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 Oggetto del messaggio: Cefalonia e Itaca 2024
MessaggioInviato: 22/08/2024, 13:06 
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Iscritto il: 14/11/2009, 10:43
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La partenza per lunedì 22 luglio è fissata da tempo: volo Ryanair delle 6,30 da Bologna su Preveza/Aktio Quando con mia moglie atterriamo, uscendo dall’aereo sentiamo subito il salto di temperatura, un vento caldo ci accoglie. Per raggiungere il parcheggio barca a Nidri dall’aeroporto ci sono circa 60 km, da fare in taxi con una tariffa di 65 euro o attendere 2 h il bus che ci porta a Lefkada, sosta in stazione e ripartenza per Nidri con un altra linea, per due persone sono solo 10 euro totali: facciamo colazione al bar e attendiamo pazientemente il bus.
A Nidri ho già prenotato una camera che dista circa 1 km dalla barca e altrettanti dalla fermata del bus. Con zainetto e un bagaglio a mano al seguito l’esito è fatale: arriviamo alla camera stremati.
Una doccia fresca ci ristora e dopo un paio d’ore di riposo, l’affittacamere gentilmente mi porta in auto al cantiere dove dovrei trovare la mia barca. Sono curioso di vedere se i 2 fratelli K hanno eseguito i 3 soli lavori richiesti e concordati un anno fa: sostituzione di 2 bitte rotte, montaggio anello di prua per il tiro di varo/alaggio sul carrello, saldatura di un gradino scaletta di poppa. Nonostante le mie tre mail scritte in greco e inglese e numerosi whatsapp non c’è stata mai alcuna risposta. Al cantiere non è cambiato nulla, relitti, immondizia e motori aperti semidistrutti ovunque. La mia barca giace sospesa su due bidoni arrugginiti il cui top non regge nemmeno il mio peso e a momenti mi ci fa penetrare dentro, è impolverata come non mai, ancora senza anello di prua e con le bitte di prua ancora rotte- Cerco di contenermi senza polemizzare, ma per montare le bitte pretendo almeno la disponibilità di Ibrahim il pakistano, che è l’unica persona dotata di buone capacità manuali nel cantiere. Io fino a sera mi dedico a fare con calma tutti gli allestimenti indispensabili prima della messa in acqua.
Riordino gavoni
Controllo e ricarica batterie che peraltro le trovo perfettamente cariche nonostante il pannelino solare sia sempre più opacizzato
Lavaggio dei due tendalini, drizze, boma e tangone
Posizionamento ancora catena e cima a prua, ancora a poppa nel secchio
Riordino drizze e scotte varie
Estrazione dalla angusta cabina del motore fb da 32 kg e del timone circa 20 kg, montaggio degli stessi a poppa e messa in moto FB con un bidone d’acqua: il mio Honda 6 hp parte gioiosamente al primo colpo.
Lavaggio ripetuto del ponte con detergenti vari, fino al viraggio dello stesso dal giallo al bianco.
Lavaggio delle fiancate orrendamente sporche di gomma nera per semplice incuranza di chi l’ha movimentata su selle di carrelli di gomma vecchia, deteriorata in decomposizione.
L’interno della cabina lo trovo perfettamente asciutto.
Bevo a canna innumerevoli litri di acqua e mi annaffio costantemente per evitare colpi di calore fin verso le 18, quando raggiungo mia moglie in camera, che giace distesa a letto ed è stata impegnata in piacevoli letture sotto il flusso gelido dell’aria condizionata.
Qualcuno in famiglia definisce la mia più che una vacanza un’esperienza stressante e devo dire che parzialmente lo è, perché vivo con una certa ansietà sia la preparazione che l’impegno della navigazione per le variabili meteo incombenti e la tenuta strutturale della barca, anche per questo faccio dei periodi brevi di vacanza.
Anno dopo anno mi accorgo che tali operazioni mi sfiancano molto, quest’anno devo indossare anche un cinto per un’ernia e a voler essere obbiettivi mi rendo conto che c’è una sproporzione notevole tra sforzo + fatica e risultato + compiacimento. Con l’età l nostro corpo cambia, c’è bisogno di maggiore attenzioni per la salute e qualche acciacco si fa sentire, ma finché fisicamente riesco ad affrontare l’impegno, continuo ostinatamente a pensare ne valga la pena sono le ultime cartucce a disposizione, mi procura un’energia positiva duratura nel tempo che ben conosco, mi piace organizzare ogni anno un nuovo percorso stando comodamente a casa, sognando e programmando con precisione la successione delle tappe con le mappe e i dettagli del portolano in mano. Per la verità alle volte qualche dubbio mi sovviene se ne valga la pena, ma la parte più razionale della mia mente, giusto o sbagliato che sia, non prevale. In fondo si deve vivere anche di sogni, trovo che nelle vacanze più stanziali il passo tra il relax e la noia sia piuttosto breve.
Ma ormai le Ionie le ho girate quasi tutte a parte Zante, so che durerà forse solo ancora qualche anno e poi basta, la riporterò a casa questa barca, quasi certamente da solo per evitare responsabilità personali di altri per il lungo viaggio con una barca inadeguata, oppure chissà la venderò qui in Grecia, dove l’ho portata da Trieste già 6 anni fa con mio figlio e grande soddisfazione. La mia piccola barca lui scherzosamente non la chiama con il suo nome Libentè, ma con evidente disprezzo “la zattera”. :)




Martedì, 23 e mercoledì 24 luglio, Nidri
Una meritata cenetta di carne grigliata e poi subito a letto per un riposo profondo che non lascia però spazio a un sonno prolungato, infatti ci sono numerosi pensieri delle cose rimanenti da fare che continuano a ronzare nella mia mente.
Speravo di dover sostituire solo una bitta invece mi rendo conto che anche la seconda di prua è incrinata e non regge, ovviamente nell’unico negozio di nautica qui a Nidri due uguali non le trovo, dovrò sostituire anche le viti inox acquistate troppo corte, la bici noleggiata si rivela preziosa per questi indispensabili e ripetuti spostamenti al negozio di nautica distante circa 1 km.
Con Ibrahim devo fare i buchi nuovi in coperta e resinare i vecchi, un lavoro imperfetto per l’imprecisione dei fori, ma alla fine dopo varie peripezie il filetto maschio penetra finalmente nella femmina come deve essere e vengono serrati a dovere.
Smonto la scaletta con il gradino rotto che viene di nuovo saldata come lo scorso anno.
L’anello di prua ancora non ci sarà anche per quest’anno. Non l’ho trovato di adeguate dimensioni e non ho più voglia di cercare e brigare ancora. Ci penserà forse il cantiere Ceccherini a Marano quando la riporterò in Italia o lo farò da solo a casa.



Giovedì 24 luglio, Nidri
Ho due serbatoi, ognuno con circa 20 litri di benzina e una tanica di altri 10, è in gran parte vecchia di un anno, ma sembra funzionare ancora senza problemi. Ogni anno va così, mi piace averne una buona autonomia e poi mi rimane in tanica. Acqua, circa 50 litri in serbatoio e altrettanti in taniche sparse da 5 lt. Una decina di lt di minerale in bottiglia, due scatole di tonno e una di fagioli e succhi vari. La barca è pronta per essere varata poco dopo le 12 col sole a picco, per farlo utilizzano il nuovo carrello pneumatico, in realtà è un vecchio rottame smaltito da qualche altro cantiere con i pneumatici di gomma piena completamente sfaldati, lo movimentano con la benna di una ruspa e mi liberano agevolmente in mare in pochi minuti. Isso fiocco e randa e la porto da solo a motore lungo la baia della Tranquillità al molo di Nidri 1 km più avanti, dove ho individuato un ormeggio privato per una notte a 20 euro. Per raggiungere il pontile sfioro inavvertitamente un manufatto di cemento sommerso poco visibile. Qui usano fare così per posare le catenarie dei corpi morti, lo segnalano con una boa gialla che si confonde con tutte le altre, ma se finisci sopra questo ostacolo rischi elica e deriva che fortunatamente non avevo calato completamente.
La lascio ormeggiata al pontile aperta per asciugare quel pò d’acqua che può esservi penetrata per i vari lavaggi e mentre riempivo il serbatoio. Prima di cena tornerò a guardarla per sistemare strumenti e cose varie, ma sul ponte rilevo la chiara impronta di una scarpa in gomma che non riconosco. Mi sembra che dentro in cabina non manchi nulla e l’abbandono di nuovo per andare a cena. Lungo la strada prospiciente il pontile ci sono diversi nuclei di famiglie Rom che utilizzano l’acqua del pontile, vivono e dormono in alcuni furgoni, vendono dei bei cesti di legno intrecciato che costruiscono sul posto e le ragazze delle eliche luminose colorate che lanciate nel buio tracciano una scenografica scia luminosa.
I maschi giovani non si vedono e questo mi insospettisce.
Durante la cena comunico a mia moglie il dubbio di quell’impronta sulla coperta e appena terminato vado a controllare di nuovo la barca. Non riesco a trovare il GPS che normalmente lo lascio nascosto sotto alcuni indumenti insieme l’autopilota, a tastoni nel gavone buio sento il mio AP Raymarine ma non il GPS. Sono incazzato nero, chiudo tutto e vado dritto dai rom che si fanno subito tutti i segni religiosi possibili negandomi apertamente di averlo sottratto. Me ne vado facendo chiaramente capire loro che se non lo ritrovo, domattina dovrò denunciarne il furto.




Venerdì 26 luglio, Nidri - Vasiliki
Trascorriamo un’altra notte in camera refrigerata, è l’ultima perché oggi finalmente si parte per Vasiliki la punta sud di Lefkada. Vado alla barca ancor prima di fare colazione, voglio cercare meglio il gps alla luce del sole: evviva, sorpreso lo trovo !!! Era davvero ben nascosto e nessuno lo aveva prelevato, ma dei ROM non c’è più traccia, sono partiti tutti nottetempo con destinazione ignota, meglio chiuderla qui, andarcene in fretta e che loro non lo sappiano mai.
Risollevato e con qualche vago senso di colpa per il trambusto causato, partiamo per percorrere quelle 15/20 miglia che ci separano dalla destinazione verso il sud dell’isola, il vento scarso e poco favorevole ci aiuta poco. Andiamo a motore costeggiando Meganisi e ancoriamo solo nel tardo pomeriggio nella profonda insenatura di Vasiliki per un bagno prima di entrare nel marina.
Siamo sulla punta sud di Lefkada, osservo il promontorio disabitato che si protende per una ventina di km verso Cefalonia, sulla punta c’è un faro e il monastero. Si fa sentire un maestrale allegro, ma sopportabile e solo verso sera le raffiche si intensificano. Windsurf di tutti i tipi ci sfrecciano da prua e da poppa mettendoci a disagio, un traghetto in partenza chiede spazio di manovra, piano piano siamo scaduti arando per una cinquantina di metri, altre barche all’ancora si sono già spostate e dobbiamo andarcene anche noi in fretta per entrare in porto.
Facile solo a dirsi, l’ancora che prima arava si è incocciata in qualche pietra e mia moglie da sola non riesce a sollevarla. Per dare spazio di manovra al traghetto avanzo contro vento di qualche decina di metri utilizzando tutto il mio calumo, segnalando al traghetto che di più immediatamente non posso spostarmi. Appena il traghetto parte ho più spazio di manovra e cerco di disincagliarla tirandola dalla parte sopra vento, dando energicamente motore con una angolazione diversa, funziona. Ci liberiamo e mi infilo subito nel porto verso la banchina di ormeggio. Il vento ora ci prende di lato e non è così agevole manovrare. Mi avvicino in banchina molto lentamente contrastando l’abbrivio e indicando a mia moglie di guidarmi la prua agguantando qualcosa su un Dufour di 10 mt ormeggiato sulla dx che sembra disabitato, nel mentre io calo da poppa la seconda ancora che mi rallenta. Appena lei si prende alla bitta, un omino inutile e panciuto improvvisamente compare in pozzetto e le manifesta tutta la sua contrarietà guardandola dall’alto in basso e dicendole subito sgarbatamente:
“Ma lei sa quanto costa quella bitta ? 200 euro. Lei ha il denaro per ricomprarla ?”
Il labiale muto di risposta secca di mia moglie sembra sia stato un “ va fa un … “ purtroppo è un labiale talmente esplicito che non sfugge all’interlocutore, il quale se ne esce con un battibecco infinito di botta e risposta con lei.
Preoccupato cerco di tamponare la diatriba sorridendo e dicendo che il labiale di “va fa … “ è il suo normale interloquire con me e che come al solito era diretto a me non a lui, noi specie in barca comunichiamo spesso così. Questa storia del resto è completamente veritiera.
L’animato dialogo si conclude solo a ormeggio terminato con la sua proposta di prestazione professionale come esperto avvocato divorzile, che io decisamente rifiuto perché dico “ a 68 anni siamo oramai fuori tempo massimo. E poi dove la trovo un’altra che mi segua su una barcaccia come la mia?”
Dopo tutto questo arriva il marinaio addetto agli ormeggi per l’incasso. Consegno certificato RC motore, la mia carta id e certificato di costruzione barca che non è immatricolata.
“La mia barca, non è immatricolata è senza targa e non ho altre carte”, riferisco categorico.
Dopo 15 minuti di complicati conteggi con il tablet sotto il sole mi consegna lo scontrino da pagare: mi chiede 1,60 euro. Sorrido e gli dico che forse si è sbagliato, ma non c’è verso di fargli cambiare idea: e mi dice: “ barca piccola costo piccolo”. Mi adeguo subito senza fatica e senza insistere oltre pago 1,60, non vorrei proprio litigare per questo anche con le autorità locali.
Sonnecchiamo in barca fino al tramontar del sole, cercando poi nel paese una trattoria dotata di spiedo che troveremo sulla strada d’ingresso del paese. Due danzerini ci allietano con musica greca e vorrebbero farci partecipare alle danze anche noi fino a fine cena.


Sabato 27 Luglio, Lefkada-Cefalonia
Per festeggiare il mio compleanno non c’è niente di meglio che attraversare su Cefalonia, ma non solo, vorrei raggiungere Argostoli sul lato ovest, meta piuttosto ambiziosa perché quel versante è molto esposto al maestrale e al mare aperto, sono oltre 40 miglia a essere ottimisti 8 h di navigazione, inoltre sottovento prima dell’arrivo c’è una lunga linea di costa di 20 miglia con scarsi e insicuri approdi, dobbiamo assolutamente partire presto. Per le prime 10 miglia costeggiamo il promontorio di Lefkada che ci protegge, come al solito la mattina non c’è vento, ma appena fuori dalla punta pur in assenza di vento un mare vecchio con onda profonda e incrociata ci sbatacchia a dovere. Il mal di mare è inevitabile, avanziamo abbastanza bene, ma al primo conato di vomito la prospettiva di percorrere tante ore in quelle condizioni mi porta a cambiare saggiamente destinazione e rotta, la notte prossima dormiremo si a Cefalonia, ma invertiamo la rotta e puntiamo a est verso Fiskardo il primo paesello su Cefalonia verso nord a fianco Itaca.
E’ solo 1h di navigazione sperando di trovarvi posto perché è il centro più ambito dal turismo della zona. Argostoli mi piaceva di più, per la sua profonda insenatura che la protegge dal mare aperto che ci avrebbe permesso di navigare protetti e tranquilli per qualche giorno.
Alla prima insenatura di Cefalonia mi ci infilo per riposare un pò.
Solo verso sera ci spostiamo e ormeggiamo nel paese Fiskardo poco più a sud. In banchina ci sono barche enormi che magicamente trovano sempre posto, Il calumo di una sola di queste penso sormonti le ancore di tutte le barche ormeggiate in baia, fino a che non se ne va questa nessuno partirà. Io mi infilo invece fra i gommoni nella parte più bassa, ma anche la più protetta. Purtroppo non c’è banchina libera, ma solo grandi pietre a cui ormeggio di prua con ancora a poppa che posiziono correttamente come al solito a nuoto dopo averla calata.
“ Qui io non scendo !!!! ”, sentenzia mia moglie appena ripresasi dal mal di mare, è perentoria e contrariata, indaffarato nell’ormeggio l’ascolto senza risponderle perché non ho alternative da proporle Ma verso ora di cena l’appetito si farà sentire e aiutata anche dalla mia disponibilità nel tenere immobile la prua, con l’aiuto di una scaletta di corda approntata allo scopo scende normalmente anche lei a terra appoggiando il suo piede insicuro sulla prima pietra che trova per poi salire sulla stradina e fare una passeggiata lungo le vie del paese. E’ carino, ma sinceramente mi è incomprensibile il motivo per cui alcuni posti diventano delle mete così ambite e preferite rispetto ad altre, penso sia solo è solo per la facilità a raggiungerle.



Domenica 28 Luglio, Cefalonia, Fiskardo-Agia Effimia
Potremmo fermarci ancora uno due giorni, riposare un pò, noleggiare una moto per partire ad esplorare la parte nord di Cefalonia, invece per la solita fretta partiamo subito dopo una buona colazione in mattinata. Scendiamo verso sud lungo il canale largo una decina di km che separa Cefalonia da Itaca. Il vento come al solito rinforza nel pomeriggio e con il solo fiocco aperto facciamo una bella veleggiata di poppa con punte di circa 6 nodi.
Ci fermiamo solitari per un bagno in una graziosa insenatura protetta, prima di arrivare dopo una ventina di miglia verso le 19 ad Agia Efimia, la nostra meta per la notte. Dopo le 18 il maestrale si incattivisce come sempre e mi induce ad entrare subito in porto che pur al riparo dal mare è sventagliato da continue raffiche. Durante il giro esplorativo per capire dove fermarmi, nel girarmi per invertire il percorso fra le barche ormeggiate, la chiavetta del motore fb si tende troppo e salta facendolo immediatamente morire. In pochi secondi prima di poterlo riaccendere il vento ci trascina di lato sulle catenarie d’ormeggio della prima banchina dove non c’è nessuno ad accoglierci, ma solo due enormi fuoribordo da 300 hp di un grosso gommone nero. La mia barca a motore spento vi si appoggia. Solo allora un addetto agli ormeggi si materializza, imprecando parole greche fortunatamente a me incomprensibili e mi ingiunge con determinazione di accendere il motore e andarmene.
Evidentemente l’uomo non ha capito che il piede del mio motore e il mio timone sono trattenuti dalla catena del gommone. Sono perfettamente appeso, incastrato e fermo. Per togliermi di lì bisogna avere prima ben chiaro cosa fare dopo. Gli faccio capire che ho bisogno del suo aiuto, finalmente dal pontile sale sul gommone al quale sono bloccato e mi spinge facilmente fuori dall’impiccio, liberato mi raddrizzo facendo faticosamente perno fra i due ormeggi trattenendomi a fatica con due mani e tutte le mie forze al maniglione laterale del gommone, solo allora posso riaccendere il mio motore senza fare danni per recarmi alla banchina successiva che mi ha indicato.
Sento il vento sempre più rabbioso e stare all’ancora tutta la notte come molte altre barche fanno non mi fido. Il marinaio ora mi attende in banchina indicandomi la direzione da mantenere per ormeggiare fra due grossi catamarani, ma mi urla “solo per una notte”. Il primo tentativo fallisce e finisco subito su un’altra catena del catamarano sottovento. Il piede del motore questa volta è libero per un soffio. Esco di nuovo in retro e calo l’ancora a poppa con un’angolazione diversa, dovrò aggiungere alla cima dell’ancora ben altre due cime da una ventina di mt che avevo preparato, facendo le gasse a velocità supersonica per raggiungere la banchina con la mia prua, dopo aver accarezzato di nuovo il catamarano sottovento che vista la situazione ha esposto subito e prudentemente tutti i suoi parabordi disponibili alti 1 mt . L’aiuto preciso, empatico ed efficace del suo skipper che parla un pò italiano è stato determinante per non fare danni, è così che in mare si dovrebbe sempre fare.
Lo ringrazio con devozione ignorando i numerosi curiosi che pur non paganti si sono goduti lo spettacolo di questa piccola barca che si diverte a fare ogni volta tante evoluzioni apparentemente inutili. Rifletto sulla chiavetta staccata che già altre volte mi ha tradito, lo so che la devo legare sempre alla base del pulpito e non nella parte alta, perché altrimenti si sottopone ad eccessiva tensione. Sono piccole cose da ricordare che navigando così saltuariamente facilmente si scordano. Devo inoltre far revisionare l’invertitore, in retro la marcia scappa in folle se non tengo spinta la leva delle marce, spero proprio non mi molli improvvisamente.



Lunedì 29 Luglio, Agia Efimia
Il custode del marina, mi ricorda di nuovo che devo spostarmi, il motivo esplicito sarebbe che è in arrivo “ LA FLOTTA”” di charter!! Poi vedrò che sono 8 barche a vela, ma non mi è chiaro il motivo per cui devono stare tutte affiancate di fila. Io voglio fare un giro per l’isola e partire subito con una moto e lui vorrebbe lasciassi adesso il mio ormeggio per un altro. Gli chiedo almeno di indicarmelo, ma mi spiega che si libererà solo dopo qualche ora, quante non lo sa nemmeno lui. Finalmente poi capisce: in carenza di un posto libero subito, dal mio ormeggio pagato sull’unghia 20 euro, non mi schiodo. Sono molto determinato perché questa la ritengo una delle arroganze locali a favore delle società di charter per lo più inglesi che in questa zona hanno un enorme potere contrattuale.
Di fronte al nostro ormeggio un giovane affitta moto, una giornata per un 125 cc 30 euro, quando consegno i miei documenti e gli indico la mia barca di fronte dove dormiamo, lui sorride e mi fa capire che già ci conosce: ho capito, era uno degli spettatori non paganti della sera prima …
Partiamo e saliamo verso Argostoli ammirando dall’alto il suo golfo, gli stessi panorami mozzafiato che nel settembre 1943 i circa 12.000 fanti italiani della Acqui stupefatti, sono l’ultima cosa che hanno visto.
Cosa ci facevano qui tante forze militari italiane mi rimane poco comprensibile, forse nemmeno loro lo sapevano, resta il fatto che i 2000 tedeschi qui presenti, ma con l’aiuto delle loro forze aeree, sono riusciti in pochi giorni a convincerli, farli arrendere, disarmarli per poi fucilarli proditoriamente quasi tutti, perché ritenuti traditori e ribelli.
Il nostro Re Vittorio Emanuele aveva abdicato ed era impegnato a fuggire in Spagna portandosi dietro famiglia e ricchezze, il Duce subiva un arresto che durerà poco per la sua rocambolesca fuga dal Gran Sasso, Badoglio faceva ancora la conta delle forze armate restanti, gli Americani erano impegnati nello sbarco in Sicilia e Lazio, gli Inglesi al solito probabilmente se ne fregavano freddamente del destino di nostri fanti.
La mattanza è durata diversi giorni negli stessi luoghi dove ora ci tuffiamo a nuotare e a prendere tranquillamente il sole. Alcune migliaia di loro saranno caricati forzosamente sui traghetti con la promessa di riportarli in Italia, invece le navi erano state minate e saranno fatte esplodere nel mare antistante.
Si trovano facilmente in rete le testimonianze audio e video dei pochi sopravvissuti, nel libro e nel famoso film “Il mandolino del capitano Corelli” sono rappresentati i tragici fatti.
Esiste un Museo ad Argostoli realizzato dai reduci italiani, ma lo troviamo chiuso, il memoriale è un monumento edificato dove molti della Acqui sono stati uccisi, ma di eccidi lungo quest’isola ce ne sono stati tanti, ogni buca o anfratto veniva utilizzato per nascondere l’orrore, spesso una colata di cemento chiudeva tutto per sempre. Nelle vicinanze ci abbeveriamo e rinfreschiamo alla manichetta d’acqua potabile annessa a un cippo votivo che i reduci hanno voluto realizzare qui: è dedicato a Santa Barbara loro protettrice. Non trovo altro che ricordi tutto questo.
Proseguiamo con la moto verso l’aeroporto con un caldo soffocante, l’unico collegamento diretto con l’Italia è Forlì con una compagnia aerea privata. Su Cefalonia, ma nemmeno su Itaca ci sono parcheggi a terra per le barche con sbocco diretto a mare come a Nidri, qui gli spazi del resto sono esigui.
Sbaglio strada diverse volte perché le indicazioni stradali sono praticamente assenti e se ci sono sono nascoste dalla vegetazione in posizioni bizzarre per essere viste, agli incroci i segnali stradali non bisogna cercarli di fronte, ma girarsi alle spalle. Raggiungiamo la parte sud dell’isola fin verso Poros, poi rientriamo cercando una strada che ci faccia scavallare di nuovo la montagna in direzione Sami, dove ci sarebbe un’altra possibilità di ormeggio.
Il caldo anche in movimento con la moto è soffocante e quando ci si deve fermare per cercare la strada corretta è insopportabile.
Ci perdiamo fra strade bianche che non portano da nessuna parte e decidiamo di fermarci in una taverna nei pressi di un monastero per bere qualcosa di fresco, mia moglie si appisola seduta al tavolo sfiancata.
Dopo un paio d’ore riprendiamo quota lungo una strada in salita sul fianco della montagna, forse è stata costruita dal nostri militari per piazzare in alto le batterie di artiglieria che saranno facilmente distrutte dall’aviazione tedesca in quei giorni nel settembre 43. Scavalliamo facilmente e scendiamo di nuovo al mare verso Sami dove ci fermiamo di nuovo in un bar.
Itaca è di fronte a noi, una decina di miglia di traversata, anche se Penelope non c’è, Itaca non ci scappa più e la raggiugneremo per la solita fretta l’indomani. Verso sera rientriamo al nostro ormeggio, le 8 barche charter tutte uguali in fila sono già ormeggiate come previsto e avanzano ancora dei posti liberi. Perché non ci volessero lasciare in quel posto non l’ho capito.
Comunque il giorno successivo lo lasceremo libero prestissimo, prima ancora dell’incasso.

Martedì 30 luglio Agia Efimia - Vathi di Itaca
Per uscire dall’ormeggio devo fare un bagno mattutino, la mia ancora di poppa è sormontata e bloccata dalla catena di uno dei charter appena arrivati, era successa la stessa cosa al catamarano a fianco il giorno prima, purtroppo capita, ma sono solo 4/5 mt di profondità e quindi con la maschera è facile sbrigliarla.
Partiamo presto senza vedere il custode e nessun rimpianto ….
Verso le 11 siamo a Itaca, la circumnavighiamo a motore portandoci sul lato est e ci fermiamo al riparo di un’isola calando l’ancora, il fondale è sui 9 metri e l’acqua ha una notevole trasparenza. Potrei ormeggiare su una banchina di cemento dell’isola, non lo faccio, ma lo spazio ci sarebbe e me ne pentirò amaramente. Infatti ancoro lungo il canale fra Itaca e l’isolotto, ma subiamo tutto il giorno il traffico di ogni barca in transito e inoltre verso sera al crescere del maestrale dovremo fuggire perché la mia ancora Bruce arerà. Questa mi tradisce spesso, ho l’impressione che anche se penetra bene, quando il vento cambia e proviene con una angolazione diversa, perde l’adesione di una marra e su due sole marre con vento forte facilmente ara. Dobbiamo proseguire verso Vathi che è il primo porto verso nord di Itaca sicuro e protetto. Quando il vento al tramonto rinforzerà dobbiamo partire e affrettarci a chiudere bene il boccaporto, togliere il tendalino e fissare tutto a dovere per percorrere una rotta stretta a secco di vele e a pieno motore in direzione nord, rimanendo il più possibile sotto costa per evitare le onde che si formano in mare aperto. Potrei tentare di aprire un paio di metri di fiocco, ma l’angolo delle raffiche è molto variabile, non ci provo nemmeno.
Mando mia moglie in cabina facendola chiudere dentro, la coperta è battuta dagli schizzi d’acqua per il mare confuso che spesso frange di prua, la velocità che riesco a mantenere è intorno ai 4 nodi, dovremo soffrire circa 2 ore per doppiare il promontorio che dobbiamo superare per entrare nel profondo fiordo. Arriveremo dentro a Vathi con il sole ormai già tramontato.
Questi paesi sono cresciuti volutamente in posti completamente oscurati e non visibili dal mare aperto senz’altro per evitare le scorribande dei vari pirati Turchi e Uscocchi Croati, appaiono proprio all’improvviso e senza gps non sarei così sicuro di trovarli.
Anche nella parte più interna le raffiche di vento precipitano dai monti e si fanno sentire, mi avvicino nella parte nord che è la più protetta, ma è ormai quasi buio e non trovo ormeggio. Lego la mia cima di prua a due parabordi galleggianti che sembrano essere saldamente legati sul fondo a qualcosa di molto pesante, il gommone della guardia costiera è in banchina a pochi metri da noi, ma nessuno si vede, scendo a nuoto e chiedo info ai due bar ristoranti aperti. Uno dei due mi sconsiglia di stare legato in quella posizione, l’altro mi riferisce di stare tranquillo che “la polizia è amica sua”. Ormai è buio, non so dove andare e preferisco accendere la mia luce bianca solare in pozzetto e fermarmi in quel punto che tanto non intralcio nessuno.
Per questa serata ceniamo in barca con un pò di pane e una scatola di tonno un pò datata.
La notte passerà tranquilla solo di primo mattino mi sveglio sentendo la mia prua baciare dolcemente la banchina, è possibile che i 2 parabordi a cui sono stato legato durante la notte, non siano proprio un corpo morto, ma dei segnali di qualcosa di sommerso, forse è un relitto che nottetempo col mio tiro si è girato e un pò spostato di un paio di metri.



Mercoledì 31 luglio, Vathi e dintorni su Itaca
Il maestrale si è esaurito durante la notte e appena noto un ormeggio libero lascio il mio precario ancoraggio avvicinandomi in banchina come al solito di prua, lascio scorrere l’ancora a poppa raccolta nel secchio appeso alla scaletta e compiaciuto mi accorgo che giorno dopo giorno le manovre mi vengono meglio. Approdo facilmente anche con l’aiuto di un italiano che già ormeggiato gentilmente ci prende le cime a prua. Per raggiungere il centro del paese dobbiamo fare a piedi circa 1 km e solo in centro faremo colazione. La baia profonda e molto spaziosa permette di ancorare quasi ovunque. Ci sono davvero tante barche all’ancora.
Noleggiamo una bella moto 250 cc, ha il serbatoio vuoto, facciamo il pieno e un po’ di spesa perché in barca il cibo è proprio terminato, quindi saliamo il crinale dell’isola che ci permette di vedere dall’alto Cefalonia e il canale che le separa, risaliamo Itaca verso nord ammirando diversi scorci panoramici compresa la profonda insenatura raggiunta via mare la sera precedente. Scendiamo poi verso i due paesi Frikes e Kioni, dove ci fermiamo per un ristoro. Verso sera saliamo ancora verso l’eliporto e il monastero di Katara, da lassù la vista di Itaca è proprio completa, contemporaneamente sia dal lato est che ovest.
Da quello est vediamo all’orizzonte Kastos e Kalamos che saranno le nuove mete da raggiungere. La partenza deve essere precoce al mattino presto per evitare i capricci serali del maestrale che ieri sera si è fatto ben conoscere con i suoi flussi d’aria che precipitano sui fronti freddi dal crinale delle montagne. Infatti salendo al monastero con la moto, la differenza di temperatura si percepisce netta.




Giovedì 1 Agosto, Vathi - Kalamos
C’è solo un debole chiarore quando lascio il mio ormeggio, il sole lo vedremo salire più tardi all’orizzonte solo in mare aperto. Voglio evitare di subire di nuovo il maestrale pomeridiano e arrivare a Kalamos in mattinata. Ma ho anticipato troppo la partenza, perché già verso le 9 siamo in acqua a nuotare su alcuni isolotti in prossimità della meta. Ho scritto una mail al buon cantiere di Platarià chiedendo info sui nuovi costi di parcheggio barca e propongo loro la cifra di 1000 euro per un anno.
La risposta non si fa attendere: mi chiedono ben 1’742,00 + iva 24%, a Nidri invece pago molto meno della metà.
L’organizzazione e le professionalità sono profondamente diverse, ma rinuncio a portarla più verso nord come avevo previsto in vista di un futuro rientro in Italia, penso non ne valga la pena spendere tutti quei soldi per guadagnare solo due giorni di navigazione.
Inoltre mio figlio mi segnala un biglietto Ryanair a un prezzo irrisorio: Preveza - Bologna per il 5 agosto, 75.00 euro totali, 2 persone e 2 bagagli a mano compresi. E’ allettante, decidiamo di anticipare di qualche giorno il rientro. L’alternativa sarebbe aspettare il volo del 10 agosto pagando più del triplo.
Prendo accordo per il parcheggio a Nidri per il sabato 3 agosto ed entriamo in una insenatura disabitata, Porto Leone su Kalamos. Pensiamo di fermarci solo qualche ora, invece impigriti ci fermeremo pure la notte: ancora a prua, ancora a poppa e terza cima legata con una catena ad una roccia sommersa, un ancoraggio da sonni tranquilli, basta non arrivino perturbazioni da sud, ma non sono previste da Windfinder.



Venerdì 2 Agosto Kalamos, Porto Leone - Meganisi Vathi Marina
Sono solo 10 miglia, 2 h di navigazione senza vento, Meganisi ha una forma stretta e allungata, solo nella parte nord si apre come un fiore con una serie di cinque insenature, Porto Atheni e Vathi Marina sono le principali e le meglio protette. In prossimità dell’arrivo ad una di queste ci fermiamo per un bagno. Proprio dove calo l’ancora noto sul fondo qualcosa di bianco. Immergendomi con la maschera vedo che purtroppo è un pesce volante morto. Chissà da dove arriva, deve aver abboccato ad un’esca perché ha un amo inox che luccica ancora conficcato in una branchia. Il filo è stato tagliato di netto come estremo tentativo di salvarlo, ma l’amo gli avrà provocato un’emorragia che gli è stata fatale. E’ lungo oltre 40 cm e ancora intatto, ma è già aggredito da alcuni vermi cane che lo faranno lentamente scomparire.
In prossimità della costa ci sono diversi scogli affioranti non sempre ben segnati e visibili, ne stiamo alla larga, entriamo e ormeggiamo a Vathi Marina nello stesso punto dove sono passato due anni fa. Ci infiliamo in uno spazio esiguo fra altre due barche di ben altre dimensioni. Una di queste ha le fattezze di una barca antica di legno e ben ristrutturata, invece parlando con il vecchio proprietario che ci aiuta nell’ormeggio, capisco che è una copia costruita solo 7 anni fa. Lunga una ventina di mt ha un timone a barra gigantesco e una vela di prua strana rollabile che scende dalla penna di uno dei due alberi come uno schermo.
Per cena ci concediamo una ottima pasta allo scoglio davvero ricca di gradevoli sapori di mare.
Nidri si trova a meno di un’ora di navigazione e confermo con un messaggio la mia volontà di parcheggiare l’indomani sabato 3 agosto.








Sabato 3 agosto, Vathi - Nidri - Preveza
Mia moglie scende a terra a un pontile nel paese, mentre proseguo da solo al parcheggio.
Qui i tempi di attesa per queste ultime manovre sono imprevedibili: “ fra mezz’ora”, mi riferisce sicuro mister K , per uscire a terra …. . Saranno invece tre ore. Mi fanno salire su un carrello stradale calato da uno scivolo precario che io devo centrare a motore, le cime che ho preparato a prua vengono al solito ignorate, non digerisco proprio il loro sistema con il gancio di acciaio del verricello che mi ha già distrutto diverse bitte.
Per lasciarla devo rifare alla rovescia tutte le operazioni già fatte al mio arrivo, niente di difficile, solo qualche ora di lavoro, ma tanta fatica per il caldo, terminerò solo verso le 18 dimenticando anche esposte le bandiere greca e italiana.
L’autobus da Nidri per Lefkada parte dal centro del paese alle 19,30 e non è vicino.
Mia moglie mentre chiudo la barca, ha noleggiato una bici e portato le due valigie in una zona centrale più agevole.
Non sappiamo ancora che a Lefkada non troveremo la coincidenza bus per Preveza, non sappiamo che faticheremo a trovare un taxi per Preveza a 45 euro e che dovremo affannarci per trovare una camera a Preveza a 353 euro per solo 2 notti, comprese due blatte nel water e nemmeno che il volo Ryanair da Aktio partirà con due ore di ritardo e ci farà perdere la navetta prenotata da Bologna per Ferrara.
A conti fatti certamente era meglio fregarsene dell’offerta Ryanair, navigare tranquilli ancora per 5 giorni e volare su Bologna solo il 10 agosto.
Ma questo è un fuori tempo, meglio non pensarci più.


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Commento file: Meganisi
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 Oggetto del messaggio: Re: Cefalonia e Itaca 2024
MessaggioInviato: 22/08/2024, 19:24 
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wow ! barca piccola ma grande marinaio !!!! grazie per aver condiviso anche questa tua esperienza ! sai quante volte me la rileggerò , questo inverno ? grazie ancora !


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 Oggetto del messaggio: Re: Cefalonia e Itaca 2024
MessaggioInviato: 28/08/2024, 10:51 
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Bellissimo racconto, ma che fatica. Confido che il divertimento sia stato maggiore degli inconvenienti


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 Oggetto del messaggio: Re: Cefalonia e Itaca 2024
MessaggioInviato: 30/08/2024, 9:36 
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carlo1974 ha scritto:
wow ! barca piccola ma grande marinaio !!!! grazie per aver condiviso anche questa tua esperienza ! sai quante volte me la rileggerò , questo inverno ? grazie ancora !

"barca piccola " si
"grande marinaio" proprio no, il percorso e le condizioni meteo non erano difficili


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 Oggetto del messaggio: Re: Cefalonia e Itaca 2024
MessaggioInviato: 30/08/2024, 9:43 
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Paddy ha scritto:
Bellissimo racconto, ma che fatica. Confido che il divertimento sia stato maggiore degli inconvenienti

E' solo un diario dove vi racconto qualcosa di saporito del mio percorso, la normalità credo non interessi a nessuno.
Forse il mio stile mi porta a drammatizzare esageratamente le situazioni, ma che in realtà possono capitare a tutti.


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 Oggetto del messaggio: Re: Cefalonia e Itaca 2024
MessaggioInviato: 30/08/2024, 10:57 
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che bel racconto, un piacevole romanzo!


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