Fino a qualche anno fa era consuetudine fra noi marinai d'acqua dolce e non aiutarci. Una barca da rialberare, un log da installare, un trasferimento diventavano un momento di aggregazione oltre che di condivisione di mera forza e competenze. Così forai la barca dell'amico che non sapeva come fare e mi aiutarono a configurare il pilota quando mi trovai a leggere il manuale in, quello che era per me, ostrogoto. Il finale era invariabilmente con le gambe sotto il tavolo.
Questa usanza si è nel tempo persa, i motivi non li ho mai capiti, ma se all'inizio non c'era stato problema con il tempo ne ho sentito la mancanza.
Sabato l'usanza è rinata dalle sue ceneri, forse solo per un momento, ma felicissimo. L'occasione delle più strane, ben due barche che passano di mano con un incastro, l'acquisto subordinato alla liberazione della boa.
Dopo una settimana di telefonate per coordinare 3 gruppi a notevole distanza fra loro, di dialoghi con il cantiere, di ricerche frenetiche di carrelli, di incognite meteo , mi ritrovo solo soletto all'imbrunire, saldato il cantiere per l'ultima volta, a spostare incredibili quintali di masserizie accatastate sul lambrusco verso il mio camperino, nemmeno ho iniziato che dal cielo comincia a scendere qualche fiocco, già dopo il primo dei 6 viaggi la discesa diventa impervia e ho le mani e i piedi gelati, indosso i guanti e la cerata completa, ma nulla posso fare per i piedi calzati nelle scarpe da ginnastica. Per fortuna anche l'ultimo viaggio ha termine, con incredibile ansia visto che sono solo in cantiere e una mia caduta in acqua non potrebbe essere notata prima di alcune ore.
Ore che trascorrono invece tranquille alla solita locanda nell'attesa del primo equipaggio in arrivo verso le 20 da Ferrara, 20 che si tramutano incredibilmente in nemmeno 10 minuti di ritardo.
Inutile descrivere le successive 3 ore

a parte una breve disgressione a vedere le barche coperte dalla neve all'una o poco oltre siamo in camper pronti per il riposo, fuori la neve scende e ricopre pesantemente ogni cosa e i rimori ovattati sono rotti da rami che si spezzano in quantità sotto il peso.
Ore 8 una papera ci sveglia perentoria. Ci alziamo e subito iniziano i problemi, l'auto non ne vuol sapere di uscire dalla conca innevata, facciamo colazione con caffè e biscotti reperiti nelle masserizie della barca e nel frattempo sentiamo il terzo equipaggio per decidere che fare. Di tornare indietro a mani vuote non se ne parla da un lato, dall'altro c'è la condivisibile voglia di avere finalmente in mano la barca nuova, in mezzo io che poco ho da fare e il gruista che invece tanto ha da spartire.
Montiamo le catene all'auto che così riesce ad uscire, mi vesto da palombaro e con il guista andiamo ad eccendere i motori, primo vero scoglio decisionale dopo le catene all'auto.
I motori partono e mentre loro borbottano ci dedichiamo a rimuovere la neve per le successive operazioni, fatto ciò lui torna al calduccio mentre io effettuo la priam traversata, raggiungo la sponda opposta del lago, carico 3 pellegrini semicongelati e con loro aggancio la seconda barca alla fiancata di Alegre per il trasporto alla gru.
L'aggancio avviene appunto a murata, sia perché ne ho sentito parlare tante volte come il metodo migliore sia perché il Micro non ha timone e trainarlo è impossibile. Attraversiamo, accostiamo questo improbabile convoglio al pontile scanciando di concerto la prima barca accostando poi di fianco la seconda.
Gru già calda, carrello in arrivo, spalo un po' il piazzale per non scivolare durante l'operazione e si comincia. Il Micro si infila nelle fasce e con mano esperta sale appoggiandosi delicatamente sui rulli centrali, ora io non servo più e posso finalmente dare atto all'ultima gioia mia e del nuovo armatore. Si dice che i due momenti belli di un armatore siano il primo e l'ultimo e infatti siamo 2 persone felici.
Altro trasferimento e siamo ad Arona dove Alegre può finalmente accostarsi alla sua nuova casa, la boa n°5 della Lega Navale Italiana, pochi istanti per posizionare le cime di ormeggio, qualche minuto per le ultime informazioni e gli ultimi consigli e siamo sul tender, nuovissimo, che poi porteremo a braccia fino al deposito.
Breve trasferimento, questa volta in auto, a Lisanza e finalmente possiamo sederci davanti ad un cordiale e riscaldare i nostri corpi congelati fino al midollo.
Non manca che salutarci e partire ognuno verso la propria ultima destinazione, anche se per sicurezza mi sono premurato di seguire ancora per una quarantina di km il carrello per un controllo visivo, si ok facevo la stessa strada, ma così è più romantico.
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Commento file: alegre nella neve
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Commento file: Virata alla prima boa di Sesto Calende
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