Tarquinia, fine anni Sessanta, la giornata tipo di un derivista in erba.
ore 5-6: Volendo, e sonno permettendo, si va fuori da soli a pesca alla traina. In realtà i pesci ci sarebbero anche più tardi, ma è per fregare la barca a papà, che sennò chi lo rivede? Però qualche volta mi becca e si esce in due (intanto ci sto sopra, e almeno posso chiedere di tornare per "il bagno". E si fa presto a dire pesca; i pesci ci sono davvero, ne fa fede il cerignolo (cestino) sempre regolarmente pieno del tipo a motore che torna tutti i giorni che dio manda in terra: fravolini se va fuori al bolentino, se no alla traina occhiate e sugarelli o sgombri, qualche aguglia, se è mosso anche qualche spigoletta. Noi... per anni nulla, poi scopriamo la piuma di gallina (non penna, mi raccomando, piuma e ben bianca). Ancora dopo negli anni, cominciamo a puntare le ricciole, tardi nella stagione, ma per una che ne prendiamo, mille finali strappati; poi passati ai finali d'acciaio, mai più una; forse l'acciaio odora? mah... Però è una bellezza "grattare la pancia" quasi sulla sabbia alla foce del Marta, un pelo di deriva sotto brezza di terra, che se tocchi la alzi e l'aria ti scarroccia fuori... e passate e ripassate cercando, in virata o in abbattuta, di non incasinare scotte con lenze, sempre rigorosamente a mano... I poveri pesci, sempre pochi ma un fondo di tegame qualche volta si riempie, vengono regolarmente regalati: né mio padre ne io mangiamo pesce...
ore 9-10: Si punta "fuori", sfruttando l'ultima brezza di terra, si accosta a Porto Clementino, si scarica il pesce e fuori ancora per "il bagno". Che sarebbe immersione in snorkeling col fucile... uffa non c'è che labridi, viscidi e grassi, solo colorati...;i pochi saraghi non si fanno avvicinare nemmeno; in tana... chi li vede mai rintanarsi? Ma tanto chissene, si sa che è tutta una scusa... dopo una mezz'ora di 'pesca' ho già visto qualcosa che vale la pena di "andare a controllare" da vicino; mi immergo, verifico, sparo l'arpione sul fondo, lascio il fucile segnalato a galla da un flacone di vetril, torno alla barca, su una vela, manovro per finire sopravvento al segnale, giù ancora, cima, controllo, ok qui, do volta e mi reimmergo, armato di coltello. Sotto c'è quello che chiamiamo "il morto" non so perché, è un codice che usiamo tra noi amici per segnalare a voce che abbiamo trovato... il morto! (o capite che cos'è, o passate avanti, che tanto non ve lo posso dire...). Si avvicina il Lightning di Marco, a quel punto siamo almeno sei o sette, e comincia il "lavoro". Che provoca quasi immediatamente una nuvola di fango, e addio visibilità che comunque non serve poi così tanto, seguendo la sagola il morto lo trovi, e scavare col coltello si fa anche ad occhi chiusi... Dura... dipende dal morto, quanto dura: spesso sono più cadaverini, come raccogliere frutta, altre volte uno solo ci impegna per una settimana soltanto per scalzarlo; sono continue immersioni, sono al massimo sei-sette metri, spesso molto meno, ed è faticoso davvero, perché cerchi di prolungare al massimo ogni apnea; ma nessuno ti convincerebbe a smettere... Poi viene la parte delicata: lo si lega per il collo e per il "culo", lo si solleva portando le cime a prua e a poppa della barca, lo si porta fin sotto la chiglia, lo si svuota con pazienza e fatica... Dura spesso fino a tarda mattinata, quando ne vale la pena e si riesce a finire; altrimenti si sposta il segnale, zavorrandolo su un sasso distante qualche decina di metri, lungo un percorso che fa uno solo - quello che ha visto il morto, e che ne diverrà proprietario unico - ripetendolo più e più volte finché è sicuro di riconoscerlo a memoria sul fondale; si lascia il sommerso per un metro, a scanso di eliche e avvistamenti/recuperi da parte di altri, e si emerge per prendere il punto con due allineamenti, che si mandano a memoria senza dirli a nessuno... A domattina!
ore 13-14: Vela verso sud est, fino alla spiaggia dopo la prima o la seconda punta delle Saline (non è più di un mezzo miglio); a spiaggia ci aspettano le mamme sotto gli ombrelloni; si va a terra sui frangentini di brezza, si ancora e ci si riposa o si mangia qualcosa; in alternativa, dopo un bagno-lungo-quanto-mamma-cuoca-consente, si leva l'ancora e si vola contro mare di nuovo verso il porto (si fa per dire, ma quello così si chiama); si da fondo e via a casa a mangiare.
ore 17: Di nuovo in mare, per continuare il lavoro, o per due bordi sulle onde a favore (ma si torna a prender schizzi sul bordo opposto), o per un bagno, se c'è frangente è meglio!! Il "nautilus" di F.C., un canotto pneumatico-catamarano, con due salsicciotti uniti da stecche di bambù, ci fa volare sull'onda... ma io preferisco imitare mio padre, senza mai riuscirci appieno, nel prendere i frangenti al volo e surfare a corpo nudo, fino in terra; dalla seconda secca al bagnasciuga saranno cinquanta metri, ed è entusiasmante...
ore 20: non merita, immaginatevi quello che volete tanto a quell'ora siamo / siamo stati tutti uguali...
Chiudo, finalmente, solo per tornare la mattina dopo sul segnale, finire il lavoro di scavo o svuotamento, adagiare e avvolgere il morto in un canottino di gomma, sgonfio, sollevarlo fin quasi a contatto di chiglia alando alternativamente le cime da prua e da poppa, tornare al porto col solo fiocco e con tanta cautela, sbarcare il tutto e caricarlo nel baule dell'auto...
Il resto sono regate, regatelle, e storie di tutti i giorni.
_________________ Buon Vento! Alberto ________________________________________________ Il più bello dei mari è quello che non navigammo (N. Hikmet)
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