11° giorno:
Quella passata al parco dell’Uccellina è decisamente stata la notte più bella di tutta la spedizione. E non da meno è stata l’alba. Di solito, altrove, pur svegliandosi sempre di buon ora, c’è sempre qualche mattiniero che pianta il suo ombrelloncino più o meno vicino all’accampamento, gli stabilimenti nei paraggi hanno già aperto, qualcuno passeggia sul bagnasciuga, insomma la spiaggia la dividi già dalle prime ore del mattino. Qua no, appena mettiamo il naso fuori dalla tenda non c’è ancora anima viva su tutto il litorale e così resterà quasi fino al momento della nostra partenza. Il mare è piatto e deserto, il cielo limpido e ancora soffia una brezzolina di terra che fa l’acqua a squame di pesce. Davanti a noi, leggermente a sinistra, l’isola del Giglio già conquistata. Parecchio a destra, a nord-ovest, si intravede la sagoma dell’Elba, la nostra meta. Tra maltempo, sventolate improvvise e rotture varie, si sta facendo veramente desiderare. Ci stiamo mettendo ben di più del previsto ad arrivare. Ma ormai è in vista, è prestissimo e se ci mettiamo in acqua quanto prima, oggi possiamo tentare il colpaccio. La distanza non è poca ma… non facciamo programmi! Prepariamo il caffè e lo accompagniamo con dei cornetti in busta. Tutto intorno alla barca è zeppo di impronte che arrivano dai cespugli di macchia mediterranea alle nostre spalle, gironzolano un po’ ovunque e poi vanno dritte sotto il ramo dove è appesa l’immondizia. Mi viene in mente la storiella della volpe e l’uva perché il sacchetto è integro e da lì sotto, dopo aver zampettato un po’, l’animaletto se ne torna nella vegetazione. Mi immagino l’aria sconsolata… Dopo un’oretta, abbiamo riposto e rizzato tutto (ovviamente anche il sacco dell’immondizia, ce ne disferemo dove e quando si potrà). Credo fossero circa le 8.30 quando abbiamo spiegato le vele, ancora con brezza da terra. Appena partiti diamo un orecchio al bollettino che promette bello, est 2 (ed è quello che abbiamo dopo breve tempo) poi nord-est 4 in tarda mattinata, poi rotazione di 180 gradi, ovest 3 nel pomeriggio. Alquanto insolito ma se così sarà potremo navigare tutto il giorno senza troppi problemi. Non riteniamo prudente da dove siamo puntare direttamente l’Elba, preferiamo far rotta su Puntala e poi quando siamo un po’ più a tiro, magari se dovesse girare a ovest, farci un paio di bordoni in bolina e raggiungere la metà. Mattinata pressoché tranquilla ma il nord-est 4 non tarda ad arrivare. Ce l’abbiamo esattamente al traverso, filiamo come razzi su un mare che resta abbastanza piatto perché venendo da terra il vento non ha abbastanza acqua per formarlo, Africa urla ma lo scafo sopravento comincia ad uscire dall’acqua troppo spesso nonostante il trapezio. Giusto per precisare, quando noi cominciamo ad alzarci, un cat più piccolo viaggia su un solo scafo già da un pezzo. “Vogliamo ridurre?” Prua al vento, grilli e perni in bocca e quasi mezza vela non c’è più. Ora è tutta un’altra musica, riusciamo a mantenere una buonissima velocità ma siamo stabili e governiamo bene. Non so esattamente che ore sono ma Puntala è a 8/9 miglia ed è sempre nord ovest. Se poggiamo possiamo metterci al lasco e cominciare l’ultima, decisiva traversata, 19 miglia grossomodo da Puntala, da dove siamo un po’ di più, verso Naregno, “il culo dell’Elba” come lo chiamiamo noi. E sia!! Verso l’ora di pranzo abbiamo fatto già un bel pezzo e il vento cala un po’ e una mano di terzaroli in teoria non servirebbe più ma ridare tutta tela è molto macchinoso, richiede tempo e un tuffo in acqua perciò ci accontentiamo di restare così. Dico all’ora di pranzo perché ricordo che abbiamo mangiato ma se fosse mezzogiorno o le due non ne ho idea! A panza piena il vento cala ancora, troppo… e abbiamo ancora 11 miglia davanti sul gps. Velocità scesa ad appena 2 nodi e anche meno, gran lasco, gran caldo! Eravamo convinti che si stesse fermando tutto per via dell’annunciata rotazione… quindi se prima era nord ovest, l’ovest che arriva stara spingendo via il suo predecessore.. abbi pazienza, vedrai che torna subito. Dopo un’ora, 1,2 miglia percorse, ricordo esattamente il gps che indicava 9,8 miglia a destinazione. Ora siamo praticamente fermi. Via sti terzaroli perché così non arriviamo più e poi fa troppo caldo! Problema n°1: sganciare il boma e il caricabasso senza far cadere nulla in acqua; fin qui siamo pratici, tutto in bocca e via! Problema n°2: sganciare l’anello legato al cavetto d’acciaio che scende fin sulla penna della randa. Cerco di spiegarmi meglio: l’anello con cui termina la drizza di randa, sul 21 si ferma in testa su un gancio montato sul profilo di dritta dell’albero rotante deviato, e ne sporge verso poppa leggermente deviato verso l’inferitura cos’ì che per agganciare basta farlo scavallare issando la drizza fino a fine corsa, poi ruotare da basso l’albero in senso orario così che il gancio vada a finire proprio nell’anello, quindi filare la drizza facendo scendere randa e anello quanto basta da restare appesa al gancio stesso. Sarà poi il caricabasso a impedire un’uscita accidentale. Per sganciarla si fa all’opposto: drizza di randa a fine corsa, rotazione dell’albero in senso anti orario, il gancio si scosta dall’anello, drizza filata e la randa comincia a scendere. Tutto questo è possibile perché la penna della randa è fatta da due placche sagomate d’alluminio o plastica rigida a formare un sandwich farcito di vela! In altre parole quando l’albero viene ruotato, la vela resta in asse con la barca, e con lei l’anello, permettendo al gancio di entrare e uscire a seconda del verso di rotazione. Con una mano di terzaroli le cose cambiano, l’anello è montato sul cavetto d’acciaio e non sulla penna della vela perciò ruotando l’albero, ruota anche l’anello non più tenuto in asse. Questo vuol dire che la prima volta che abbiamo provato il sistema, l’aggancio è andato bene, per sganciare è toccato scuffiare la barca a terra ed arrivarci manualmente. Sto problema, non sperimentato da molto tempo, è stato per il momento risolto collegando una cimetta più o meno alle 9.00 immaginando l’anello come un orologio (quindi dal lato opposto al gancio). La cimetta, che si lega solo quando si riduce la vela, scende giù fino ad una piccola galloccia all’altezza del boma dove è data volta, con la parte in eccesso (ma necessaria) è addugliata. La cimetta, ad albero ruotato, dev’essere tirata più o meno da davanti la barca, per forzare la rotazione in senso opposto dell’anello. Diciamo che non è proprio semplicissimo ma con due madonne e 4 o 5 imprecazioni a piacere, in pochi tentativi si riesce. In mare, per avere l’angolazione giusta, ci si deve tuffare in acqua e allontanarsi a prua 5/6 metri dalla barca. Questo solo in caso di sgancio, perché l’aggancio non richiede tutta st’operazione, va sempre liscio come l’olio. Preciso pure che oggi anche questo rompicapo l’abbiamo risolto con un sistema molto semplice ma che non mi metto a spiegare ora per non occupare un’altra pagina… vabbè ma tanto siamo fermi esattamente al centro tra Puntala e l’Elba, 10 miglia davanti, 9 dietro… abbonacciati!!! Almeno il tuffo in acqua per ridare vela m’ha rinfrescato un po’… verso il continente si vedono cabinati sbandatissimi che evidentemente usufruiscono ancora del nord-est… altrove e verso l’Elba tutti a motore. Non so da quanto tempo siamo fermi, so solo che il sole è sceso dallo zenith!! Saranno almeno le 16,30… la vedo dura. Rotazione, rotazione, mi sa che come è ruotato così se n’è andato e a quest’ora dubitiamo che possa tornare. A noi basterebbe una bava per muoverci e governare un minimo, ma non c’è nemmeno quella. Le vele sbattono senza una direzione. La sensazione comune è che una leggera corrente o deriva ci stia portando lentissimamente verso sud ovest, il che vuol dire che se non troviamo una soluzione, finiremo per scarrocciare troppo mancando l’isola e finendo in pieno Tirreno e per giunta di notte.. in lontananza qualche cabinato procede lentamente a motore. E’ giunta l’ora di rimediare un rimorchio e mi attacco al vhf. E’ un portatile e non ha 10 miglia in trasmissione, perciò devo cercare di farmi capire e sentire dalla barca più vicina che vedo. Ce n’è una un miglio a nord di noi, proviamo. Sul 16 comincio a cercare di farmi capire chiamando una barca di cui non conosco il nome ma cerco di identificare per “imbarcazione a vela scafo blu con prora su Naregno o Porto Azzurro” da Catamarano Africa… Un po’ pochino lo so, ma cosa avrei dovuto fare.. Ottengo solo silenzio.. o non c’hanno visti, o non ascoltano la radio, o se hanno sentito non hanno prestato attenzione alla comunicazione perché troppo generica. Ok, con la radio non funziona. Non mi passava per la mente per ora di richiedere un soccorso perché nessuno era in pericolo, avevamo mute e alternative per coprirci in caso di prolungamento dell’orario e soprattutto, stando alle regole, “NON AVREMMO DOVUTO TROVARCI LI’” quindi meglio aspettare… pagaiare per 9 miglia sarebbe una follia, ci farebbe solo sprecare energie.. Le imbarcazioni in rotta da Puntala ci passano lontane a Nord, quelle da Talamone lontane a Sud… Tiriamo fuori i cellulari dalle sacchette stagne sulla terrazza, non servono perché non hanno campo, utili solo a sapere che sono quasi le 18.00!! Se proprio dovesse mettersi male, abbiamo sempre i razzi.. ecco cosa prova un naufrago su una zattera, io lo so!!
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Commento file: Alba all'Uccellina, Giglio sullo sfondo

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Commento file: Monnezza appesa ed Elba lontanissima a sinistra

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_________________ Il mare non vuole bravi!!
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