Marinai di Terraferma

Capita sempre al termine di una cena dove i commensali hanno ascoltato te che parli di mare:

……….—Senza pensarci..! Qual’è l’immagine di mare più cara che ti porti dentro?—
--Senza pensarci!!!! E.. – Adesso potrei dirti che è stata la mattina di settembre del 9///.

Linicunda aveva finito di lavorare nell’agriturismo di Rosy e Ivan ed avevamo approfittato dei miei ultimi giorni di ferie per navigare nel golfo: lungo la Liguria e fermarci a Portovenere. La sera ci siamo affiancati alla banchina dove di giorno transitano i barconi di linea, ormeggiata la barca abbiamo passeggiato e atteso la notte in una trattoria. Abbiamo dormito alla ruota poco distante dalle coltivazioni di cozze, verso la Palmaria. Al mattino l’aria era fresca e asciutta, il mare immobile; le ombre della costa si stendevano lunghe sull’acqua. La vela prendeva forma nell’ultima aria di terra; un leggero rimestarsi d’acqua attorno alla pala del timone: l’unico indizio di movimento. Dalla riva rumori di casse sbattute, motorini, auto arrivavano ovattati e solitari sino a noi. Lo spi colorava il disco del sole, la coperta in ombra si asciugava dalla guazza notturna; di lei, seduta sulla tuga vedevo la schiena e la linea di luce che restava imprigionata nella peluria castana delle braccia. Ad un tratto ha iniziato a cantare, voltandosi un poco, la linea di luce adesso percorreva il profilo del viso.
“”………. all that I ask / forever to remember me
as I'm loving right now …………”” Cantava con voce melodica, primitiva, non aveva bisogno che altri strumenti l’accompagnassero: sembrava prendere il ritmo del mare; un canto che alle mie orecchie giungeva come i canti delle donne Polinesiane raccontati nei vecchi documentari.
La costa opposta s’era fatta ormai vicina, le piccole spiagge sempre affollate: sotto la scogliera, adesso erano deserte, solo il rumore della grossa onda di risacca. E’ bastato portare la prua al vento e la barca si è fermata, le vele molli non richiedono d’essere accudite; poi il tonfo dell’ancora, lo scorrere sul fondo, la catena vibrante nelle mani, l’appiglio, lo strattone e la barca si blocca poi sale e scende nel montare dell’onda che va a perdersi sulla riva sassosa con echi di frana. Bagnarsi, camminare sulla ghiaia trasportata dal mare, sentire sulla pelle il sole salire nel cielo, lei la sua canzone, mi sono ancora infinitamente cari ed unici.

Ci penso sempre....sono le regate fatte con mio padre e il nostro 470 tra bagnaia, lo scoglietto e la zattera di gigi a schiopparello.
Mi ricordo le sue gambe magre e le sigarette accese con i cerini mentre tutto in fuori schiacciavo come un dannato; mi ricordo le sue mani secche e a volte guardando le mie mani, nelle rugosità, rivedo le sue.
L'Elba era il nostro paradiso...ma allora nn lo sapevo..