Nella letteratura classica e nell'immaginario collettivo, ci sono infinite descrizioni di cavalcate straordinarie su onde meravigliose, di traversate gloriose tra terra e terra. La prua che solca le onde, la vela che palpita e il comandante tutt'uno con la sua barca riesce a manovrare e regolare le vele ad orecchio. La barca leggermente piegata, mentre gli spruzzi sollevati dallo scafo disegnano l'arcobaleno contro la vela, illuminati dal sole. Che meraviglia, l'uomo e l'elemento in perfetta sintonia grazie allo strumento della barca. Il finito e l'infinito, il determinato e l'indeterminato. Uomo, barca e gli elementi in un'unica copula. Qualcosa sopra questo tuttavia, meglio di tutto questo, mi trasmette esattamente il senso di contatto con il mare. C'è un istante preciso nella giornata. Un esatto momento per cui la giornata intera merita di essere vissuta. Ogni sera, ogni volta questo incanto dura troppo poco. Potrebbe essere lungo un'ora o un minuto, nell'esatto scoccare della sua fine, mi dispiace e al tempo stesso mi compiaccio, perché il tempo non è trascorso invano. Se alla fine della vita di ogni uomo, ciascuno potesse rivedere il proprio viaggio, come le foto delle vacanze o del matrimonio e decidere quale immagine debba essere conservata e quale invece sia sovraesposta, sfuocata o banalmente sciupata, credo che quei giorni alla fine dei quali, ci siede stanchi a guardare la sera indecisa se scendere o se lasciare ancora un po' di spazio al sole, con una birra in mano, vicino a chi si ama, a godere di tutto ciò che ti circonda e di tutto ciò che la tua vita rappresenta, insomma quelle sere credo, sarebbero le foto scelte per gli ingrandimenti da appendere in camera o in salotto. La giornata in barca secondo il mio punto di vista deve concludersi così; non importa quante miglia siano state percorse, quale andatura sia stata prevalente, se il vento fosse appena sufficiente a spostare la barca o addirittura assente da accendere il motore, se si cavalcasse un meraviglioso lasco oppure se fosse necessario terzarolare. La sola condizione importante è finire alla sera, in una rada riparata dal vento e dal mare. Possibilmente deserta. Pochi centimetri d'acqua sotto la chiglia e oltre la scogliera che chiude l'accesso alla baia, il sole che contende l'azzurro del mare e il blu della notte che scende. Le vele già raccolte. In ordine. Tutte le cime e le drizze addugliate e la barra ben assicurata. Nel bugliolo pulito, un paio di pescetti, frutto di una caccia serale, di una pesca fortuita durante la navigazione o vittime della nassa della mattina. Tutti a bordo si sono già lavati con acqua dolce e nulla ristora come il piacere della pelle detersa dal sale e protetta dal cotone di una maglietta serale. Con il braccio attorno alle spalle della nostra compagna, beviamo un altro sorso di vino locale, mentre i bimbi leggono o giocano a carte in attesa della cena. Ho il sospetto che gran parte del mio cercare per il mare si riduca a pochi momenti, capaci di restituire il senso a molti fastidi, inconvenienti, paure, ansie, dubbi, perplessità, interrogativi se davvero sia il caso di andare in barca, con tutto quello che abbiamo da pensare a terra.
_________________ Piccolo è meglio
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