Questa mattina ho guardato le nubi cercando di scoprire se si fosse levato il vento. L’inutilità di quest’azione m’ha ferito: a Milano non serve il vento. Ecco adesso so di essere tornato. Foto, racconti, idee sono ancora da organizzare, comprimere preparare per essere inviate. Però una cosa ho voglia di dirla subito. E’ una cosa che capita solo su barche come il Grande-Zot. Andati via dalle Eolie dove d’agosto non c’è vento, scendiamo un po’ a motore e un po’ grazie a refoli di vento che muovono di malavoglia la barca. Riserva dello Zingaro, Castellamare, notte a Trapani. Giornata nuova, rotta per Favignana, cielo limpido, colazione, via il telo che fa ombra, via i cagnari dalle vele, oggi siamo a sufficienza (la settimana prima gli altri di bordo erano posapiano e scansavano volentieri le fatiche necessarie a tirare su tutte le vele) per alzare a riva tutte le vele. Drizza di picco di gola, amantiglio, alabbasso: tre persone per ogni randa; cavalcioni sul bompresso per aprire il fiocco. Più facile la tormentina con il piccolo boma e la scotta, affidata a due ragazze dell’equipaggio (ragazze….. tutti ragazzi …..noi alle manovre). Le vele porpora scuro salgono sbattono, sventolano sornione, fanno ondeggiare i grossi boma, lo scafo oscilla scarroccia ed emozione unica: quando la randa di trinchetto si spiana al vento, tutto si piega sotto la pressione dell’aria, la randa grande la segue, la piega si accentua, il fiocco sul bompresso smette di sbattere. Come un grande capidoglio nero Il Grande-Zot inizia a navigare piegato sotto la pressione delle vele, lentamente prende abbrivio, 6nodi, 8nodi, 10. L’aria scappa da sotto le vele passa tra le manovre tese ti colpisce il viso e tutti a guardare all’insù verso gli alberi, adesso il beccheggio è finito la massa della barca (25 tonnellate) fende decisa il mare ed un baffo di cristallo si alza a prua sopra una distesa di zaffiro.
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