il mio maestro di vela d’altura, Angelo Preden, voleva che chi era di turno in cucina e doveva preparare una pasta lavorasse in cucina indossando la salopette della cerata e stivali da pioggia. Per Angelo la necessità di evitare il rischio di scottature con acqua bollente faceva premio sulla scomodità di lavorare al caldo, magari con onda e in condizioni che favoriscono la nausea. Angelo era un precisino, ma la sua regola è molto di buon senso: una seria scottatura in mare- diceva- potrebbe diventare un problema drammatico. La pasta viene cotta in acqua abbondante (De Cecco suggerisce 1 litro ogni 100 grammi di pasta, francamente una cosa esagerata ) ed il rischio di versarsi addosso l’acqua non si può escludere del tutto anche se si sta alla fonda. Per questo molti suggeriscono di usare la pentola a pressione, che essendo a chiusura ermetica riduce molto il problema. Non ho mai usato la pentola a pressione, che trovo ingombrante perchè non è impilabile, e quindi non posso dire se sia una buona soluzione o no. Ma c’è un’altra soluzione per ridurre i rischi, risparmiare gas, e ridurre il numero di utensili da lavare dopo l’uso. Usando poca acqua si riduce il rischio. Quanto poca? La pasta assorbe acqua per 2 volte il suo peso. Per cuocere 100 grammi di pasta servono 200 grammi di acqua. Usiamo per semplicità una pasta corta tipo: gramigna, fusilli, farfalle, pennette, trofie, cavatielli,gnocchetti sardi : diciamo 200gr in 400 gr di acqua bollente, scuotiamo la pasta un paio di volte nel primo minuto ed poi ancora una volta nel corso della cottura. A meno un minuto o due da fine cottura versiamo la salsa sulla pasta e facciamo andare ancora finchè si lega come in una qualsiasi pasta spadellata. Se la salsa deve essere aggiunta a freddo, bene, completiamo la cottura della pasta e poi fuori dal fuoco aggiungiamo la salsa. Il risultato finale è leggermente diverso da una pasta scolata a cui si aggiunge la salsa, perché con la scolatura si rilascia l’amido libero, mentre con questo metodo, l’amido libero lega la salsa rendendola più cremosa. Un po’ la differenza che c’è tra il riso bollito ed il riso pilaff. In alcune ricette questo è un vantaggio ad esempio se si fanno le trofie con il pesto o ricette che prevedono la spadellatura. In barca è vero non ci sono bilance, ma si può ovviare facilmente segnando su un bicchiere il livello di 100 gr di acqua, 100 di farfalle,100 di fusilli e così via. Con questo metodo non si possono fare gli spaghetti, è vero, ma si possono cuocere gli strangozzi a nido ed anche gli scialatielli: basta avere cura nel primi minuti di smuovere la pasta finchè si ammorbidisce e diventa flessibile. Per la pasta all’uovo a nido non ho esperienza specifica, forse occorre fare qualche prova. Dato che si usa poca acqua, e non si deve scolare niente alla fine, il rischio di versarsi addosso una quantità di acqua bollente è limitato e per quanto mi riguarda si può correre senza troppo crucci.(quindi niente salopette, ma sarebbe sempre opportuno indossare un grembiule in plastica . Suggerisco di fare un po’ di prove a casa per impratichirsi sul metodo. Io a casa lo uso tutti i giorni perché detesto aspettare il tempo necessario a far bollire una grande quantità di acqua (e poi dover risciacquare anche lo scolapasta) e posso assicurare che funziona. Ci sono dei formati, per esempio i maccheroni che non si prestano troppo bene a questo metodo. Dato che il loro peso specifico è basso (nel loro volume c’è molta aria)la dose di acqua pari a due volte il peso non basta a coprire il prodotto di acqua , e questa rende necessario scuotere il tegame più volte ( o mescolare almeno 3-4 volte) e può succedere che a fine del tempo di cottura consigliato la salsa risulti un po’ troppo liquida. In questi casi si rende necessario aggiungere un addensante . Io uso con soddisfazione un rimedio della tradizione : se la salsa è a base di pomodoro, aggiungo un po’di amido/fecola, diluito in pochissima acqua fredda. Se la salsa è a base diversa uso aggiungere un po’ di pane grattuggiato . I triestini fanno così per trasformare un normale piatto di scampi al pomodoro in una favolosa buzara di scampi, e un piatto di datteri o mussoli in bianco, in una buzara bianca. Io trovo che lo stesso rimedio rende bene anche in cento altre occasioni. Non butto mai pane raffermo, lo riciclo. E’ molto meglio. Per inciso: il riso assorbe acqua per 1,6 volte il suo peso. Tra l’altro il riso non occorre mescolarlo finchè cuoce. Se uno ha il coraggio di non toccarlo mai, a fine cottura lo troverà bello sgranato(si fa così il riso alla pilota). Se si comincia a mescolarlo, o si continua oppure finisce che si attacca al fondo della pentola. Il cous cous assorbe 1,2 volte il suo peso. Anche se non faccio praticamente mai cucina in barca, porto sempre a bordo l’occorrente per fare un piatto di pasta o di riso o di cous cous: c’è sempre la possibilità che per via del tempo o del luogo si debba rinunciare ad una cena seduti ad un tavolo e serviti da qualcuno. Di solito nei quindici giorni di crociera ci può capitare un paio di volte di non poter andare a cena in qualche trattoria,konoba o ristorante.Questa eventualità non prendo come fonte di frustrazione, ma una occasione per una cena piacevole diversa dal solito pesce appena pescato.
|