Uvala Dumboka, isola di Dugi Otok 44° 7,18 N - 14° 56,10 E
PERSONE.
Arrivo qui la prima volta mentre visito le calette di questa costa una per una. I vicentini incontrati a Mala Rava me l'hanno consigliata, Dumboka, hanno detto che è molto riparata. Invece, appena mi accosto al molo, di fronte alle prime (ed uniche) casette, e scendo a terra, mi rendo conto che nell'avanporto (chiamiamolo così...) l'onda di maestrale entra come vuole, proprio d'infilata. E dietro il molo foraneo, l'acqua sembra bassissima e poi non c'è posto. Via subito da qui, mi dico.
Ci torno un paio di giorni dopo, aspettando l'arrivo di Meteor che intende fare dogana a Bozava, la quale si trova cinque miglia più a nord. La previsione è di maltempo; temporali, neanche a dirlo, ma da sud-ovest o da sud-est, e da quella parte il riparo c'è.
A buon bisogno, mi spingo ad andare a visitare con Wayra una delle tane-bunker dei sommergibili, a 200 metri dal minuscolo porto di Dumboka, ma che si trova in realtà in un'altra insenatura. Le gomme di auto che rivestono le banchine di ingresso mi rassicurano, anche se l'imboccatura del tunnel è rivolta ad Est tuttavia il promontorio un po' la protegge, e comunque non c'è sentore di Bora. Ormeggio, non senza difficoltà, alla banchina più comoda, all'ingresso del tunnel; dicono che ci siano i topi, qui, ma a me sembra una balla, semmai i pipistrelli, che cosa ci farebbero i topi? Non c'è niente intorno al bunker, la costa è dirupata, anche se forse un sentiero da quelle quattro case di Uvala Dumboka ci arriva. Fatto il bagno, decido di tornare in paese; sono da solo a bordo, il bunker è proprio isolato, non c'è nessuna altra barca, e l'idea di passarci alcune notti di burrasca è abbastanza deprimente.
Dietro front e via in paese. Chiamiamolo pure così, per complimento: sono 4-5 case "di villeggiatura". Al momento c'è una famiglia di Praga, con due splendide ragazze giovani che passano la giornata in acqua, il babbo che parla male l'inglese e la mamma, bellissima anche lei. Poi c'è un tale forse croato, che pesca dal moletto, con la canna, ma, me lo dice lui, il pesce non lo mangia e lo regala ai suoi amici (dei quali ahimè non mi invita a fare parte). Innesca, lancia, recupera, slama, e via di nuovo, quasi senza sosta; usa come esca un verme, sarà quello di Rimini? A quali amici, poi, regala il suo pesce, rimarrà un mistero. Infine c'è una coppia di Sloveni, moglie e marito, lei una bella mora dagli occhi azzurri, lui un atletico cinquantenne, che parla l'italiano. Con loro bevo il tè, a bordo della loro barchetta di 7-8 metri, che si è accostata al molo più interno, in un posto molto stretto ma senza problemi di pescaggio. Anche loro aspettano che passi la perturbazione e poi faranno rotta verso Nord; stanno rientrando a casa, a Portorose. Lui è un broker finanziario, è fallito qualche anno fa, ai tempi di Lehman Brothers, ha ripianato i debiti e sta ricominciando la sua attività con maggiore prudenza. Così dice.
Ogni tanto piove, poi smette, poi ripiove.
Sul fare della sera arriva una barca a motore, attrezzata da pesca. A bordo una coppia sulla sessantina, lui una bella faccia aperta con un bel barbone alla Hemingway, lei una biondona perfettamente a suo agio con cime e ormeggi. Si piazzano più all'interno, rispetto a me, e quindi un po' meglio ridossati, ma sostanzialmente nella stessa broda in cui mi trovo io, e mi confermano che se monta da NW qui il mare entra e bene, ed allora è meglio scappare nella tana del sommergibile; dove, dice lo skipper, c'è riparo per qualunque mare (sottointeso: per loro che non hanno alberatura...). Lui parla italiano e risulta essere un ex costruttore di barche, con un cantiere a Cirqueniza (Fiume), ed ex allenatore di vela; poi si è stufato, ha chiuso la sua attività e si è messo a fare il pescatore per i ristoranti della zona, a tempo quasi pieno, mentre lei che invece ha il suo lavoro, lo aiuta durante le ferie estive. Di sera buttano le reti, e la mattina le vanno a recuperare, poi mettono il pesce in ghiaccio e vanno in porto a Bozava o a Sali a vendere. Ma solo ai ristoranti, a me non ne offrono...
Arriva uno che parla in italiano, anzi è italiano; è un veneto, è qui con la famiglia, e passa qui le ferie da anni; domani devono tornare a casa. Nel frattempo, ma che carino, mi regala la storia di una notte di tregenda, nella quale una barca ancorata qui in rada, sorpresa da "un metro d'onda che era montata in un attimo" è dovuta fuggire via, con l'ancora che arava. Lui è rimasto molto impressionato da questa scena di pericolo che aveva visto con i suoi occhi, ed insiste a dire che il mare è pericoloso, che lui aveva comprato una lancia ma non ha masi osato andare in mare, perché il mare è pericoloso.... Mi tocco di nascosto le parti basse, mi scuso, ma non in veneto, e mi allontano...
Intanto, durante il pomeriggio, ho localizzato un catenone sul fondo, peraltro abbastanza profondo e un po' troppo a poppavia rispetto alla mia barca; per prudenza ci ho passato sotto un doppino. Se stanotte montasse mare, mi dico, mollo l'ormeggio a terra, mi filo sul doppino e mi porto più dentro, affiancato al peschereccio o meglio ancora dietro di lui; anche se lì l'acqua è più bassa, il che vuol dire più frangenti e più strapponi sulle cime, ma è comunque un po' più riparato.
Viene notte. Lampi lontani, piove forte; piove forte, ma non tuona, piove forte ma il mare rimane calmo, e, passato il temporale, si può tornare a dormire. Per stavolta è andata.
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