Marinai di Terraferma

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 Oggetto del messaggio: Re: croazia: capitolo 3
MessaggioInviato: 30/10/2010, 13:12 
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 Oggetto del messaggio: Tikitomtom in Croazia
MessaggioInviato: 05/11/2010, 18:56 
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In primo luogo i ringraziamenti. So che di solito si fanno alla fine, ma mi sembrerebbe sgarbato non dare la precedenza a chi ha reso possibile tutto ciò. Premetto che come una chimera, cullo l'idea di una barca per girare il mondo da molti anni. Ho una collezione di foto e recensioni di piccole barche, degna di un commodoro e spesso mi sono rassegnato a quelli che dicevano che la barca va bene solo se abiti al mare e che la barca regala solo due giorni di felicità e che con la barca ti compri un debito e tutto il repertorio che i sognatori in bolletta, come li chiama Lorenzo Carnevali, conoscono meglio di me. Si aggiunga a questo, il fatto che io vivo in montagna, ma montagna montagna, Dolomiti, con la neve, il freddo e tutto il resto. Soprattutto non ho un lavoro che mi permetta grandi lussi. Meglio, non ho un lavoro. Appartengo a quella categoria ahimè molto numerosa, che a me piace definire "lavoratori flessibili", ma che è meglio nota come precari. Insomma, avete presente la tipica mentalità del mitico nordest produttivo? Ecco, immaginatemi all'estremo opposto. Piuttosto che lavorare ho studiato, ho viaggiato, ho collaborato con progetti tra i più assurdi, tra cui spiccano la gestione di un rifugio alpino, una carriera di pilota di parapendio biposto per voli turistici, conclusasi con una vertebra fratturata, una scuola di parapendio e una di speedride e speedfly, sport che hanno il rapporto tra praticanti e infortuni mortali, prossimi a quelli della roulette russa, e i clienti di conseguenza. Tutte storie affascinanti, ma soldi zero. Quei pochi che facevo, lì investivo in assurdi progetti di circumnavigazione a bordo di zattere poco più che galleggianti. Dimenticavo, ho anche lavorato come "deckhander" in uno yacht di lusso, ma per un intervallo molto breve prima di litigare con lo skipper e farmi sbarcare con la mia sacca. Insomma, tutto tranne che armatore. Aggiungiamo anche il particolare, che come già accennato, tutto tranne che marinaio, ma proprio proprio niente se si esclude qualche breve esperienza su laghi alpini. Ho versato sangue con kayak e canoe varie, come surrogato di barche vere, con risultati anche discreti, ma la barca vera era la mia meta, lontana chimera, lontana. Ho convinto due bionde, con le quali tuttora condivido la vita a seguirmi sui mari, sopra una canoa a vela autocostruita, da Jesolo alla Turchia, caricandola e scaricandola continuamente dal furgone. Nulla da stupirsi a questo punto, quando ho fatto provare a Violanda una barca seria. Non sembrava neppure vero di non dover pompare l'acqua fuori bordo, durante la navigazione e nonostante il freddo e la pioggia è stato amore. Peggio è stato far capire ai miei, che i soldi da loro duramente risparmiati negli anni, regalo per il matrimonio, destinati alla casa, all'università dei nipoti, a qualunque altra cosa, sono stati poi destinati ad una barca, ad un debito che regala solo due giorni felici et cetera et cetera. Signorsì, proprio ad una barca, ad un debito, proprio noi che viviamo in montagna. Ma tant'è e la barca l'abbiamo trovata, siamo andati a vederla e a provarla in Austria. In Austria? Di più, a Vienna. Ma una barca in Austria? Proprio in Austria, e da lì, decidere se portarla a casa lungo la via naturale, scendendo il Danubio, lungo l'Ungheria, la madre Croazia, la Serbia, la Romania, la Bulgaria, fino ad Istanbul, nel ventre dell'est, dentro la patria degli zingari, fino a casa, col rischio di naufragare. Oppure portarla a casa e lavorarci dietro, tutto più lento, più posato, più logico, anche se la discesa del Danubio rimane nel cassetto. Allora con Massi varchiamo le Alpi 2 volte in 36 ore, con 3 ore di sonno e 30 litri di buona birra austriaca in corpo e la macchina di mio cognato che arranca a 50 allora trainando i 10 quintali di catamarano. Numeri del primo viaggio di Tomtom, della nostra prima vera barca che torna a casa. Intanto riceviamo una sorpresa e Violanda è in cinta di nuovo. Lo scopriamo in un freddo albergo di Pakrac, in una piovosa mattina di dicembre come regalo di natale e per tre giorni non ho dormito. La colpa è dell'asma, ma anche tutto il resto ha fatto la sua parte. Solo i nonni pensavano che vabbè i soldi sono persi, ma almeno non saremmo partiti per il mare col pancione. Il TomTomTiki trascorre il rigido inverno dolomitico e sebbene coperto subisce danni su tutta la coperta a causa del ghiaccio. Mi viene da piangere e trascorro ore malinconiche a bordo della nostra prima barca a vera, laconicamente ormeggiata sulla neve vicino a casa. Ondeggio, almeno io, tra sogni di gloria bevendomi birre congelate a bordo di Tomtom e risoluzioni definitive a base di taniche di benzina con cui festeggiare in un falò delle vanità, la conquistata maturità. Invece Violanda mi asseconda e mi incoraggia e col pancione mi fa compagnia, quando nelle lunghe serate invernali andiamo da Tomtom per togliere la neve che gli è caduta sopra e mi ascolta quando sogno il mare, la Croazia, Suez, la Polinesia. Poi con la primavera, quando la sera, chiara e lunga, invoglia a stare fuori, nonostante il clima consigli ancora il maglione, mi fa compagnia mentre gratto la coperta, svernicio i gavoni, scopro i segreti della resina epossidica. Imbraccia anche lei i pennelli e colora le cabine, mentre studiamo dove mettere la cucina a gas e il tubo dell'acqua in cucina, perché ok navigare, ma dovremo pur mangiare. Le giornate si allungano, è la stagione quando il sole scalda che sembra caldo e ti vien voglia di spogliarti anche se la neve sulle cime ricorda che la strada per l'estate è ancora lunga. Lunga sì, ma non abbastanza se vogliamo bagnare la chiglia di Tomtom in giugno e quando torno da scuola trovo il pranzo in cantiere e Violanda che si è portata avanti col lavoro tutta la mattina, col pancione che ormai comincia a gonfiare i vestiti. Lavoriamo di giorno e viaggiamo di notte sulle carte del 777 e sui racconti di viaggio. Il cantiere intanto è diventato un po' la barzelletta del paese, un po' il ritrovo dei perdigiorno, dei curiosi e di tutti quelli che non ci credono, e ci ridono addosso, scherzando sul diluvio universale, che deve ancora arrivare. Soprattutto però, di quelli che ci danno una mano. Più andiamo avanti, più Tomtom passa dall'idea di relitto a quello di barca. Siamo all'ancora proprio dietro l'atterraggio di para e delta e tutto sommato sempre di vela si tratta. Sabato e domenica c'è un viavai continuo di gente che sa di trovare sempre una birra fresca e qualcosa di cui parlare e tutti hanno sempre qualche consiglio da dare, sempre sbagliato. Sono tanti però, quelli che dallo stupore di vedere un catamarano ormeggiato sotto la neve in mezzo alle montagne, passano ad una collaborazione attiva. Molti cominciano ad apprendere le nozioni basilari di "cosachegalleggianonspintadaunmotore", mare, randa, genoa. Addirittura qualche vecchio al bar di Brudy, alla sera, tra un'ombra e uno spritz, comincia a commentare la poca versabilità del catamarano alla bolina e la possibilità di scuffia, ma anche i pregi dell'epossidica nel trattamento del compensato marino. Intanto in cantiere Danilò e sua morosa Opheliè assecondano Maya, che vuole nella sua cabina cavallucci marini, granchi e sirene, ma anche Violanda che vuole una cicogna gigantesca portafortuna, sul passauomo, un polipo e una balena, grandi come la chiglia, ma soprattutto il motto dell'equipaggio - CIGANI JURIS - per non dimenticare la nostra origine. Eros, l'idraulico, si scervella per produrre un sistema idrico, che non abbia bisogno di pompe elettriche e ci riesce. Sirzo mette a frutto tutti gli anni di università per pensare un circuito elettrico da collegare ai pannelli e tutta la sua esperienza di armatore (Catebaran, sloop di 9 metri del 1964, vecchia, più che antica, come dice lui), per consigliarmi sulla resina, sull'armamento e su tutto il resto. Intanto Aldo porta le birre e si appoggia critico al furgone quando qualcosa non lo convince. Non che capisca qualcosa di barche; di trattori semmai, ma è vecchio e ci vede dentro nei lavori, anche se sono di nautica e qualche volta escogita uno stratagemma per sbloccare un dado bloccato dal salso e dalla ruggine oppure si adopera per sollevare uno scafo col crick della jeep e sistemare meglio un invaso che deformava la chiglia. Fin che una sera ci troviamo a casa sua, dove ha allagato l'abbeveratoio delle vacche. Lì inseriamo il vecchissimo 8 cavalli e scopriamo che rumore fa il nostro Yamaha, classe 1972, che si accende al primo colpo, sotto l'occhio vigile e curioso delle manze che assistono al varo del fuoribordo proprio nel loro abbeveratoio, ma come dice Aldo, sempre di motori si tratta. Poi arriva Martin reduce da un incidente di parapendio in Nepal, che lo ha lasciato a letto per quasi 18 mesi, 6 dei quali a fissare il soffitto dell'ospedale. Non che possa fare più di tanto, riesce appena a camminare e da poco piscia come un uomo. Però ha portato casse di birra dalla Germania e seduto al sole primaverile mette a frutto il suo fiuto di ingegnere chimico, letteralmente, annusando la resina prima dell'applicazione per decidere se l'additivo sta lavorando e se la temperatura permetterà il processo. Luca Ilesi tenta il looping sopra la nostra testa e ringrazio gli alti pini che ci separano dall'atterraggio e che lo costringono a lasciare la picchiata per arrivare in finale lungo in atterraggio. Lo invidio un po' quando mi racconta del giro che ha appena concluso col delta, poi però guardo l'albero di Tomtom, dove Sirzo studia il sistema del picco, Maya che spiega a Opheliè, dove deve disegnare Nemo e Violanda che distribuisce birra e pane caldo fatto in casa, a tutti gli ospiti del cantiere e mi rilasso. Non troppo però, giugno si avvicina e al nostro Tiki manca una montagna di roba: un'ancora, che arriva in una mattina di sole a maggio, le cime d'ormeggio, che sostituisco con le mie vecchie corde da roccia, appartenenti ad un passato d'alpinismo. Le luci di via illuminano magicamente il cantiere, quando ormai è buio da ore e Ivan riscopre il suo passato da elettrauto e salda i contatti che Sirzo ha disegnato. Non c'è tempo da perdere e Aldo si tira su le maniche e comincia a spennellare l'antivegetativa, come fosse verderame sulle viti. Cresce la pancia, si allungano le giornate, ma cala il loro numero che ci separa dal varo e ci troviamo sempre più spesso a bere l'ultima birra alla sera, quando ormai non ci si vede più. Non so ancora come porteremo la barca al mare, come la sposteremo da lì. Col trattore di Brudy, che scemo e poi quando non so più da che parte voltarmi, compare Pat, candido, in perfetto tempismo - ma non potevi chiedermelo prima? Ecco chi ha il gancio di traino, ecco l'amicizia su cui puoi sempre contare e cui ti puoi rivolgere anche dopo anni che non ci si vede, come fosse passato appena un giorno. Anche Joy certo, come una volta, come prima di lasciarci ognuno per la sua strada, dieci anni fà. Più che un banale trasporto sembra una scena di "Markesh express", Krk express. Pat si è preso una settimana di libertà dalla famiglia e gli ultimi due giorni li passiamo insieme attorno alla chiglia di Tomtom. Non ce la faremo mai, manca troppa roba, invece sì dai. Lui e Joy vanno a Venezia a prendere il carrello a nolo, mentre Eros ha dovuto rimandare diversi appuntamenti di lavoro per aiutarmi e Aldo ormai sembra un mastro d'ascia più che un boscaiolo. Manca ancora un giorno alla partenza e a Pat sanguinano le mani, ma alla sera il Tiki lascia la piazzola sollevato dai trattori di Brudy e di suo padre, e si appoggia sul carrello pronto alla partenza. Ci battono le mani quando spostiamo il catamarano dal prato di Gionata, dove ha stazionato per 8 mesi, di cui 4 sotto la neve. Maya e Violanda sono arrivate da poco a Klimno e mi chiamano per dirmi che il viaggio è andato bene e che la gru ci aspetta per domani. Il furgone è caricato a calci, una doccia, è buio, la casa? La lascio aperta, tanto in atterraggio c'è sempre qualcuno che deve smaltire la "balla" e non può guidare. Scaravento 4 stracci dentro la sacca e si parte. Rotta per Krk. Pat e Sirzo che trainano Tomtom io col furgone e Joy, che quando non guida rolla sigarette truccate.


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 Oggetto del messaggio: Re: Croazia: prologo
MessaggioInviato: 05/11/2010, 19:10 
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