Marinai di Terraferma

Forum dei marinai carrellatori
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 Oggetto del messaggio: canto di natale
MessaggioInviato: 22/12/2011, 7:19 
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mi auguro perdonerete qualche ingenuita.
buon natale


Violanda è a prua che legge, distesa sotto l'ombra del genoa, con i capelli raccolti in un foulard per impedire al vento di scompigliarglieli sulla faccia. Sono già molte, le ore che siamo in navigazione con prua 220° e anche se siamo lontani dalla rotta degli alisei, una brezza che soffia costante dalla costa sabbiosa, ci permette di tenere un buon traverso e una media elevata. Girobatol, il timone a vento, fa il suo dovere e Tomtom sale con grinta sulle alte colline oceaniche per poi scenderne in surfata come un ragazzino, alzando schizzi alti dietro le sue poppe. Le vele sono a segno, la brezza è costante è l'oceano clemente. A me non resta molto da fare e potrei andare a stendermi a fianco a Violanda e leggere insieme a lei. Sono un po' pigro in realtà e preferisco starmene stravaccato in mezzo al quadrato, con la schiena appoggiata alla tuga e contemplare la costa africana e le colline dell'oceano, per vedere se per caso non spunti la pinna di un delfino, lo spruzzo di una balena o solo il salto di un pesce volante. La randa mi protegge gli occhi dal sole, sono solo le undici di mattina, ma stiamo navigando dall'alba di stamane e mi lascio un po' prendere dalla culla delle onde e dalla sonnolenza. Violanda getta il libro nella borsa e si alza sbuffando. Le scappa la pipì e si lamenta perché alla sua età deve ancora pisciare nel bugliolo in coperta.
-Ti ho partorito tre figli, non mi sono meritata almeno un cesso, secondo te?
Sorrido con gli occhi chiusi e il braccio appoggiato sulla pancia nuda. Sappiamo entrambi che sta scherzando e che, anche quando avremmo potuto fare un salto di qualità e comprarci il Tiki 38, all'ultimo momento, proprio lei non ha voluto abbandonare il nostro Tomtom. La foto del Tiki 38 è appesa in camera e ogni volta che succede qualcosa alla barca, lei attacca – e no, il prossimo anno cascasse il mondo, cambiamo barca. Io sulla quella bagnarola non ci metto più piede. Ed ogni anno in primavera, puntualmente quando le propongo di vendere Tomtom e di passare ad una barca più grande, più comoda e più adatta alle nostre esigenza, puntualmente lei risponde: il prossimo anno dai, quest'anno giriamo ancora con Tomtom. È una costante. Tomtom è piccolo, non ha il cesso, si dorme stretti e il quadrato non è protetto dal vento e dal mare come si deve. Però lo abbiamo comprato decenni fa, che era quasi un relitto e per sei mesi ci abbiamo lavorato per portarlo vicino all'idea di barca. Con questa barca abbiamo trascorso la nostra prima crociera, Violanda era in cinta di 9 mesi. Su questa barca abbiamo concepito il nostro terzo figlio e troppi ricordi si trascinano nella sua scia. Ti ricordi quella volta che è caduta dal carrello, quando la stavamo caricando per riportarcela in casa. E quell'altra in cui Yanez per la prima volta ha preso la barra e ha virato da solo, la discesa del Danubio, la prima volta che abbiamo passato Suez. Troppi ricordi rimangono nella sua scia e troppo ci costerebbe separarcene. Così Tomtom, da oltre trent'anni ci porta in giro per il mare, ancora integro, se pur rimaneggiato e resinato più di una volta e da oltre trent'anni, Violanda sbuffa quando deve fare la pipì nel bugliolo. Poi puntualmente, scende in cucina e prepara qualcosa per lo spuntino.
Gibilterra è alle nostre spalle da giorni ormai. A causa del maltempo abbiamo dovuto aspettare quasi una settimana l'occasione giusta per uscire dalla sua rocca e varcare le mitiche colonne. Alla prima finestra buona, ci siamo lanciati e da qualche giorno ormai, scendiamo pigri verso sud. A prua comincio ad intravvedere l'entrata della baia, la nostra meta e sorrido sollevato. Sono troppo vecchio ormai per passare una nottata a fare la veglia in coperta e sono contento di riuscire ad atterrare prima di sera. Soprattutto sono felicissimo di rivedere Yanez e i nostri due nipoti. L'occasione di passare il natale insieme, si è proposta per la nascita del terzo pargolo e Violanda non si vuole perdere l'occasione di poter assistere la nuora, di consigliarla sull'allattamento, di far notare come Yanez sia troppo magro e come gli altri due nipoti siano troppo poco vestiti -saremo anche in Africa, ma è pur sempre inverno e tante volte basta un colpo d'aria.
Sono felice di questa crociera. Quando Yanez è dovuto emigrare dieci anni fa mi sembrava che il mondo mi crollasse addosso. Sembrava di essere tornati indietro di cent'anni, sembrava a Violanda, con gli occhi rossi, di rivivere un altro incubo, di essere tornata alla sua adolescenza, quando era dovuta scappare dalla guerra dei Balcani, con solo due borse di plastica in mano e niente in tasca, mentre salutava Yanez, con la sacca in spalla, che deve partire a cercare fortuna in Africa. La crisi, la disoccupazione, il debito pubblico, la manovra. Cosa c'entrava tutto questo con la nostra famiglia. Mentre le onde ci sollevano alto e poi ci lasciano dolcemente scendere nel loro cavo e sento Violanda trafficare con i fornelli nello scafo di sinistra, rivedo la storia degli ultimi vent'anni, attraverso gli occhi chiusi, protetti dall'ombra della randa. Rivedo i titoli sui giornali di trent'anni fa. La crisi, la recessione, la primavera araba, l'Italia che esce dall' Europa. Come sembrano lontani quegli anni, ora. Sembra il medioevo quando i marocchini che venivano da noi erano i Vu' cumprà. Sembra preistoria, quando conoscere l'inglese sembrava una cosa da pochi e l'inglese stesso la chiave del mondo. Ora i miei nipoti parlano più di quattro lingue. L'italiano, la lingua del padre, il croato, la lingua della nonna, il magrebino, la lingua della madre, l'arabo, la lingua che studiano a scuola. L'inglese è una lingua del passato, l'idioma dei popoli conquistatori e incapaci di risolvere le questioni internazionali senza ricorrere alle armi. Yanez ha trovato fortuna in Africa e come la nonna, da emigrante ha trovato anche una moglie e una nuova casa. I nipoti sono meravigliosi figli d'Africa, mulatti con gli occhi chiari degli antenati slavi. Mentre mi perdo nei miei ricordi, compare Violanda con un piatto di crostini e acciughe sotto sale. Prosecco vicino; perché un po' di cultura bellunese devo mantenerla in questo crogiolo di razze.
È già ora di virare ed entrare nella profonda baia dove vive la famiglia di Yanez. Non serve fare dogana. L'Italia, uscita dalla UE è stata accolta dalla UM, unione mediterranea e da allora c’è la libera circolazione delle persone e delle merci nel bacino del Mediterraneo. Una meraviglia, sottolineo a Violanda e ricordo ancora un po', quanto sono lontani gli anni dei passaporti, dei permessi di soggiorno e della infinita serie di documenti per ottenere la cittadinanza. Medioevo, in cui per essere italiano serviva dimostrare di avere sangue italiano, concezione antica legata al concetto di razza, di sangue blu, ma non di cultura o appartenenza. Ormai vedo chiaramente il lungo molo che chiude la baia e offre riparo dall'Oceano. L'acqua comincia a cambiare colore e la sabbia bianca della costa dona al mare un colore turchese che sembra di navigare in una piscina. Anche da terra ci hanno visti e la moglie di Yanez, ci viene incontro per prendere le cime, reggendosi il pancione con tutte e due le mani. Violanda mette il broncio e brontola – non dovrebbe fare sforzi nelle sue condizioni. Mancano solo poche settimane al parto.
Mi giro e la guardo sorpreso.
-Ma non ti ricordi che tu al nono mese di gravidanza eri in giro per le isole croate con questo catamarano?
-che c'entra erano altri anni.
-sì, e tu avevi un bel seno sodo e il culetto a mandolino, mentre ora hai i capelli grigi e le rughe attorno agli occhi.
-Sai cosa, sei proprio scemo.
Violanda fa l'offesa e per un po' tiene il muso, ma solo per un po', perché ha già visto i nipoti correre giù per la stradina che porta al molo.
La moglie di Yanez ci dà il benvenuto in magrebino e ci indica di ormeggiare accanto al loro trimarano.
Anche il padre di famiglia, finalmente ci degna della sua attenzione e si avvicina alla barca, seguendo i ragazzini che sono già saltati in barca a salutare la nonna, mentre io sistemo l'ormeggio.
-Tata, ti prego spegni quell'aggeggio puzzolente, riempirai di fumo tutta la baia, ti prego, la gente ci guarda.
Yanez si riferisce al nostro fuoribordo ancora acceso.
-Intanto buongiorno anche a te – sottolineo – e poi porta rispetto, ragazzino insolente, quell'”aggeggio” era il vanto della tecnologia quando lo comprai d'occasione
-Tata, era il 2012.
Non raccolgo l'ironia, ma in effetti ha ragione. L'”aggeggio” è uno Yamaha 6CV quattro tempi, comprato quasi nuovo nella primavera del 2012. Tra qualche anno i motori a scoppio saranno definitivamente proibiti, ma finché possono girare liberamente, fatico a liberarmi del nostro motore, che tante miglia ha macinato. D'accordo lo ammetto sono un sentimentale e allora? Se è per questo Yanez non approva neppure il vetusto e laborioso metodo di andare a vela, con tutto il suo complicato rituale e idioma che nessuno capisce. Cazza la randa, orza, barra a dritta, bisogna terzarolare. Sembrano parole venute fuori da un romanzo di Salgari, come i nomi dei nostri figli.
-ma vuoi metter il fascino della brezza che accarezza la pancia della vela, la barca che plana dall'acqua come sollevata da un'ala.
-tata ti prego, è medioevo.
A guardare il suo trimarano non posso dargli torto.
A prima vista le linee sono piuttosto classiche, ma è solo un gusto un po' vintage, per accontentare i miei gusti e lasciarmi credere che apprezza i miei consigli.
In centro allo scafo principale, svetta un bell'albero rotante. Nessuna vela, solo delle pale verticali, che con il moto o la brezza, sviluppano energia. I trampolini che collegano lo scafo centrale ai galleggianti laterali, sono film sottile, in grado di ricevere energia dal sole e dalla rifrazione dell'acqua sotto di essi. Lungo le fiancate, immerse, celle di peltier di V generazione scambiano calore con l’acqua. Il tutto fornisce energia a batterie al platino, sviluppate sulla lunghezza della barca in sentina, per contribuire alla stabilità della barca. Il motore elettrico non si vede, così come l'elica, retrattile sotto lo scafo. Le linee un po' desuete, che ricordano le vecchie barche da coppa America di inizio millennio, nascondono hidrofoil per sollevare gli scafi e migliorarne la prestazione. Il giocattolino permette una velocità di crociera sui 10 nodi
-sì ma è a motore, vuoi mettere il silenzio della barca a vela
-tata domani ti faccio provare, poi mi dici.
Alla sera si va a dormire presto. Abbiamo tanta voglia di stare insieme, ma siamo anche molto vecchi e le ultime giornate di navigazione ci hanno fiaccato. Violanda ne approfitta e con la scusa che la moglie di Yanez è in cinta, mette a letto i bambini. Esce solo poco dopo dalla stanza, i bambini già dormono.
-si sono addormentati subito. Tu invece non dormivi mai.
-ti prego mamma, non ricominciare
-comunque è vero -confermo -non dormivi, non dormivi mai.
La mattina mi sveglio presto e subito scendo al porto per controllare la barca. Non si è ancora alzato il vento e nonostante fuori dal molo, l'oceano faccia sentire la sua voce, dentro la baia, l'acqua è liscia. Presto mi raggiungono anche Yanez e i bambini. Violanda rimarrà a casa a far compagnia alla moglie di Yanez, gonfia come una rana e noi andremo a provare questo nuovo trimarano.
Tutti a bordo. Le batterie sono cariche, i bimbi filano sotto coperta e io aiuto Yanez a mollare gli ormeggi, problemi non ce ne sono in realtà, tanto il vento è poco e l'acqua è calma. Sento una piccola vibrazione sotto il pozzetto – è il gambo del motore che scende. Mi rassicura Yanez, poi più niente. La barca si muove e il frullino che sta al posto dell'albero comincia a girare. Uscendo dalla baia un po' di brezza c'è, ma è proprio dritta sul naso, tale e quale a ieri. -Meglio. Commenta Yanez. Certo, questo tipo di barca non sfrutta la portanza del vento sulle vele, come le obsolete barche a vela, bensì l'energia prodotta dal suo albero rotante, che gira grazie al movimento della barca. Se andiamo controvento, il vento relativo aumenta, di conseguenza l'albero gira più veloce e produce più energia e il disegno aerodinamico è tale, da non inficiare con l'attiro dell'opera morta, la velocità. Il moto perpetuo? Beh quasi. In realtà quel poco di energia bevuta dall'attiro del movimento dell'albero, è supplita dal film sottile dei trampolini e dalle celle di pelltier. Non so com'è o come non è, ma la barca si muove; e parecchio anche. Il rumore del motore si limita ad una vibrazione sul fondo del pozzetto. Se non fosse per lo sciabordare delle onde e dal vento che frulla nelle pale dell'albero si potrebbe dire di navigare in silenzio assoluto. -Come in barca a vela. Mi affretto a dire per non dare soddisfazione al capitano, che sorride e non dice nulla. Fuori dalla baia, la brezza aumenta e così i giri dell'albero. A causa della forza centrifuga, le pale si dilatano ulteriormente e cambiano passo. -Cioè? Chiedo con mal celata curiosità. -Cioè, più la velocità cresce, più la rotazione delle eliche aumenta la portanza, creando una spinta verticale dal basso verso l'alto. Come un elicottero. Questo crea un'ulteriore spinta verso l'alto agli scafi, già sollevati dagli hydofoil. È come planare sull'acqua. La nostra scia a poppa non è quella di un multiscafo a dieci nodi di velocità, ma solo un solco bianco nel blu dell'oceano, che presto si richiude dietro di noi. Mi ricorda tanto quando da giovane andavo al lago e guardavo i windsurf. Improvvisamente era come se si alzassero sull'acqua e l'unica parte bagnata della tavola era la pinna posteriore, mentre tutto il resto del surf, rimaneva alto sull'acqua. Così noi, planiamo veloci verso il largo.
-Dove andiamo?
-Alle isole del vento
-Dove?
Il capitano sorride e non dice nulla. All'orizzonte, poco più a sud si intravedono le sagome azzurre delle Canarie. Mentre il bolide sfreccia sulle onde con planate vertiginose, io mi perdo nell'immensità dell'azzurro e con l'occhio seguo le linee di quelle isole lontane, ultimo ponte di questo continente prima del big jump. Penso a quella lunga traversata oceanica di cui moltissimo abbiamo letto, Violanda e io, moltissimo abbiamo studiato e mai abbiamo compiuto. Un progetto che rimane nel cassetto e mi trovo a sorridere ad avere alla mia età, sogni nel cassetto. Mentre sorrido tra me e me, la voce del capitano mi fa sussultare. -Eccoci. Mi volto e sottovento, si stagliano gigantesche pale eoliche che muovono le loro colossali braccia sul mare. Le isole del vento. Mentre l'Europa e l'America bombardavano il resto del mondo per accaparrarsi le ultime gocce di petrolio, il Marocco, come molti altri stati dell'Africa, ha investito sull'energie rinnovabili. In particolare dopo la cosiddetta “primavera araba” all'inizio del millennio, molti stati nordafricani usciti dalla dittatura, hanno dedicato tutte le loro energie nello sfruttare le loro potenzialità ed ora tengono l'Europa per...la gola, vendendogli energia a caro prezzo. Il Marocco in particolare, ha costruito queste gigantesche isole artificiali a poche miglia dalla costa, per sfruttare il flusso laminare del vento, non disturbato né influenzato dalla meteorologia continentale. In più, queste perle di tecnologia sono in grado di sfruttare anche le colossali onde oceaniche, che vanno a riempire vasche da dove poi l'acqua scendendo aziona turbine idroelettriche. All'interno di queste isole del vento, è stato costruito un parco, in grado di ospitare piccole e grandi unità da diporto al proprio interno, con bar e spiagge artificiali. Questa in particolare è famosa perché al proprio interno è stata realizzata una piscina con le pareti in vetro, per cui scendendo con la maschera è come fare snorkeling in pieno oceano, con squali e pesci di varia natura, che nuotano a pochi cm dal naso. Da diversi decenni qui, vige il divieto assoluto di pesca e il mare si è finalmente ripopolato di ogni tipo di fauna. Il pesce che si mangia qui è di ottima qualità, ma pescato in allevamenti ricavati all'interno di altre isole del vento. Tutto questo me lo spiega Yanez, mentre stravaccato sulla spiaggia artificiale, bevo birra fredda in mezzo all'oceano, con aperitivo di carpaccio di squalo. Ne avevo sentito parlare, ma non avevo mai visto queste perle oceaniche. Si fa già ora di tornare, i bimbi si lagnano che hanno freddo, che hanno fame e non so che altro. Fosse stato per me sarei rimasto lì ancora a lungo a godermi il fragore delle onde sulla spiaggia artificiale e i bracci colossali delle pale che ruotano sopra di noi, ma è effettivamente ora di tornare. Sinceramente mi voglio godere anche il rientro con il bolide di Yanez, ma cerco di non darglielo a vedere. Saltiamo in barca e partiamo in assoluto silenzio. Stavolta il vento è da poppa- non gira giusto eh, capitano? -ghigno con sarcasmo- certo se avessimo Tomtom, o un'obsoleta barca a vela qualunque, con questo venticello al lasco, te le farei vedere io le planate. Non te lo ricordi più com'era?
Il capitano sorride e non dice nulla e per un po' mi godo la soddisfazione di aver dimostrato la superiorità della mia generazione. Poco distante dalle isole però, Yanez rallenta e armeggia a prua. Monta una specie di verricello sulla coperta dello scafo, poco oltre l'albero rotante. Poi dal cala vele, come da un cilindro, comincia ad estrarre una vela colorata, che aggancia a due controventaure sulle prue degli scafi laterali. Lentamente, lascia che il vento cominci a gonfiare quello che uscendo dal calavele comincia a prendere la forma di un acquilone, di un piccolo parapendio, che decolla sopra la prua e sale alto sulle nostre teste. Un kite, un aquilone da traino. Rimango sbalordito. Mentre Yanez continua a filare cavo, l'aquilone seguita ad alzarsi e la barca acquista sempre più abbrivio. Quando il capitano ritiene che la quota raggiunta dall'aquilone sia di suo gradimento, mette a segno le controventature e il trimarano fila sulle onde senza sollevare spruzzo alcuno. Il capitano mi guarda, sorride e non dice nulla, ma so benissimo cosa pensa.
-Giovanotto, guarda che ti faccio passare la voglia di ridere a ceffoni sai. Comunque niente toglie che il fascino di una barca a vela...
-tata non essere ipocrita.
-non ti permettere, guarda che sono sempre tuo padre io...
-ma piantala.
Si alza dalla panchetta a poppa, mi caccia la barra del timone e va chiamare i bambini sottocoperta che salgono schiamazzando in pozzetto. Io me ne rimango come un ebete a contemplare il kite, che trascina il nostro multiscafo su per le onde e la velocità aumenta sensibilmente. È evidente che il kite, lasciato filare qualche decina di metri sopra le nostre teste, raccoglie aria più laminare e non inquinata dal gradiente di attrito con l'acqua. In più il punto di scotta, se così si può definire, così appruato, tende a sollevare il muso del trimarano, che anche quando scende in planata dalle colline oceaniche, non si pianta e non rischia di incappellarsi. Non so cosa dire e nell'incertezza, rimango muto a provare le varie andature che salgono fino al lasco, di più non mi fido ad orzare, se ancora si può dire così, perché la barca tende a sollevarsi su uno scafo e ad assumere un assetto un po' troppo sportivo con due bambini...e me, a bordo. Dopo un po' Yanez accende il motore. -ma perché se filiamo via come aeroplani. Ma prima che attacchi con la filippica dei velisti che non usano le vele anche se c'è vento, il capitano mi spiega che l'eccesso di energia provocato dall'albero rotante, deve essere dissipato in qualche modo, altrimenti si sovraccaricano le batterie. Il frigo è già ghiacciato, per cui non resta che sfogare energia col motore. È incredibile come siano cambiate le esigenze nel tempo, una volta il motore veniva acceso per caricare la batterie, non per scaricarle. In un attimo divoriamo la distanza che ci separa dalla costa. Il kite viene sventato, recuperato con un argano e torna a cuccia nel calavele. È ora ormai di ormeggiare vicino a Tomtom. Mi fa strano ora pensare al nostro catamarano, con tutte le sue andature, il picco, le regolazioni e un po' mi viene da sorridere e mi torna in mente quella volta in cui Violanda si è infuriata perché ciondolavamo sul mare di piombo, in attesa del vento perché non volevo accendere il motore e sprecare miscela. Yanez sarebbe nato solo poche settimane dopo. Passiamo il pomeriggio sulla sabbia bianca della spiaggia a farci travolgere dai cavalloni e presto è ora di cena. È la vigilia di Natale e anche se nessuno è credente tra di noi è comunque tradizione trascorrere la festività, tutta la famiglia insieme.
Appena arrivato a casa, chiedo ai nostri ospiti di collegarci la parabola sulla televisione italiana, perché voglio sentire il discorso di natale, del presidente della repubblica italiana. Yanez accende la TV giusto in tempo per vedere il discorso a reti unificate di Silvio Berlusconi. Due bionde corazziere in minigonna inguinale, spingono la carrozzella dove siede il presidente. Faccio notare a Yanez l'ampia scollatura che apre sulle tette al silicone, sotto la bandoliera delle corazziere. Yanez sogghigna, ma anche Violanda ha sentito dalla cucina e urla -maiali- attraverso la porta aperta. Il presidente Berlusconi, non ci propone nulla di nuovo. Dà la colpa delle povere condizioni del Bel paese ai giudici comunisti e ai giornali sovversivi non allineati, poi promette per l'anno nuovo la conclusione dei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria e del ponte sullo stretto.
-ma cose da pazzi, ma lo sanno che all'università di Lagos hanno quasi messo a punto il teletrasporto?
-a proposito. Notizie di tuo fratello?
-sì. Ha detto che doveva finire la sessione invernale, ma che per domani a pranzo sarebbe sicuramente arrivato.
-e tua sorella.
-si fermava a Marakesh ad incontrare un suo amico, ma garantiva che ci avrebbe raggiunto.
-speriamo bene, l'ultima volta si è presentata con un ballerino senegalese di dieci anni più giovane.
Yanez ride e il discorso del presidente va avanti. Ogni tanto inquadrano il parlamento, dove il presidente del consiglio Bossi si è assopito, mentre ascolta il sermone di Berlusconi. Due senatori, tossiscono forte per farlo svegliare e il poveretto preso alla sprovvista si sveglia e biascica – secessione, via gli stranieri, padania libera cazzo. Deve intervenire il ministro degli interni, il Trota, per calmarlo, poi si assopisce di nuovo.
Povera Italia.
-Tata, ma perché non vi fermate qui con noi
-Ne abbiamo già parlato Yanez, mi mancano pochi anni alla pensione e non voglio cedere proprio adesso
-ma se sono vent'anni che ti mancano pochi anni alla pensione.
-è questione di dignità.
-ma ti sei accorto che a scuola ti chiamano nonno e non professore? Qui da noi, Il Marocco assicura uno status speciale agli appartenenti all'ex UE e riconosce loro lo stato di rifugiati e poi lo stato sociale...
-ne abbiamo già parlato.
-e Tomtom? Ve lo riportate in Italia?
-ma sei matto? C'è la tassa di stazionamento. Fin che quel tuo collega è così gentile da tenercela sulla costa mediterranea del Marocco, lì rimane.
-ma la vostra non era una carrellabile sotto gli 8 metri, un natante e via discorrendo?
-è cambiata la legge. Ora qualunque cosa galleggi, anche un canotto a remi, deve essere dotato di transponder e deve pagare una tassa di stazionamento. Appena il satellite rileva qualcosa che si muove sull'acqua priva di transponder o priva dell'autorizzazione, un elicottero della guardia costiera si alza in volo e poi, sono amari. Poi finché all'università di Lagos non si accorgono che tuo fratello ha fatto sparire due prototipi del teletrasporto, a noi va da dio. Il fine settimana al mare non ce lo toglie nessuno. Sono ancora prototipi sperimentali, forse non sono tarati bene, forse creano danni cellulari, ma io e tua madre siamo vecchi. Prima o poi tocca eh! - mi fermo per un attimo a riflettere - Tuo fratello che studia fisica, ma chi l'avrebbe mai detto. Pensare che scriveva così bene.
Violanda dalla cucina ha sentito parte del discorso. Ci sente bene solo quando vuole lei e guai a toccarle il piccolino.
-e piantala, di che ti lamenti che tuo figlio lavora all'università. E guai a te se domani fai commenti sgarbati sul nuovo fidanzato tunisino di Maya. A tavola forza.
Faccio l'occhiolino a Yanez e vado a lavarmi le mani. La cena corre via allegramente, poi Violanda si alza e porta i pargoli ad addormentarsi con la scusa che la moglie di Yanez deve riposare. Esce dalla loro camera dopo poco.
-si sono già addormentati, pensare che tu dormivi mai
-mamma...
-è vero – confermo – tu non dormivi, non dormivi mai.
Fuori l'oceano urla tutta la sua furia sulla massicciata del molo. Un vento caldo si è alzato dalle colline e le stelle brillano che par di toccarle. Non sono tranquillo per la barca e voglio scendere per controllare se gli ormeggi sono legati bene. L'oceano mugghia di cattiveria. Maledetti luoghi comuni. E maledetti sì. Come si fa ad usarli senza essere banali. Però alcuni sono proprio azzeccati e non c'è nulla da fare, bisogna proprio usare quei luoghi comuni lì. Il respiro del mare. Certo, mai come stasera percepisco il respiro del mare. Il possente respiro dell'oceano, che attrae e spaventa. Al largo, oltre l'apertura della baia si vedono le lunghe fila dei cavalloni bianchi nella luce della luna. Il vento caldo delle colline riempie le narici dei profumi della notte africana. L'ormeggio è apposto e vado in testa al molo per godermi lo spettacolo del mare in burrasca. Mi volto e vedo, nel cono di luce dei lampioni della banchina, Tomtom subito davanti all'albero rotante del trimarano. Yanez mi raggiunge, tira fuori dalla tasca un pezzo di nero e comincia a scaldarlo nel cavo della mano.
-Yanez, ma tu fumi?
-tata, non essere ipocrita.
-non ti permettere, guarda che sono sempre tuo padre io...
-ma piantala.
Finisce di rollare la canna, l'accende e me la caccia tra le dita. Sono un po' indeciso, ma alla fine aspiro una boccata profonda. Saranno decenni che non fumo. Tiro una seconda boccata. Soprattutto saranno decenni che non fumo roba buona così. Maledetti luoghi comuni sì, ma il fumo marocchino è sempre migliore.
Ci sediamo sul muretto del molo e chiacchieriamo piano. Poi pian piano, mi distendo sulla schiena e contemplo le stelle africane, che brillano più vicine nel cielo limpido del vento, chiacchieriamo, ridiamo, poi guardiamo le stelle, Yanez racconta, io ascolto. Poi i ricordi si fanno fiochi, lontani, sfumati.
È Violanda a svegliarmi.
-Guarda che Yanez si è addormentato. Anche tu sembrerebbe.
Mi prende il bambino piano dal braccio, lo coccola ancora un po' e poi lo infila nella sua culla sotto le coperte e rimane affascinata a guardare il volto angelico del bambino più bello del mondo, che finalmente si è addormentato. Io resto un attimo perplesso, appoggiato sulla sedia vicino al letto col biberon in mano e un po' di saliva secca che mi cola all'angolo della bocca.
Nelle narici ho ancora l'odore della notte africana e nelle orecchie il possente respiro del mare.
-hai sognato?
Sorrido piano, mentre mi infilo sotto le coperte e mi faccio riscaldare dal corpo di Violanda.
-dai, racconta cosa hai sognato.
-te lo scrivo domani.
-lo pubblicherai su quel forum di fanatici dei marinai di terraferma.
Sorrido ancora.
Peccato però – penso tra me e me – mi sono dimenticato di farmi dire che nome aveva la barca di Yanez.

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 Oggetto del messaggio: Re: canto di natale
MessaggioInviato: 22/12/2011, 8:22 
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Località: un romano tornato al mare!
Se 35 annifa avessi letto, e saputo che a scrivere era un bellunese, avrei fatto una facciaccia alla Bossi... al contrario!
Trent'anni non passano invano.
E.. brevettare subito, almeno il sogno!!

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Buon Vento!
Alberto
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Il più bello dei mari è quello che non navigammo (N. Hikmet)


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 Oggetto del messaggio: Re: canto di natale
MessaggioInviato: 22/12/2011, 9:21 
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Un sogno meraviglioso. I racconti di Margutte lasciano sempre senza fiato!


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 Oggetto del messaggio: Re: canto di natale
MessaggioInviato: 22/12/2011, 9:56 
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Fantastico.
Commovente


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 Oggetto del messaggio: Re: canto di natale
MessaggioInviato: 22/12/2011, 10:51 
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Bello, proprio bello, complimenti per come scrivi.


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 Oggetto del messaggio: Re: canto di natale
MessaggioInviato: 22/12/2011, 16:11 
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... se ti serve un editore.....

Bravo

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Lorenzo


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 Oggetto del messaggio: Re: canto di natale
MessaggioInviato: 22/12/2011, 23:25 
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Sono rimasto senza parole.....è semplicemente stupendo. BRAVO!!! :o


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 Oggetto del messaggio: Re: canto di natale
MessaggioInviato: 23/12/2011, 8:29 
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E' ... un sogno. Splendido, complimenti, potresti aver trovato il secondo lavoro (o quello principale?)

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Gli stolti corrono ove i saggi non osano nemmeno avventurarsi


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 Oggetto del messaggio: Re: canto di natale
MessaggioInviato: 24/12/2011, 13:38 
Margutte...senti ti devi decidere... se non pubblichi un libro sei un pazzo. I tuoi racconti piacciono a tutti: velisti e non velisti. Io fanatico del forum stampo i tuoi diari e li faccio leggere agli amici...il successo è garantito davvero. Per l'editore non hai problemi...
Avrei voluto avere un insegnante così ai tempi del liceo...
E ora sotto con la penna...


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 Oggetto del messaggio: Re: canto di natale
MessaggioInviato: 25/12/2011, 12:32 
Non connesso

Iscritto il: 15/11/2009, 16:44
Messaggi: 2843
Anche io l'ho stampato e fatto leggere a mia moglie e le è piaciuto.
Dovresti davvero tentare: magari un blog personale, per cominciare..


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