Marinai di Terraferma

Forum dei marinai carrellatori
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 Oggetto del messaggio: croazia 2011
MessaggioInviato: 09/12/2011, 19:17 
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Per festeggiare l'ingresso della Croazia nella UE (chissà che vada bene) e in seguito a innumerevoli insistenze( ;) ) pubblico una piccola parte del diario che a costo di innumerevoli patimenti e sacrifici (di notte) sto componendo. (mai avuto un figlio che non dorme :x ?)

CAPITOLO 2
Il motore si è spento improvvisamente e in un attimo è silenzio. Possibile che finora non me ne sia accorto? Il rumore del motore era un sottofondo a cui non facevo caso, ma ora che si è spento il silenzio è devastante. La barca conserva un po' di abbrivio, ma piano piano si ferma e si intraversa. A sinistra la costa di Krk è a poche decine di metri e posso vedere il colore dell'acqua cambiare gradatamente, sopra i sassi chiari e gli alberi fittissimi sporgersi sopra il mare. Ogni tanto una minuscola insenatura o una micro spiaggetta. Un pescatore sembra sonnecchiare, mentre salpa le reti sulla sua barchetta. Dall'altra parte la costa di Cres, più lontana, sale con colori diversi, sfumati nella luce chiara del giorno appena nato. Sotto, le falesie precipitano in mare. Sembra che l'isola corra verso sud, sulla mia stessa rotta. Non c'è alito di vento e quasi ho paura di muovermi e di rovinare tutto. Ascolto ancora per un po' il lambire dell'acqua sulla chiglia, che ormai va spegnendosi e sono combattuto tra l'ansia di controllare se effettivamente il motore si sia spento perché è finita la miscela o godermi la pace di questi pochi minuti, per la prima volta completamente solo a bordo. La nostra barca galleggia sull'acqua blu, calma come un lago, nella luce chiara del giorno appena nato. È come se il silenzio mi avesse spaventato. Invece di un rumore forte e improvviso nel silenzio più assoluto, sono stato sorpreso da un silenzio perfetto ed inaspettato nel ronzare monotono e costante del fuoribordo. Il pescatore lontano continua a salpare le reti. Da lontano posso sentire il borbottio del suo entrobordo e le poche parole che scambia col suo compagno. Anche Cres, continua a correre verso sud, anche se sembra immobile, congelata nelle sue sfumature contro il cielo. C'è uno scoglio appena più il là, si chiama isola dei gabbiani ed è un toponimo piuttosto ovvio. Perfino il sole sembra non volersi muovere sui boschi sopra Krk. Essere nel XXI secolo oppure mille anni fa non farebbe ora nessuna differenza. Quel poco di umano che noto, non è che la mia barca e quel pescatore che potrebbe benissimo essere lì da sempre e per sempre rimanersene a pulire le sue reti mentre io sono un navigatore di mille anni fa, che in perfetta armonia con ciò che lo circonda, vive una vita felice, lontano dalla civiltà, preoccupato solo di sapere cosa ci sia più a sud. L'ansia ha il sopravvento, le lancette dell'orologio che tengo d'occhio da stamattina, sono l'unica cosa che si muove in questo perfetto quadro, immobile nel tempo. Mi precipito a controllare il serbatoio vuoto e sospiro con sollievo, quando riempito nuovamente, il motore disintegra quell'attimo di eternità appena vissuto, che come un vetro in frantumi, precipita in fondo al mare, lasciando al suo posto un pescatore che deve fare i conti col suo magro pescato, le case che ora si scorgono in fondo alla baia di Punat e al borbottio del nostro fuoribordo al minimo. Solo la costa di Cres e i gabbiani appollaiati sui sassi della loro isola, mi guardano con aria di sufficienza pensando – povero pollo. Avresti potuto appartenere all'eternità e hai invece scelto la fretta, la civiltà, la puzza di miscela e le preoccupazioni. Ma c'è un piccolissimo marinaio che mi fa bokic con la manina dal molo di kosljun in braccio alla sua mamma e un'altra piccola marinaietta che mi aspetta per imparare ad andare sotto acqua con la maschera, come promesso. Scusate, ma non posso mancare all'appuntamento, ci sarà un'altra volta. Qualche frammento di vetro rimane sulla coperta e mi accompagnerà a lungo nel nostro peregrinare.
Sono in mare da più di quattro ore ormai e anche se effettivamente mi sembra strano che la miscela sia già finita, facendo due conti tutto sommato è normale. Forse è meglio però rimpinguare la riserva: le due taniche nel gavone potrebbero non bastare a coprire le 70 miglia che mi separano da kosljun e le previsioni di Sergio sono esatte. Vento nullo alla mattina e sul naso al pomeriggio. Violanda mi ha salutato dal molo mentre Tomtom mollava gli ormeggi alle quattro in punto e subito dopo, dovrebbe essere partita con i mostri ancora addormentati, verso Pag. Subito ho notato che una delle luci di via non funziona. Pace, sarà un altro lavoretto che sistemeremo durante la nostra lunga crociera, accendo una torcia elettrica in coperta per essere sicuro che la barca a vela che mi accompagna nel primo tratto di strada si sia accorta di me. Mi tengo sotto l'isolotto di San Marco, per evitare quegli scogli semisommersi sotto il ponte e poi mi tuffo nella notte nera, puntando verso quella che nel buio mi sembra essere l'estrema propaggine di Krk, estesa verso Cres, attorno alla quale devo scapolare. La barca che mi faceva compagnia mi abbandona per entrare nel porto di Omisalj e io rimango solo, con l'unica compagnia delle luci delle raffinerie di Rijeka, che lontane sembrano astronavi sul mare. Inutile dire che il GPS non so dove sia e che il telefonino è scarico. Molto non é stato completateo e ho la strana sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante. Sono un ansioso e pensare a Violanda sola sul furgone mi agita ancora di più. Forse non trova le chiavi del furgone, forse si è scaricata la batteria e forse Yanez si è svegliato; o forse se ne sta guidando pacificamente dall'alto della Jadranka magistrala e spia dalle curve se per caso non mi veda in mare sulla nostra barchetta, correre tra le isole, mentre Yanez dorme e Maya legge. Saluto con gioia i primi raggi di sole che scaldano la coperta, la schiena e il mondo intero. Non so a quale velocità stiamo navigando, ma regolo i giri del motore in base allo scarico dell'acqua, abbastanza lento da non creare onda sul supporto e frenare la barca, abbastanza veloce da poter coprire le settanta miglia entro sera. Faccio colazione, mi guardo attorno, lego meglio un parabordo, ma in realtà non c'è più molto da fare. Dopo un po' il motore si spegne improvvisamente e in un attimo è silenzio. Devo fare il pieno.
Poco più avanti si apre la piccola baia di Valbiska dove attraccano i traghetti che collegano Cres a Krk. Lì c'è un distributore, valuto un po' se convenga perdere minuti preziosi e allungare di un po' la rotta o se rischiare e tirare dritto, tanto la miscela dovrebbe bastare. Tentenno per un po', ma opto per la prudenza. Entro nella minuscola baia dove è già ormeggiato il traghetto che sta caricando le macchine. E' la prima volta che devo fare tutto da solo. Preparo tutto per tempo, stavolta non c'è Violanda a prua a brandire il mezzomarinaio come un'arma. Accosto lento, molto lento, poi salto a terra. Lego una cima alla bellemeglio e corro a fare benzina con le taniche. Riesco a fare tutto prima che il traghetto alzi le pedane e se ne vada. Quanto sono contento della mia barca, facile da manovrare, leggera e agile. Il motore romba di nuovo, descrivo un ampio cerchio davanti alla prua della nave che proprio ora sta mollando gli ormeggi e me ne scappo via, come un monello che ha fatto una marachella. (....)

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 Oggetto del messaggio: Re: croazia 2011
MessaggioInviato: 09/12/2011, 22:00 
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se questa è la prefazione chissà il resto .....e scrivere un libro no?tanto di notte sei già sveglio :lol:


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 Oggetto del messaggio: Re: croazia 2011
MessaggioInviato: 10/12/2011, 10:00 
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Ancòra ancòra!


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 Oggetto del messaggio: Re: croazia 2011
MessaggioInviato: 12/12/2011, 17:49 
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sempre un po' a caso:


Il motore

Yamaha 8 cv, gambo lungo nero. Classe 1972. E' il nostro motore. O meglio, lo era. Ora appartiene a Timmy d'Albania, che gli metterà le mani e diventerebbe così il nuovo, si fa per dire, fuoribordo del suo gommone. No, non è come tutti pensano, Timmy non fa lo scafista, anche se con quel ceffo potrebbe benissimo darlo a credere. A Timmy piace pescare e si diverte a portare a spasso la moglie per il mare di Caorle. Timmy non lo ammetterà mai, ma è un romanticone. Sono molto felice che quel motore possa accompagnarlo nelle sue gite a pesca. Fosse per me, sarebbe già sul fondo del mare da tempo. Parlo del motore, non di Timmy. Diciamo che in realtà, forse sono un po' ingiusto. Non si è mai comportato male con noi durante la prima crociera. Appena arrivati in Croazia, lo abbiamo portato a sistemare da un meccanico. Il meccanico, un tipo singolare, per tre giorni lo ha ignorato. L'officina era vicina ad un bar, come spesso accade in Croazia e se volevi parlare con il meccanico era al banco del bar che dovevi andare e lo trovavi quasi sempre dietro una cola-whisky. Il primo giorno ci disse di tornare il giorno successivo. Il giorno successivo il motore era nella stessa identica posizione in cui lo avevo lasciato. Il meccanico anche. Quando ci avvicinammo per chiedere notizie del nostro motore, il meccanico ci guardò con un attimo di indecisione. Era ovvio che si stava chiedendo se mentire clamorosamente oppure ammettere che non sapeva di cosa stessimo parlando. Optò per la seconda e più onesta scelta e candidamente ci rispose – di che motore stiamo parlando? Aprezzammo l'onestà e la promessa che per il giorno successivo, il motore sarebbe stato sicuramente pronto. Il giorno successivo, l'officina deserta e il meccanico al bar. Questa volta, però sapeva di che motore stavamo parlando. Notammo con piacere un deciso miglioramento nella questione motore. Semplicemente doveva ordinare un pezzo, che sicuramente sarebbe arrivato il giorno successivo. Sicuramente? Non c'è ombra di dubbio.
Il giorno successivo, officina deserta e nessuna traccia del meccanico neppure al bar. La barista ci confermò che il meccanico si era dovuto recare in Bosnia per un funerale. Due giorni dopo, al quinto giorno consecutivo, il meccanico non c'era né al bar né in officina, ma il motore era pronto. Una sciocchezza ci confidò un ragazzo che aggiustava gli scooter lì vicino. Mi ero stufato di avere questo fuoribordo sempre tra i piedi in officina, l'ho smontato, gli ho girato la pompa, e adesso è un gioiellino. Naturalmente lasciammo una cola-whisky pagata per il meccanico al bar. Da allora mai più un problema. Qualchevolta ci ha fatto sudare freddo. A Lopar, mentre ritornavamo alla base e Violanda boccheggiava sotto il sole già entrata nel nono mese di gravidanza, improvvisamente si è rifiutato di pisciare acqua, ma tossiva fumo. Ho continuato a bagnarlo tenendo le dita incrociate e ostendando noncuranza, per non preoccupare Violanda e non dare soddisfazione al motore. Alla fine, siamo rientrati in porto e senza grandi problemi. Qualche giorno dopo ci ha spinto a casa per 40 miglia ininterrotte, senza mai dare segni di stanchezza. Alla fine della crociera lo abbiamo smontato dalla barca, lo abbiamo messo nel bidone di acqua dolce per lavarlo e lì si è rifiutato di accendersi. Ci ho provato delle ore, ci ha riprovato il meccanico del cantiere, ma non c'è stato niente da fare. Il motore in acqua dolce si rifiutava di funzionare. Decidemmo che la pensione se l'era meritata e passò quello che sarebbe dovuto essere il suo ultimo inverno sotto Tomtom, lasciandosi lentamente corrompere dalla salsedine. Per l'anno successivo sicuramente avremmo avuto modo di comprarne uno nuovo. Non serve raccontare che ovviamente, come sempre accade, l'anno successivo avevamo meno soldi di quello precedente. Così dopo affannosa ricerca un amico ci regala un suo vecchio fuoribordo. Purtroppo questo era gambo corto e oltrettutto metterlo apposto sarebbe costato più che comprarne uno usato. Decidemmo quindi di rimettere in funzione il vecchio Yamaha, che ormai convinto di essere in pensione, si ritrovò nelle mani del meccanico, che gli fece la revisione e per giugno, il nostro Yamaha era pronto per portarci nuovamente in giro per il mare croato. E così è stato. Più o meno. Subito mi sono reso conto che il motore piscia acqua solo a determinati regimi, ciononostante durante il lungo trasferimento Krk-Pag, ha funzionato per 13 ore ininterrottamente. Appena arrivati a Kosliun, decidiamo di fermarci lì per qualche giorno. Un po' sentiamo la pressante necessità di riposarci e dormire, un po' ci sono dei nostri amici e soprattutto degli amici con cui Maya può giocare in spiaggia, un po' il maltempo ci sorprende con vento, freddo e pioggia, cosa inusitata nella calda estate di Pag. Non lo dico, ma continuo a pensare a quegli scongiuri che abbiamo dimenticato al varo di Tomtom. Passeremo quasi due settimane di inattività. Durante questi giorni, organizziamo delle piccole uscite in barca, per riprendere la mano sulle vele e per permettere ai nostri amici di godere delle gite in barca a vela. Il primo giorno, nessun problema e posso vantarmi delle mie doti di capitano, scorrazzando un pomeriggio intero le signore e i loro figli, tra la baia di Kosljun, quella di Povljana e la vicina isola di Vir. Ma il dramma sarebbe dovuto accadere il giorno successivo. Visto il successo della prima uscita in barca decidiamo per il giorno successivo di organizzare una gita un po' più lunga, magari con annesso picnic in una spiaggia vicina. Tutti pronti sul molo alle undici di mattina. Sono contento di questa idea. Mi piace l'idea di portare i nostri amici a spasso con il nostro catamarano. Credo che nell'intimo ogni armatore sogni di far conoscere la propria barca agli amici e preveda nella scelta degli accessori o addirittura della stessa barca, l'eventualità di poter ospitare qualcuno, eventualità che mai si realizza perché non sempre ciò che piace a noi deve necessariamente piacere ad altri. Ci si riduce addirittua a perdere amicizie o a essere evitati al bar, e ci ri arrenede solo quando si percepisce la gomitata che si scambiano gli avventori, accennandosi appena sottovoce – Ecco il logorroico, mi raccomando, non accennare neppure ad un argomento che riguardi la nautica sennò attacca con la filippica.
A noi è capitato addirittura di ospitare con entusiasmo parenti, che non avevano capito che su un catamarano di 8 metri non c'è, non dico un bar serio, ma neppure un cesso. Il fatto poi che ci si debba togliere le scarpe per salire a bordo poi è a dir poco seccante.
Oggi quindi è con un po' di amor proprio edi soddisfazione che ospitiamo gli amici per una scampagnata in mare. Tutti pronti, saltiamo sulla barca, stiviamo asciugamano, borse, giocattoli, palloni gonfiabili già gonfi, indumenti, pinne, maschere, retini, 6 flaconi di crema protettiva, 1 cassa di birra, due bottiglie di prosecco, felpe per il vento che non si sa mai, braccialetti per il mal di mare, sandali per gli scogli, vettovaglie e altre tonnellate di indispensabili inutilità. Dispongo una postazione per ognuno e come un vero capitano impartisco le istruzioni. Tutti pronti si parte. È qui che inizia lo psico-dramma motore. Aria, cicchetto, avviamento e non succede nulla. Nessun problema, ripeto l'operazione con ostentata noncuranza: aria, cicchetto, avviamento una, due, cinque, dieci volte. Il motore neppure accenna ad accendersi. Si sarà ingolfato, riprovo, e ancora e ancora. Niente. Ci riprova Bocca, niente. Ci riprova Alessio, niente. Il motore non parte. Provo a vedere se non siano per caso le candele. Le smonto, le pulisco, riprovo, niente. Gli ospiti intanto cominciano a dare segni di insofferenza, anche perché si è quasi fatto mezzogiorno e il sole picchia duro. I bambini cominciano a chiedere, ma perché non partiamo e all'ennesima richiesta di spiegazione sulla mancata partenza, mi giro come una iena e con apparente calma ringhio – perché questa merda di motore non parte, ecco perché, cazzo. Violanda capisce che forse è meglio invitare gli amici a ripararsi nella pineta mentre io cerco di sistemare la situazione. Smonto il motore, lo rimonto, lo imploro, lo minaccio, lo supplico, ma non succede niente. Il motore non dà segni di vita. Dopo un paio d'ore di tentativi, sfiancato dalla fatica e dal caldo, mi rassegno a portare il motore nel giardino dei nostri amici e qui, per i due giorni successivi le tento tutte. Niente da fare. Motore fuori uso.
Come regalo di nozze Violanda e io avevamo ricevuto, tra le altre cose, un fuoribordo elettrico, che sarebbe dovuto essere la propulsione del piccolo tender. Durante la scorsa crociera ci eravamo resi conto della necessità di avere un piccola imbarcazione di servizio, ma ci siamo anche resi conto che il piccolo gommoncino gonfiabile “Explorer”, costato la bellezza di 8 euro, non era più adatto alle nostre necessità. Ci siamo quindi dotati di un vero tender, lunghezza 185 cm, con annesso fuoribordo elettrico. Dopo aver tentato innumerevole volte di rianimare il motore principale decido che per salvare la crociera il fuoribordo elettrico diverrà il motore principale. La mattina, nell'acqua placida della baia, proviamo le prestazioni del fuoribordo, che spinge il nostro catamarano a due nodi e mezzo. Non potremo certo percorrere tutto l'Adriatico a motore, ma d'altronde la nostra è una barca a vela e ai marinai veri il motore non serve. Ai marinai veri no, ma a noi...lo stesso pomeriggio decidiamo di organizzare una gita in barca, ma le mamme e i bambini questa volta non vengono. Non ho capito se la decisione sia stata presa per sfiducia nelle capacità del motore oppure se avessero paura che rispondessi male nuovamente. Tant'è che ci troviamo sulla barca solo in quattro, anche Violanda decide di passare il pomeriggio in spiaggia. Dovendo armare la barca da solo, non potendo e non volendo chiedere l'aiuto di nessuno, preparo le vele con la barca ancora ormeggiata. Una volta mollati gli ormeggi, mi basterà issare fiocco e randa e in un attimo la barca sarà pronta a veleggiare. Tutto è pronto, faccio salire l'equipaggio, attacco la batteria al fuoribordo e mollo gli ormeggi. Passano solo pochi istanti, appena la barca ha levato la prua dal molo, il motore si rifiuta di girare. Riprovo a inserire la marcia, ma non succede nulla e il vento ci sta spingendo direttamente sulle altre barche. In un lampo valuto la situazione e considero se lanciare l'equipaggio a prua a bloccare la collisione con le altre barche. Impossibile. Idiota, la tua è una barca a vela, non ti serve il motore. In un istante la randa è issata, il vento esattamente in poppa accelera la barca che ora può manovrare, orzo deciso e il catamarano sfiora le altre barche ed entra nella piccola baia, continuo ad orzare fino ad arrivare alla bolina. Spero solo di riuscire a disegnare un bordo abbastanza stretto da poter uscire dalla baia, perché senza fiocco non riuscirò a virare. Sussurro a Tomtom – stringi, dai stringi: Tomtom afferra al volo la situazione e senza farsi pregare offre il meglio di sé, e tutte le altre barche ormeggiate nella baia rimangono sottovento, la lingua di terra che chiude l'entrata della rada sfiora la chiglia e finalmente posso allargare l'andatura e respirare. Nessuno a bordo si è reso conto della brillante manovra. Un po' mi dispiace, ma mi rallegro di avere una randa alare, che può essere issata anche col vento in poppa e un pescaggio che permette di fare la barba alla costa. Riamniamo fuori per un po' attendo che scenda la sera e il vento si calmi, poi rientro nella baia con gli ultimi refoli, pagaiando, per ormeggiare al molo (...)

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