
Sono il comandante della mia barchetta e della sua ciurma e ho paura di approfittare troppo della benevolenza che il mare e il vento finora ci hanno riservato. La strada è ancora lunga verso casa e tutto è andato fin troppo bene. I bambini stanno bene e tutto è filato liscio.
- sì, voglio tornare.
Avessi saputo quanto quell'eccesso di prudenza ci sarebbe costato, sicuramente avrei diretto la prua verso sud, ma come si sa, del senno di poi son piene le fosse.
La mattina successiva sistemo quegli appunti che avevo tralasciato prima della partenza, per quella che doveva essere una crociera di un paio di giorni, massimo tre. Quando il mare monta, le onde sollevano la nostra vanuia, appoggiata tra le traverse, allora fermo il pozzetto con due blocchi di legno, ricavati da un bancale abbandonato sul molo di Ist. Cerco di ridurre le odiose vibrazioni del fuoribordo, inserendo delle scarpe di gomma recuperate dal mare, tra il supporto del motore e la traversa in legno, sistemo un coprigavone, con delle viti trovate fortuitamente da Maya lungo il molo e al pomeriggio del giorno successivo, approfittando di un venticello favorevole, la nostra rotta dirige verso l'isola di Premuda, sulla rotta verso casa.
Placidi ci avviciniamo alla nostra destinazione e alle spalle contemplo il varco che separa Ist da Skarda e che rappresenta il corridoio d'entrata per Dugi otok e poi per le Kornati. Anche i Greben sfilano a poppa e si allontanano sulla nostra scia. A sud del Quarnaro, lungo la Dalmazia, il mare ha un colore diverso e tutto sembra essere più facile. Le distanze tra isola e isola non sono mai troppo impegnative e trovare un ridosso è molto più semplice e immediato. Anche gli elementi sono molto meno furiosi. La bora soffia con meno intensità e meno frequentemente e i temporali e i neverin sono rari.
Credo che però sia il profumo delle isole, ad essere diverso. L'aria è quasi colorata e si possono assaporare mille odori e la sensazione unica di essere persi in mezzo al mare, su uno scoglio galleggiante. Le isole offrono non solo riparo, ma sembrano coccolarti e offrirti rifugio nel loro abbraccio, mentre fuori il mare incessante borbotta il suo ritmo cadenzato e mai uguale.
Le nostra rotta ci porta verso il Quarnaro, dove non si può mai stare troppo tranquilli. A Premuda ormeggiamo all'interno dell'angusto porto, ben protetti dal molo. Per scrupolo di coscienza mi tuffo in acqua e lego una cima ad una catena che attraversa tutto la larghezza del porto. Sistemo Tomtom, mentre Violanda e i bambini vanno in spiaggia. È sempre una grande soddisfazione lasciare la barca, sapendo che è ben ormeggiata al sicuro e in ordine. Faccio un bagno anch'io giocando con i bambini tra le onde sulla spiaggia, ma la navigazione ha messo fame e sete. Ci laviamo e ci prepariamo per la serata. Il Giorgiolano, nostra fedele guida nello zingarare per la Croazia, completa magistralmente le notizie del 777 con curiosità, note di colore ed esperienze del suo navigato autore e offre una corposa appendice, sulle migliori offerte enogastronomiche locali. Di Premuda, il Giorgiolano parla benissimo per quello che riguarda un ristorante che si affaccia proprio sul porticciolo. È tantissimo che non ci sediamo a mangiare in un ristorante, ma i bambini stasera sembrano essere tranquilli e perfino Yanez, eccezionalmente sembra non voler lanciare oggetti attraverso la sala o rovesciare sedie e piante mentre si fa rincorrere da Maya. Sembra affamato e si siede composto, sfogliando il menù che regge al contrario. D'altronde Yanez non sa leggere.
Decidiamo di accompagnare la Ozujsko gelata con un antipasto, giusto per testare i commenti espressi dal Giorgiolano. Come se ce ne fosse bisogno. L'antipasto è decisamente all'altezza delle aspettative e mentre mi concentro sul carpaccio di pesce e sul polpo in saor, per non perdermene nemmeno un dettaglio, sbircio la griglia dietro il banco dove il cuoco armeggia con delle orate.
Secondo me per cucinare bene, è fondamentale che al cuoco piaccia. La qualità e la quantità ingredienti che sceglie un buongustaio sono necessariamente diversi, da quelli che sceglierebbe un cuoco magro e la pancia del cuoco dietro il banco, mi convince sulla qualità della sua cucina.
Da tempo non ci permettiamo un ristorante, perché spesso si mangia fuori più per pigrizia che per voglia. Violanda cucina molto bene e succede troppe volte di alzarsi da tavola scontenti per la qualità della cucina e per il conto, senza contare che il più delle volte capita di mangiare a turno, mentre l'altro rincorre i bambini per la sala o li culla per calmarli. In barca tutto sommato non ci manca niente e gestire i bambini è molto più semplice. Questa volta tuttavia sembra valga la pena rischiare, tanto più che i bambini sono ipnotizzati da una fritturina di pesciolini deliziosi e anche Emir si dà da fare con i micro filetti che gli preparo e gli servo sul piatto, sotto l'occhio vigile della madre che controlla il diametro massimo delle lische destinate all'infante, che intanto dal canto suo, caccia in bocca il cibo con due mani, evidentemente preoccupato che i fratelli glielo possano finire.
Non serve soffermarsi sui dettagli dell'orgia di pesce e scampi alla griglia che è seguita agli antipasti, né sugli assaggi di grappe locali che hanno concluso la serata, ma con il sole che scende a picco nel mare, mentre sgranocchio uno scampo e lascio impronte di sugo sul bicchiere della mia birra, mi viene da pensare: questa cena bisogna che proprio la ricordi nel nostro diario.
La mattina successiva un nugolo di zanzare piccolissime e oltremodo fastidiose, ci sveglia che il sole deve ancora sorgere. Poco male, tanto era in programma una levataccia, in modo da coprire qualche miglio prima che i bambini si alzino e prima che i sole diventi insopportabile. Una brezzolina mattutina ci spinge proprio verso la prossima meta e quasi portati dal destino, saliamo verso Ilovik. Da lì comincerà la lunga traversata che ci riporterà di nuovo verso Rab e poi a casa, ma se vuoi fare ridere gli dei, racconta loro i tuoi progetti per il futuro.
La traversata fino ad Ilovik è liscia e senza fastidi. Isso le vele appena fuori dal porto e navighiamo con una piacevole andatura fino alle nove del mattino. I bambini si svegliano, ma sono ancora un po' intontiti, per cui Violanda offre un po' di tetta ad Emir, per non si sa mai e io governo mentre mi coccolo Yanez in braccio. Ilovik diventa sembra più grande e Maya continua a dormire in cabina. Una volta imboccato il fiordo che porta in paese, si tratta di trovare posto, ma qui la faccenda si complica. Davanti al centro abitato, ci sono solo corpi morti e al molo del paese è impossibile trovare posto. Il nostro tender è ancora in possesso di Sergio e io non ho mai voluto comprare uno straccio di canotto, perché per una crociera di un paio di giorni, massimo tre, mi sembrava una spesa superflua. È impensabile pensare di sbarcare tutta la ciurma in paese senza un tender, ma neppure possiamo pensare di rimanere tutto il giorno in barca e in più le provviste cominciano a scarseggiare.
Dopo un paio di tentativi di atterraggio, si decide di cambiare meta, ma veniamo raggiunti da un avviso di burrasca.
Le previsioni meteo diramate dall'organo ufficiale, annunciano un forte neverin, con groppi provenienti da sud; a seguire bora scura.
Bisogna trovare un riparo e alla svelta.
L'andatura piacevole della mattina è sostituita dal rumore del fuoribordo che lavora a pieno regime. Scavalchiamo Ilovik e costeggiamo Lussino in cerca di un ridosso. Sfoglio il 777, ma sembra che ogni ormeggio della parte sudorientale dell'isola sia esposto alla bora. Continuo a salire lungo la costa e continuo a sbirciare le lancette dell'orologio. Nessun ridosso mi convince, ma il tempo oramai stringe e bisogna trovare riparo prima che sia troppo tardi. Alla fine decido per un ormeggio che secondo il portolano non è ideale in caso di bora, ma mi dico, che tutto sommato, con il nostro pescaggio, un buco per proteggersi, in fondo lo troviamo ed entro nel porto deciso.
Accostiamo il lungo frangiflutti di Uvala Rovenska, poco prima di Veli Losinj. Più che un molo è una passeggiata riparata da un alto muro. In effetti la profondità dell’acqua è davvero esigua persino per noi, ma soprattutto l'apertura non offre una convincente protezione dalla bora. Ormai è quasi mezzogiorno e non ho nessuna intenzione di trovarmi per mare con un colpo di vento a difendermi da acqua e vento in più il sole oramai è impietoso.
Ormeggio meglio che posso, portando due lunghi spring dalle prue lungo il molo, tanto quanto le cime lo consentono, ma per essere più sicuro, mi butto in acqua e trascino un'ancora a prua, poi individuo un masso incastrato sul fondo, dove poter organizzare una sosta in stile alpino e tirare una seconda cima subacquea verso poppa, che tenga la barca lontana dal molo.
Monto la tenda, poi penso, valuto, pondero, considero, ma oramai c'è poco da ragionare. È troppo caldo per mettersi per mare con i bambini e comunque, non ho individuato ripari decenti a breve tratto di navigazione. L'ormeggio è pensato nei migliori dei modi e anche se dovesse scatenarsi la buriana, meglio di così non si può fare. I bambini fanno il bagno e Violanda prepara il pranzo, io le faccio compagnia scrutando ansioso l'orizzonte. Passano le ore, ma di neverin o groppi, neppure l'ombra, tanto che mi cullo nell'idea, che forse, per una volta, per stavolta, le previsioni si siano sbagliate. A metà pomeriggio, decidiamo di fare una passeggiata fino a Veli Losinj. Il tempo sembra essere tranquillo e Emir deve dormire. Spingiamo il carrozzino, lungo le vie che portano al famoso e caratteristico centro dell'isola e ci sediamo a bere un caffè in un locale affacciato sul porto. Improvvisamente l'aria si fa scura e Violanda mi esorta a correre alla barca. Secondo me oramai il pericolo è passato, ma Violanda insiste e io per non sollevare discussioni l'accontento e ritorno alla barca di corsa, immaginandomi già come accoglierò l'arrivo della famiglia, stravaccato in pozzetto con un sorriso che sottintende, “te l'avevo detto che non succedeva nulla”.
Invece durante il ritorno comincia a piovere e in un attimo il cielo scarica tonnellate di acqua sull'isola. Mentre corro verso la barca, i bagnanti cercano di scappare dalla furia degli elementi e qualche ombrellone rotola lungo la spiaggia, mentre materassini e palloni gonfiabili volano alti nel cielo. Scavalco le ultime centinaia di metri e salto in barca a rifugiarmi sotto la tenda, anche se oramai sono fradicio, ma qui c'è ben poco da fare. L'ormeggio era stato progettato bene, ma precisamente la baia non offre riparo e la barca naviga contro le onde che entrano in porto, trattenuta dalle lunghe cime tirate a prua e dall'ancora che preventivamente avevo buttato qualche ora prima. La pioggia infradicia la coperta e sotto la tenda riesco a trovare riparo solo dietro alla randa, raccolta di traverso alla barca che offre rifugio dal vento e dalla pioggia. Me ne sto lì ad aspettare che tutto si calmi e spero che intanto Violanda e i bambini abbiano trovato riparo in qualche bar. Dopo una mezz'oretta, il neverin si è scaricato, ma la bora ha preso il suo posto, flagellando la baia e riempiendo l'aria di spruzzi. Mi raggiunge Maya, con la testa fasciata in una sciarpa per proteggere le orecchie, sempre un po' delicate dopo l'otite buscata in Grecia. La mamma e i bambini sono al riparo dentro un ristorante sul porto, poco lontano. Mi guardo ancora un po' attorno. Tutti i parabordi sono appesi allo scafo vicino al molo. Le cime sono bene legate e l'ancora non sembra voler cedere. Salto in banchina con qualche difficoltà e seguo Maya che mi porta dal resto della famiglia. Il mio equipaggio è al riparo all'interno del locale ed insisto con Violanda che cerchi un alloggio per la notte. Lei obbietta e non vorrebbe spendere soldi per una camera, ma sono irremovibile. È impensabile dormire in barca in quelle condizioni. Se anche la burrasca dovesse cessare, la coperta è fradicia e con i bambini sarebbe davvero difficile passare la notte, non voglio rischiare. Violanda si mette alla ricerca di una stanza, ma nessuno sembra voler affittare per una notte soltanto. Una vecchia, comprendendo la situazione critica di una mamma in difficoltà con tre bambini, si consulta col figlio in dialetto triestino, per non farsi capire da Violanda che le parla in croato: - quanto riusciamo a prendergli a questi qua – e propone una cifra oscena, realizzando solo dopo che Violanda capiva quello che si dicevano tra di loro.
Maya mi raggiunge nuovamente alla barca, dove sono tornato per avere sotto controllo la situazione. - la mamma ha trovato una stanza vicino al porto ad un prezzo accettabile.
Ottimo. Sbarco tutto quello che serve per la serata e lo consegno a Maya, poi mollo con cautela gli ormeggi, per portare la barca ll’interno del piccolo porto. Cerco di ragionare su quello che dovrò fare perché sono solo in barca, la bora soffia ancora forte e il mare monta contro il molo. Raccolgo tutte le cime in ordine e lascio per ultima la cima dell'ancora che mi trascinerà lontano dalla banchina. Dirigo verso il porto, butto l'ancora a poppa che mi servirà da freno e raccolgo con il mezzomarinaio le cime dei corpimorti comunali, nel posto lasciato libero da una grossa barca in difficoltà che ha abbandonato l’ormeggio. Getto una cima a Violanda che mi aspetta sul molo e lascio il catamarano abbondantemente lontano dal cemento del molo. Fisso la scaletta per il giorno dopo, rivedo ancora una volta ognuna delle 4 cime dell'ormeggio e saggio nuovamente l'ancora che ho lasciato filata a poppa, un po' per eccesso di cautela, un po' per poter scappare con più facilità in caso di bisogno. Mi butto in acqua per raggiungere la terraferma a nuoto perché è impensabile salire sul molo da così distante. Tomtom è saldamente ancorato un paio di metri dalla banchina e questa notte ballerà parecchio, ma da lì non si muove. La sua famiglia invece passerà la notte al riparo, dormendo dopo tante notti, su un letto vero.

La mattina successiva siamo svegli di buonora e bisogna decidersi sul da farsi. Splende il sole, ma il vento non ha mollato. C'era da aspettarselo; da queste parti il regime di bora dura almeno tre giorni, se va bene. Aspettiamo che apra il ristorante dove ieri sera abbiamo trovato rifugio. Non sono molto convinto di mettermi per mare. La nostra rotta dovrebbe proprio dirigersi incontro alla bora, ma neppure dove siamo ora il ridosso è buono e dobbiamo muoverci da qui.
Mi sento in trappola e non so che pesci pigliare.
Intanto il padrone del ristorante apre i battenti e ci offre un caffè caldo. Ha capito al volo la nostra situazione e sembra conoscere bene il mare. Gli chiedo informazioni sulla meteo, con una recondita speranza che non mi dica ciò che già so. Il vecchio mi guarda da sopra gli occhiali e mi indica le nuvole sopra il Velebit scuotendo la testa. Inutile che mi illuda, ma la barca dobbiamo spostarla da lì, in ogni caso. E allora che si fa? Il vecchio appoggia un pesante indice scuro sul 777. Le sue sembrano mani da pescatore piuttosto che da cuoco. Appoggia le dita della mano nel tratto di mare tra Cres, Rab e Losinj. - Qui nasce la bora, se vai qui trovi guai sicuri e tu hai una bella famiglia - mi dice in dialetto. Poi scorre il grosso indice lungo la costa occidentale di Losinj e di Cres - anche qui batte forte la bora, ma se risali lento lungo la costa, trovi ridosso e il mare è meno cattivo.
E sia.
Mi tuffo malvolentieri per recuperare la barca e il vento mi fa rabbrividire mentre raccolgo le cime e avvicino con cautela la barca al molo. Con qualche equilibrismo Violanda mi passa i bambini, il passeggino e i bagagli e riprende in malo modo Maya, che non presta abbastanza attenzione in un momento così critico. Una volta che tutti siamo a bordo salpo velocemente l'ancora per allontanarmi dal cemento della banchina e abbandoniamo il porto che per noi resterà la “uvala Neverin”. Losinj deriva da “loše”, che in croato significa “male”: per cui secondo una personale interpretazione di Violanda, noi eravamo a Veli Losinj, che in croato può significare “grande male”, nella baia della burrasca: uvala neverin, appunto. Penso quanti toponimi, in mare e in montagna, siano dovuti a episodi simili al nostro, accaduti a marinai e montanari di ogni tempo e mi viene da sorridere.
Usciti dalla bocca del porto, la situazione è meno grave di quel che pensassi. Ci mettiamo il mare dietro e scendiamo lungo la costa che ieri con apprensione abbiamo risalito, alla ricerca di un ridosso. Sono quasi tentato di issare la vela, ma non voglio forzare la mano al mio equipaggio e soprattutto voglio cercare un ridosso sicuro in fretta. Scapoliamo la punta meridionale di Losinj e cominciamo a risalire con fatica verso una profonda insenatura, qualche miglio più a nord, che dovrebbe consentirci di trascorrere una giornata al riparo dal mare e dal vento e una notte serena. Ora la situazione è cambiata e il mare ripido, diritto sul muso, non permette un'andatura superiore ai tre nodi. Sono molto teso, anche se non sembra essercene motivo, ma sono molto arrabbiato con me stesso per quello che è accaduto ieri. Non avrei dovuto lasciarmi imprigionare come un pivello in quella trappola. Avevo tempo e modo di prevedere, prevenire e risolvere, ma preso dall'ansia, mi sono lasciato incastrare dalla burrasca. Tutto è andato nel migliore dei modi, ma sono comunque seccato per gli errori grossolani che ho commesso. Ne parlo con Violanda, che continua a dirmi che non è colpa mia, che non è vero, ma è come se ci fosse una macchia nera nel mio curricolo di comandante. Dopo un paio d'ore, che mi sono sembrate eterne, entriamo nella baia che per fortuna ci accoglie come mi aspettavo. Subito all'interno della “passe” il vento cessa del tutto, bloccato dai rilievi dell'isola e le onde non possono entrare nell'angusta baia che lascia vedere la sabbia del fondo, attraverso l'azzurro trasparente. Un'ampia vegetazione offre ombra tutto attorno e noi filiamo un'ancora e ci leghiamo ad un albero della riva. Il paesaggio è quello tipico dell'Istria. Un fitto bosco di latifoglie scende fino al mare e si interrompe solo dove cominciano le rocce bianche e grige che si tuffano nell'acqua, lavorate da millenaria pazienza di onde e vento. Sono molte le barche ancorate attorno a noi, d'altronde oramai è agosto inoltrato e Losinj è una metà piuttosto frequentata.
Copro il quadrato con ombrelloni e qualche telo e finalmente dopo due giorni mi rilasso e mi torna il sorriso. Maya vorrebbe giocare o fare il bagno, ma io mi sento sfinito e mi sdraio in pozzetto a contemplare la superficie calma dell'acqua, mentre la bora urla minacciosa sopra le nostre teste. Al pomeriggio, molte delle barche abbandonano la baia e io porto il catamarano in spiaggia, zigzagando tra le barche che mi fanno cenni di prestare attenzione al fondo, ma io insisto, finché le prue quasi toccano la sabbia. Porto due lunghe cime a terra e filo altre due cime a doppino nella ragnatela di catene e corpi morti a poppa, avendo cura, come al solito, di lasciare la lunga cima dell'ancora filata a poppa per la fuga. La baia è davvero ben ridossata, ma dopo lo spavento di ieri, la soglia di attenzione è tornata molto alta e io voglio stare tranquillo. Mentre i bimbi dormono, io Maya passeggiamo per il bosco fino ad una specie di rifugio, raggiungibile solo a piedi. Bevo una birra e torniamo a prendere Violanda e il resto della ciurma per invitarli a cena. Mangiamo prestissimo, affamati dopo due giorni molto intensi e densi di emozioni e di paure e siamo a letto prima che faccia buio, perché domani sarà un'altra lunga giornata. Ma non immaginavo quanto lunga sarebbe stata.

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 Oggetto del messaggio: Re: i pigrotti del tiki: crociera 2013 parte IV
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Dovevo leggerlo, dovevo, adesso sono in ritardo, ma ne valeva la pena


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 Oggetto del messaggio: Re: i pigrotti del tiki: crociera 2013 parte IV
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Grande Tiki! Proprio bello e zingaresco!
Bravi tutti voi, aspettiamo presto il seguito.

Quella burrasca che racconti deve essere quella che su Wayra abbiamo passato ad Ilovik, quella del filmato che ho postato. Dopo siamo andati a Losinj, per fare viveri e cambiavalute, e poi ad Unje, per il salto del Quarnaro.
Ahimè, Skarda l'abbiamo saltata sia all'andate che al ritorno, :( le nostre tappe erano più lunghe, tutte di almeno 20 miglia :?


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 Oggetto del messaggio: Re: i pigrotti del tiki: crociera 2013 parte IV
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"Le previsioni meteo diramate dall'organo ufficiale, annunciano un forte neverin, con groppi provenienti da sud; a seguire bora scura.
Bisogna trovare un riparo e alla svelta."

Come facevi per le previsioni? Internet?


Ad Ilovik, dal lato est del "fiordo", di fronte alla estremità Sud del paese, c'è un moletto papabile per te, con di fianco il vecchio castello in rovina. Poi c'è anche il moletto del cimitero, se non sbaglio, dalla parte Nord. Certo ci vuole il tender per andare in paese.
Di certo, mentre ero lì bloccato dalla burrasca, pensavo proprio a te; e mi chiedevo se, con la faccia tosta che vi contraddistingue, e la parlata croata in più, vi sareste internati nel porto vecchio, questo:


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 Oggetto del messaggio: Re: i pigrotti del tiki: crociera 2013 parte IV
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margutte ha scritto:
c
P.S: oggi abbiamo scoperto che è femmina. Si bilanciano i conti :D



A Sabbioneta abbiamo lanciato una sottoscrizione per l'acquisto di una televisione :roll:


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 Oggetto del messaggio: Re: i pigrotti del tiki: crociera 2013 parte IV
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Paddy ha scritto:
A Sabbioneta abbiamo lanciato una sottoscrizione per l'acquisto di una televisione :roll:


:lol: :lol: :lol:

Comunque congratulazioni

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Lorenzo


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 Oggetto del messaggio: Re: i pigrotti del tiki: crociera 2013 parte IV
MessaggioInviato: 13/11/2013, 15:38 
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"P.S: oggi abbiamo scoperto che è femmina. Si bilanciano i conti :D "

Bene, congratulazioni!
Adesso, dopo Yanez ed Emir dobbiamo aspettarci Darma, Surama, o la Perla di Labuan? :D


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 Oggetto del messaggio: Re: i pigrotti del tiki: crociera 2013 parte IV
MessaggioInviato: 14/11/2013, 0:06 
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Jocondor ha scritto:
"Le previsioni meteo diramate dall'organo ufficiale, annunciano un forte neverin, con groppi provenienti da sud; a seguire bora scura.
Bisogna trovare un riparo e alla svelta."

Come facevi per le previsioni? Internet?

avevamo un tablet con scheda internet croata e ci basavamo su DHMZ http://prognoza.hr/tri_karta_e.php?id=t ... code=Baska credo sia abbastanza attendibile, aggiornamenti ogni sei ore e avvisi di burrasca segnalati. Poi un amico a casa che incrociava diversi siti e ci contattava via sms. Infine il naso.


Ad Ilovik, dal lato est del "fiordo", di fronte alla estremità Sud del paese, c'è un moletto papabile per te, con di fianco il vecchio castello in rovina. Poi c'è anche il moletto del cimitero, se non sbaglio, dalla parte Nord. Certo ci vuole il tender per andare in paese.
Di certo, mentre ero lì bloccato dalla burrasca, pensavo proprio a te; e mi chiedevo se, con la faccia tosta che vi contraddistingue, e la parlata croata in più, vi sareste internati nel porto vecchio, questo:
noi siamo arrivati in paese, come al solito cercando un posto, ma era agosto ed erano le undici di mattina. abbiamo trovato anche un posto al molo, ma come mi sono ormeggiato è arrivata una barca da pesca locale e ci ha fatti sloggiare. Avevo anche pensato di sbarcare famiglia e poi raggiungerli a nuoto, ma con i bambini hai tempi limitati.
Per manovrare in porto, devi togliere tenda ed ombrelloni e non c'è neppure il vento della normale navigazione. Alle undici, il sole batte secco e non puoi permetterti di giocare mezzora in cerca di ormeggio, rischi un'insolazione. Per cui, quando ci hanno scacciato dal molo, ci siamo andati a trovare una baietta poco fuori dal paese, all'entrata orientale del fiordo. Lì abbiamo ancorato in spiaggia e l'idea era quella di passare le ore calde all'ombra degli alberi e poi raggiungere il paese, lungo un sentierino che avevamo visto dal mare e che conduceva in paese lungo costa. Però la spiaggia era invasa da vespe e saltando in acqua di corsa, con le crocs, per tirare una cima a terra, mi sono cavato un'unghia del mignolo e una fetta di polpastrello su un sasso. Insomma ci siamo innervositi. Sai quando ti sembra che tutto vada male? allora ho mandato tutto alla malora e mi sono messo per mare e mentre consultavo l'aggiornamento delle 12 su DHMZ, è arrivato l'avviso di burrasca e sono scapato in cerca di rifugio. Se me ne stavo lì probabilmente era meglio. anzi, se avessi ascoltato mia moglie, probabilmente me ne sarei rimasto in qualche baia protettissima e meravigliosa di dugi Otok ad aspettare che tornasse il bel tempo, invece, come un pollastro a difenderci dal brutto in Quarnaro. che mona. scherzi dell'ansia. Per quanto cerchi sempre di ragionare e imparare faccio sempre tante cappelle e mi viene da mangiarmi le mani se penso che invece con un po' di calma potrei starmene tranquillo a d aspettare in qualche bel porto protetto




Joe se hai saltato Skarda devi assolutamente metterla in programma per la prossima crociera. a noi, quell'isola deserta e il suo paese fantasma ha dato un senso di pace e di benessere che raramente abbiamo trovato. Sai quello che i latini chiamavano genius loci
OT:
In questi giorni, davanti al fuoco, continuo a pensarci e continuo a fantasticare con mia moglie che mi piacerebbe tornarci, costruire un riparo sulla spiaggia o appena dentro il bosco, una raccolta di acqua piovana e passarvi un periodo lungo di isolamento, una sorta di stazione di passaggio, dove sai che trovi: corpo morto marca notteserena, acqua dolce, magari qualche derrata di emergenza, birra, un posto dove accendere un BBQ, un'amaca all'ombra, un materasso, insomma, una specie di Tortuga adriatica dei fratelli della costa.
ci penso sempre più spesso e quell'isola deserta e quelle vecchie case abbandonate, sarebbero il posto ideale per qualche giorno alla Crusoe con qualche comodità in più. il principio dei bivacchi di montagna, dove chi passa, lascia quello che ha di più nello zaino, certo di trovarne , se serve, in qualche altro bivacco.
Sarebbe bello riuscire ad organizzare una rete di bivacchi autogestiti in giro per il mare che frequentiamo (quasi)abitualmente
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 Oggetto del messaggio: Re: i pigrotti del tiki: crociera 2013 parte IV
MessaggioInviato: 14/11/2013, 0:21 
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Jocondor ha scritto:
"P.S: oggi abbiamo scoperto che è femmina. Si bilanciano i conti :D "

Bene, congratulazioni!
Adesso, dopo Yanez ed Emir dobbiamo aspettarci Darma, Surama, o la Perla di Labuan? :D

sto lavorando per Marina Celeste, ma mia moglie non cede, mi sa che alla fine sarà Marianna

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