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 Oggetto del messaggio: L'amico ritrovato
MessaggioInviato: 15/11/2014, 12:21 
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Ieri ho trovato per caso su FB l'armatore di "Anamarjia Nava" un Elan 31 che ho portato per qualche anno come istruttore del CV Interforze. Cercando qualche foto per il suo sito delle memorie mi sono imbattuto nelle mie.

In particolare ho scoperto alcune immagini divertenti del secondo Zef, un Junior in pratica sempre LePrairé ma più piccolo e senza gavone di prua.
La sua storia è curiosa, nel 2004 andai a casa di una collega al lago e lo trovai letteralmente utilizzato come fioriera, mi ofrii di regalarle alcuni vasi e di prendermelo per dargli nuova vita. Lo scafo era in condizioni pessime, i legni inesistenti e la resina stessa sfogliata, ma albero e vele tenuti in cantina erano solo impolverati.
Fù la mia prima ristrutturazione senza l'aiuto di mio padre e venne proprio bene, anche se non utilizzai di materiali nobili, ma compensati del Brico.
Una volta finito non sapevo ovviamente che farmene, al lago avevo bimba e poi vikolocorto, le vacanze le passavo in Sardegna e non avevo ne carrello ne gancio. Mi venne la malsana idea di metterlo sul tetto e portarmelo al mare, solo che il "tetto" allora era di un Bay T2 VW a 2 metri e passa di altezza. Vi avevo già messo di tutto, ma era roba leggera, le tavole di un amico quando venne in Sardegna, il tendalino per il campeggio, un sarcofago da trasporto, ma mai 90 kg di resina.
Con l'aiuto di qualche amico e parente ci riuscimmo e partii alla volta del traghetto, allora i monovolume non esistevano ancora per le linee traghetto e già pagavo una follia quindi poco cambiava anche arrivando a 3 metri di altezza.

Arrivati in Sardegna trovai subito negli amici campeggiatori un valido aiuto per scaricarlo, lo armammo e lo provai con mia figlia che allora aveva si e no 4 anni. Non vi dico, non salivo su una deriva da ben prima dell'indicente e allora ero giovane e magrissimo, lo scafo non voleva saperne di star dritto, non scuffiammo, ma ci mancò poco in decine di occasioni, maalla fine ripresi la mano e finalmente uscendo con un bel maestrale riuscii a strappare le vele. Passai così alcuni giorni a ricucire e a riprendere cuciture logore seduto sull'amaca davanti alla roulotte che divenne punto di sosta per i curiosi, compresi quelli delle due scuole di vela del campeggio, ma anche degli altri campeggiatori fra cui il genitore di due amichette di mia figlia che scoprii essere non velista, ma IL velista. Di origini est europee era, mi immaginaii, l'unico esxtracomunitario giunto in Italia non in gommone, ma in barca a vela.

Nacque un'amicizia che dura ancora adesso, ma sopratutto iniziammo a giocare con lo Zef, era sulla spiaggia perennemmente armato, prima con noi due soli, poi con un'altra decina di vicini di roulotte. Non c'era momento in cui non navigasse, in due, in tre, con chiunque volesse salire fino ai limiti dell'affondamento. Organizzammo regate a tempo e gimcane di abilità.
Fino alla fine della vacanza quando mi ritrovai solo, allora le ferie erano molto lunghe, il campeggio semivuoto e il tetto molto alto. Lasciarlo li? Nella roulotte entravano albero e vele non la barca, metterlo sul tetto impossibile, la soluzione il CVI che a fine stagione raccoglieva tutte le derive in un angolo coprendole, lo regalai a loro con l'accordo di poterlo usare la stagione successiva.
Per un paio d'anni fu giocattolo di tutti, poi arrivò la Marcolfa, infine il terzo Zef (quello di Zembo) e fu abbandonato. Io smisi di andare in Sardegna paio di anni dopo scoprii che lo avevano riportato a Genova e oggi che... non sanno dove è finito.

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 Oggetto del messaggio: Re: L'amico ritrovato
MessaggioInviato: 15/11/2014, 12:54 
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La Marcolfa è un'altra storia che mi si ripropone.
Nella primavera del 2007 (o 2008 poco importa) con amica lacustre (del lago non della laguna), portammo a S.Moritz un Lanavere 510 per conto dell'allora titolare della mia agenzia, saltò fuori che suo padre, della lacustre, trent'anni prima ne aveva abbandonato uno identico in un box a baia Sardinia, parlò con il babbo, che telefonò all'amico, che chiamò il cantiere e per due soldi... Venne in vacanza con noi, presi il carrello dello svizzero, lo agganciai all'Agila e partimmo.

Quall'anno ci imbarcavano a Livorno, pazzie ricorrenti a seconda dei soldi a disposizione ci recavamo dove il biglietto costava meno. Con un carrello non revisionato, svizzero, agganciato ad un'auto che non poteva trainarlo nemmeno vuoto.
Andò tutto bene e arrivammo in campeggio. Montaggio tende e roulotte, pronti. Andiamo a prenderla.
Al telefono ci avvisano che è in un garage su un carrello, ci accordiamo così con un gruista per il "travaso", arriviamo sul posto e il box è... interrato e la barca a sua volta sepolta sotto 30 anni di masserizie. Ore di lavoro, ma alla fine riusciamo a tirarla fuori e a spostarla. A sera siamo in campeggio.
Comincia la ricostruzione, l'elenco delle cose mancanti, l'essenziale c'è, ma moltissime cose hanno subito la corrosione, il violino della scotta randa mi si polverizza in mano. Faccio un lungo elenco di attrezzature necessarie, mi reco in oreficeria a Palau e preventivo alla mano chiamo il Doc (così chiamiamo papà Guaita) per essere autorizzato.
Detto fatto in pochi giorni di duro lavoro cambio le lande, bozzelli, drizze, scotte, sartie, paranchi, un lavoro certosino e con pochissime attrezzature a disposizione. Mai passato ferie più divertenti.

È venuto il momento, lo portiamo in spiaggia, avviciniamo il carrello all'acqua e lo facciamo scivolare sulla sabbia della battigia e... li rimane. 40 quintali piantati di poppa nella sabbia e di prua sul carrello. Paola ed io a guardarla.
Nel mentre, ovviamente si raduna la folla di curiosi, nemmeno da dire ci aiutano, in 6 prendiamo la poppa e iniziamo a tirare mentre qualcuno fa scorrere lentamente il verricello... nemmeno si sposta. Provo allora a spostare la macchina e così la barca finisce completamente sulla sabbia e in gruppo riusciamo a trascinarla sulla sabbia fino all'acqua. In realtà il problema sono le scose che si piantano nella sabbia impedendole di scivolare.

È un acqua. Prendo l'attrezzatura, infilo la randa nell'albero... la drizza? Che domande è nel baule della macchina. Nessun problema la si sbanda è una deriva. Deriva un cavolo! Siamo appesi in 3 e la barca vuole sollevarci tutti, infiliamo la drizza, ma è impensabile e pericoloso farla risalire pian piano, ci taglierebbe le mani. Uno... due... tre... MOLLA! L'albero scatta come una fionda e la barca è dritta. Tutto bene.

Si arma finalmente, maestralino sui 15 nodi, randa piena e fiocco, Paola al timone io a bilanciare e usciamo. Tre secondi e siamo sdraiati, ma non era stabile? Boma in acqua e acqua in pozzetto che per fortuna è autovuotante. Ripartiamo e nelle ore successive prendiamo la mano con il mezzo che comuncia a tirare bordi sempre più veloci fino quasi a planare. Una goduria indescrivibile.
Il giorno successivo gita di famiglia verso la Coluccia, poi a Marmorata, poi il grande salto a Spargi dove a cala Corsara tutti ci guardano come folli, unici con meno di 300 hp attaccati a poppa, in realtà noi di cavalli non ne abbiamo nemmeno uno in Sardegna si è mai visto un giorno senza vento?

Passano i giorni e nopi ci divertiamo come matti, fino a che non rimane una sola cosa da fare: armare lo spi, un affarino di forse 10 mq, rosso, pesante molto panciuto, come usava negli anni '80, praticamente tondo.
Usciamo solo Paoletta ed io, salvagenti indossati, meglio non avere problemi ci portiamo sotto costa per limitare il maestrale che soffia forte, sotto lo scafo meno di 2 metri di sabbia morbida. Viro mi porto ancor più sotto costa sopravento, poggio, lascio il timone a Paola e alzo il tangone, mura a segno, giù il fiocco e su lo spi, nemmeno il tempo di prendere la scotta e la barca parte, mi sposto verso poppa, di fianco al timone, la prua si alza e noi rimaniamo li estasiati dai baffi di prua con lo scafo che plana prepotente... Senza alcun controllo! che facciamo? Niente via dritti in poppa godendo come ricci per forse 5 minuti, poi tutto si risolve con i rivetti del golfare della drizza spi che cedono completamente corrosi.

Ormai è ora di disarmare. Marcolfa torna sul carrello, questa volta facilmente con l'ausilio di un paio di rullli da alaggio, e parte per l'ultimo viaggio verso Monvalle dove ora galleggia.

Nota: usammo ancora lo spi al lago, la prima issata eravamo un po' in apprensione, ma quando salì ci accorgemmo che era praticamente... un perizoma :roll:

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 Oggetto del messaggio: Re: L'amico ritrovato
MessaggioInviato: 15/11/2014, 15:54 
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bello!!! Che bel ww ;)

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