Lo scorso anno ci capitò di sbagliare la giornata in Croazia. La barca era un GS40S, progettato da Paperini. Isola di Arbe (Rab), nel Quarnaro.
Riporto qui la pagina del diario di bordo di quel giorno
http://addioegraziepertuttoilpesce.blogspot.com/2011/01/i-miei-primi-58-nodi.html:
Lunedì 31 maggio 2010
Durante la notte si è alzato un forte vento. Le sartie hanno ululato, mentre la drizza della randa del vicino sbatteva fastidiosamente contro l’albero. Quando mi alzo il cielo è coperto e plumbeo e comincia a piovere.
Non avendo lo sprayhood a protezione dell’accesso alla coperta, siamo costretti ad asciugare ogni qualvolta qualcuno sbircia fuori per vedere il tempo. Nel frattempo vado al marina a prendere le previsioni meteo: nelle prossime 24 ore, previsti rovesci temporaleschi con vento a raffiche fino a 30 nodi, in diminuzione.
Mi consulto con gli skipper delle altre due barche e decidiamo di prendere il largo. Io chiedo, per curiosità, ad un marinaio del porto, se giudicasse opportuno uscire e lui, senza tante parole, scuote la testa. Ne parlo al più esperto dei tre (giromondista che ha fatto anche parte dell’equipaggio del Lycia) e mi dice che conosce bene la zona e che non ci sono problemi. Prendiamo il largo. Mio fratello è al timone ed io sono sotto a vedere la rotta per Simuni, mentre gli altri puliscono il pesce fiocinato la sera prima.
Natale intanto è vestito nella migliore tradizione marinaresca, il ritratto del vecchio lupo di mare: cerata integrale infilata negli stivali alti, cappello da pescatore di granchi della Norvegia, occhiale legato. Anch’io, per precauzione, ho indossato stivali e cerata, ma sotto sono in maniche corte e pantaloncini. Nat vorrebbe tirare fuori le vele, ma io mi impongo e preferisco andare a motore almeno fino all’uscita dalla baia riparata: decisione saggissima! Faccio appena in tempo a dire a tutti di aggrapparsi, che veniamo colpiti, o meglio, travolti, da una raffica paurosa che ci manda in straorza. Zeno prontamente da motore e si mette prua al vento ed io leggo sul windex 50.1 kn! La Bora!!!
Il mare è diventato improvvisamente bianco, non si vede nulla e veniamo investiti da proiettili ghiacciati che ci colpiscono in viso. Mi giro e non vedo più Natale: urlo a Zeno se l’ha visto, ma non sa dirmi nulla. Allora mi affaccio in cabina e chiedo a Paolo e Stefano, che sono ben attaccati in dinette e mi dicono che è nella sua cabina: mi giro e lo vedo, avvolto nei suoi mutandoni di lana, che si infila in cuccetta… Tiro un sospiro di sollievo. Mi dicono gli altri che a questo punto ho detto, con molta serenità: “Adesso sono cazzi. Mettete via tutto quello che può volare e tenetevi saldi”. Io non lo ricordo, ma a loro, che assolutamente non si rendevano conto di nulla, sembra che questa mia tranquillità abbia dato sicurezza.
Io non ero per nulla tranquillo! La raffica passa, ma il vento continua a soffiare sui 40-45 nodi. Riesco tuttavia a vedere le altre due barche: il GS 40 è a poche decine di metri da noi, anch’essi prua al vento, mentre l’Elan è ancora traversato e non riesce a raddrizzarsi, probabilmente a causa di sprayhood e tendalino. Ci rendiamo conto che tornare ad Arbe è impossibile ed io mi fiondo sottocoperta e li chiamo via radio, mentre Zeno tiene la prua al vento. Martin, dal GS, mi risponde subito e decidiamo insieme di provare a raggiungere il riparo della costa a Nord, mentre Riccardo, dall’Elan, ci comunica che vuole proseguire verso sud, facendosi portare dal vento fino ad un riparo dietro Lussino. Fuori il vento soffia ancora sui 50 nodi ed il mare comincia ad ingrossarsi. Noi siamo davanti e Martin subito dietro. Cominciamo a risalire il vento con il motore a 2.200 giri, a 3 nodi di velocità: la situazione è abbastanza sotto controllo, ma il vento è impietoso e l’acqua che ci colpisce fa male sul viso. Ci alterniamo al timone, scambiandoci ogni 20 minuti, a causa del freddo e della fatica, per circa un’ora e mezza. Improvvisamente tutto si fa più calmo e spunta il sole. Il vento scende a 30 nodi e ci consultiamo rapidamente via radio per decidere cosa fare: siamo a circa 6 miglia a nord dall’accesso ad Arbe e decidiamo di tornare indietro. Lo comunico a Zeno, al timone, ma come viriamo ci troviamo di fronte un muro nero che sale da sud. Decidiamo allora di invertire nuovamente la rotta. Martin propone di raggiungere il porto di Supetarska Draga, a nord dell’isola di Rab. Passa circa mezz’ora di relativa tranquillità, con un mare 4 e saliamo con decisione verso nord: abbiamo quasi doppiato il primo capo dell’isola, quando improvvisamente il cielo si fa di nuovo nero ed in 3 minuti ci troviamo nuovamente scaraventati nell’inferno del mare: veniamo spazzati dall’acqua e non si distinguono più mare e cielo. Il vento è feroce, cattivo, e le onde ora sono certamente più di due metri e mezzo. La barca arranca e si ferma, nonostante si aumentino i giri del motore: decidiamo allora di bolinare a secco di vele e riusciamo così a risalire le onde a circa 3 nodi. Più tardi mi diranno che il windex dell’altra barca ha registrato 58 nodi!
Siamo immersi in uno scenario incredibile: l’inferno dei marinai, eppure così bello! Guardo l’altro Gs, a qualche centinaio di metri da noi, e mi sembra una barchetta di carta in balia delle onde. Ad un certo punto si solleva così tanto che riesco a vedere, tra un’onda e l’altra, la deriva. In un istante io stesso mi ritrovo a guardare il cielo, prima di trovarmi sommerso da una cascata d’acqua gelida. Seguo Martin, che ora, doppiato il capo, ha puntato più a est, verso la lingua di terra a sud di Lopar, che chiude la baia di Supetarska. Alla nostra sinistra, verso Trieste, vediamo una nuvola che comincia ad arricciarsi e dall’alto comincia ad allungarsi un tubo nero. Fortunatamente, però, si ferma lì e noi, dopo un’altra ora di caos, raggiungiamo, con fatica, la protezione di questo piccolo rilievo a picco sul mare e troviamo una quiete insperata. Lo costeggiamo fino al marina di Supetarska. E’ un paradiso: come ormeggiamo, spunta anche il sole, mentre fuori, in lontananza, vediamo ancora il mare coperto di nebbia bianca ed onde che si inseguono spazzate dal vento.
Sentiamo al telefono Riccardo che nel frattempo è arrivato,a tempo di record, a Mali Losinj, dove si è riparato in una baia in attesa che apra il ponte per passare dall’altra parte dell’isola.
Doccia calda, racconti e brindisi con l’altro equipaggio. Scopriremo poi che nel bollettino diffuso poco dopo in tutti i Marina Aci, c’è scritto chiaramente che si aspettavano venti dai 35 ai 50 nodi, ma noi siamo partiti senza saperlo! Nessuno è stato male e non ci sono danni a bordo. L’errore che non riesco ad perdonarmi, è quello di non essermi imposto, pur sentendomi che qualcosa non andava, e di non essere rimasto in porto.