E il bolentino. Quel filo di lenza appesantito dal piombo , a volte legato all’estremità, magari senza girella: ricavato da un ormai intriovabile pezzo di tubo schiacciato? Punta Mesco, in Liguria, distante dalla scogliera quanto basta per stare sul crinale del fondo parecchi metri la sotto. Tenere la lenza con la mano fuori dal bordo della barca, avambraccio appoggiato sulla falchetta, onda lunga,leggera che alza e abbassa lo scafo. Una vibrazione sui polpastrelli breve, intermittente, sarà il fondo dove struscia il peso oppure lui: il dentice? Segue lo strappo secco verso l’alto della mano,il filo si tende non cede, pare che uno scoglio abbia imprigionato l’amo, poi sotto la forte tensione che logora le mani la lenza vibra come una corda d’arpa si molla improvvisamente; con l’aria in gola su a recuperare fino a sentirla ancora dura e tesa. Adesso ci vule calma, movimenti lenti senza strappi, se tira troppo non resistere cocciutamente ma ridare un po’di quel filo che si è addugliato sul paiolo, mai allentare la tensione. Nell’acqua scura sotto la barca, dove riflette la propria sagoma la lenza comincia a spostarsi avanti e indietro, anche se non lo vedi sai che è vicino. Appare allo sguardo quando si traversa alla trazione, scompare quando torna verticale e cerca salvezza nell’ultimo tentativo di inabissarsi. Lotta pari, di maestria e rispetto, quella del bolentino: mani nude sagola sottile a spirale che precede il nailon trasparente, che sega la pelle quando il pesce è grosso. Poi l’altro: a bordo, che assiste con una punta d’invidia al tuo combattimento, segue da dietro la preda con il guadino , gli si fa sotto dalla coda e lo solleva fuori dall’acqua. O vi è mai capitato di trovare in primavera o a fine stagione, quando il mare è liscio e immobile come un foglio di lamiera brunita gli sgombri? Viaggiano in branchi e sia attaccano a tutto, restano sotto la barca, nella sua ombra e tu li tiri su fino a riempire il fondo, slatano con le striature lucenti verdi e argento tra i piedi quando li slami, anche due per lenza. Eppure a volte, e adesso più spesso, si dondola accanto ad altre barche inutilemte, si finisce per avvicinarsi, toccarsi con i bottazzi mettere le mani a protezione e scambiare monosillabi di rammarico per una volta precedente sempre migliore. Del rezzaglio o giacchio o sparviero ho parlato già da qualche parte, forse girando si ritrova.
“”Uomo libero amerai sempre il mare……………..””
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